Che la cultura in Italia non avesse più rilievo era chiaro. Tagli ai finanziamenti per il cinema, per l’editoria, teatri che calano il sipario e sale cinematografiche che chiudono. L’Italia strozzata dalla crisi che è miope alla cultura… eppure potrebbe essere un business. Non a caso si chiama industria cinematografica, non a caso per anni il cinema ha mantenuto famiglie e famiglie di addetti ai lavori… non stiamo parlando di attori o registi o produttori, ma stiamo parlando dell’indotto che un prodotto cinematografico crea. Dalla manovalanza per il set all’industria del catering, dai montatori alla cartellonistica, dalle sarte ai parrucchieri, dai compositori agli studi di doppiaggio… il business ci sarebbe e chi lamenta le sale cinematografiche vuote vuol dire che non ha la capacità di guardare avanti. Se la sala langue occorrerebbe una riconversione… non solo sala cinematografica ma spazio dove creare un evento tra cui il cinema. In America stanno nascendo le sale cinematografiche in piscina, i cinema nei musei ormai sono la norma, così come nelle esposizioni raramente manca l’evento multimediale. Luoghi che siano flessibili ad accogliere l’arte in ogni sua forma, che non siano fossilizzati nei grandi blockbuster sempre più dedicati agli adolescenti, ma diventino un luogo di incontro per condividere un film o un’installazione. Un’esperienza non visibile attraverso un prodotto piratato in internet… la pirateria andrebbe combattuta con le idee e con le proposte non con leggi sterili e divieti astratti che di fatto non debellano la violazione dei diritti d’autore. Si dovrebbe pensare a una fruizione del prodotto cinematografico come materiale che possa viaggiare su diversi supporti, che possa essere assaporato in diversi luoghi con finalità diverse… non si può far morire il sogno, la fantasia, le idee…
Ma se la cultura langue, la scuola affonda. Anche qui l’Italia si pone al penultimo posto seguita solo dalla Grecia. Insomma i luoghi con maggiore ricchezza archeologica e maggiore storia artistica sono stritolati dall’austerity e dal malgoverno che ha portato a un impoverimento con delle politiche disattente verso l’istruzione. La spesa pubblica italiana si aggira intorno all’8,5 rispetto al 10% della media europea.