No all’aumento di capitale per Alitalia! Air France non sottoscrive ed è bufera!

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“I rappresentanti del gruppo Air France-Klm nel Consiglio di amministrazione dell’Alitalia hanno apprezzato le modifiche al piano industriale, ma non le hanno ritenute sufficienti, soprattutto sul fronte della ristrutturazione del debito” con queste parole Alitalia continua a volare nella bufera. Dopo tante indiscrezioni ora è arrivata la nota ufficiale  nella quale Air France si dice indisponibile a sottoscrive l’aumento di capitale di Alitalia, anche se resterà partner del vettore italiano. Ieri, in tarda serata, Alitalia aveva approvato un nuovo piano industriale della compagnia, prorogando l’aumento di capitale al 27 novembre. Ora serve un nuovo socio industriale, si deve quindi ricominciare a cercare un nuovo partner e soprattutto limitare gli esuberi che potrebbero avere una ripercussione pesante, proprio a tale riguardo il  vicepresidente Salvatore Mancuso si era limitato a dire “sono stati tenuti in grande considerazione i lavoratori e le loro famiglie”. Ma nel comunicato finale c’è scritto: “Il piano industriale si basa sulla ricerca di una accresciuta efficienza nella gestione delle attività e su un miglioramento della capacità di competere sul mercato anche attraverso una severa riduzione dei costi”. In particolare il nuovo piano prevede la riduzione del numero di aerei a medio raggio con il mantenimento di ore volate rispetto al 2013 grazie ad un miglior utilizzo della flotta. “Saranno aumentati – si legge ancora – i voli internazionali e intercontinentali”.

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Alitalia come la fatina dei soldi: ne dava a tutti… e ora è crisi nera!

alitalia-tuttacronacaL’Alitalia si è rivelata un pozzo senza fondo. Colaninno ha lasciato e Del Torchio ha fornito una prospettiva a tinte fosche: con prenotazione e vendite dei biglietti in calo, ha paventato il rischio che, a marzo 2014, la manovra da 500 milioni – di cui 300 di aumento di capitale e 200 di nuova finanza – possa non essere sufficiente. Dalle previsioni fatte, come riporta il Messaggero, tra cinque mesi ci potrebbe essere un fabbisogno ulteriore di 450 milioni. Questo se nel frattempo non verrà praticata una cura da cavallo. E rispetto a questo, più di un consigliere ha colto un allineamento del top manager con le posizioni di Parigi. In una riunione avvenuta ieri, Del Torchio avrebbe anticipato le linee generali del nuovo piano industriale anche se i dettagli potranno scaturire solo a valle della ricapitalizzazione: solo il 16 novembre scade infatti il termine per l’esercizio del diritto di opzione, poi potrebbero esserci altri 30 giorni di tempo per l’inoptato. Riporta il quotidiano, parlando dell’incontro di ieri:

In base alla delibera assembleare del 15 ottobre «l’apporto è inscindibile fino al corrispettivo complessivo di 240 milioni e scindibile da 240 fino all’importo massimo stabilito». Questo significa che in funzione di quanto arriverà nelle casse sarà possibile tarare gli interventi in termini di tagli e risparmi di costi. Peter Hartman e Bruno Matheu, i due rappresentanti francesi, sono stati ad ascoltare. La trimestrale è passata con numeri migliori rispetto al budget. Qualche ulteriore elemento di tensione verso la parte finale dell’ordine del giorno. Del Torchio aveva previsto un memorandum of understanding (mou) con British Petroleum per la fornitura di carburante. Con questa mossa, probabilmente intendeva diversificare il rischio, smarcandosi da Eni con cui Alitalia ha un debito di 150 milioni sui 240 milioni di scaduto. Ma su questa operazione ci sarebbe stata la contrarietà di Antonino Turicchi, l’ex capo della Cdp, che rappresenta Benetton. Di fronte alle sue riserve, Del Torchio ha rinviato la decisione al prossimo consiglio del 12 novembre.

Ma se questo è quanto detto ieri durante il consiglio, in mattinata erano state dettate le condizioni per proseguire la rotta comune anche se sembra che Air France sia intenzionata a sondare i soci medio-piccoli per rilevare le loro partecipazioni. Se dovessero salire nel capitale, potranno alzare  il tiro imponendo un  loro ulteriore  giro di vite.  Certo sono bel lontani i tempi in cui la compagnia di bandiera italiana una volta si godeva i suoi fasti e l’attuale situazione di guai che si trova ad affrontare non é certo imputabile, almeno non esclusivamente e non in primo luogo, alla crisi economica. A ripercorrere la storia di un’Alitalia pronta a spendere (e buttare) soldi è il Corriere, che ricorda come una volta eisisteva la “biglietteria speciale”: biglietti a costo zero per la prima classe staccati inizialmente per i Vip, poi anche per parenti a amici. “Quando nel 2004 Giancarlo Cimoli arrivò all’Alitalia per il suo certo non indimenticabile passaggio al timone della compagnia di bandiera scoprì che la «biglietteria speciale» aveva staccato in sette anni almeno quattromila di quegli specialissimi biglietti”. Una bella spesa, ma certo non l’unica per la compagnia, spolpata dalla politica alleata a gestioni scandalose e indifferenza dei sindacati. Tanto poi veniva utilizzata per rastrellare voti in vista delle elezioni… I soldi si spendevano, meglio, si buttavano.

Chiamato a officiare la sepoltura della vecchia compagnia di bandiera che aveva passato il marchio a Roberto Colaninno e ai «capitani coraggiosi che lo affiancavano», il commissario Augusto Fantozzi ebbe un ufficio nella gigantesca sede della Magliana, a venti chilometri da Fiumicino, che sarebbe stata troppo grande anche per la General Motors. L’avevano pagata 250 miliardi di lire (quando i miliardi erano miliardi) dopo aver venduto per 90 il palazzo dell’Eur. Una rimessa secca di 160 miliardi, con in più i costi faraonici di un complesso faraonico. Ma quella era solo una tessera del mosaico. Da lì Fantozzi scoprì che c’erano 60 (sessanta) sedi all’estero. Rimaste aperte per anni, nonostante gli scali coperti dalla compagnia italiana si fossero negli anni miseramente ridotti a una quindicina.

Sedi a Mumbai, Delhi, uffici a Hong Kong e poco importa se i voli italiani non arrivavano, si pagavano tranquillamente anche le stanze d’albergo. All’estero e anche in Italia. Perchè la compagnia anche anche pagato

per un anno intero seicento stanze negli hotel intorno a Malpensa destinate agli equipaggi che avrebbero dovuto fare base nello scalo varesino. Rimaste ovviamente vuote.

Per non parlare delle sponsorizzazioni. Tra queste appaiono quelle per concorsi ippici, marce podistiche di Ostia, stadi di pallavolo del varesotto, giornalino dell’Eur di Roma… Anche quando la crisi era ormai diventata nera, nerissima. E se non bastasse, a crisi già debordante, si pensò al doppio restiling della costosissima rivista di bordo Ulisse 2000, che vanta illustri collaborazioni da parte di importanti firme giornalistiche. Insomma, amavano il lustro e la bellezze all’Alitalia… ma riusciranno a rivedere un po’ di quell’antico splendore ora che la compagnia si sta drammaticamente schiantando contro questa crisi?

Colaninno ufficializza le sue dimissioni, in picchiata Alitalia

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“Dopo aver sostenuto la ricapitalizzazione di Alitalia, annuncio che, al termine delle operazioni ad essa relative, quando le mie dimissioni verranno formalizzate insieme a quelle di tutto il Cda, non sarò disponibile ad assumere nuovamente incarichi di vertice nella società”. Lo afferma il presidente della compagnia aerea Roberto Colaninno.

Svelati i misteri di Mps? Arriva la mail sul contratto Alexandria

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C’è una mail di 32 righe che spiega come fu scoperto il contratto dell’operazione “Alexandria”, nascosto “in cassaforte”, con la banca giapponese Nomura per far risultare in attivo il bilancio 2009 della banca senese.

La email con il “mandate agreement” venne spedita il 30 ottobre del 2012 da Valentino Fanti, segretario di presidente e amministratore delegato, a Fabrizio Leandri, responsabile dei controlli interni.

In base a quelle poche righe, scrive Il Corriere della Sera, il contratto nascosto nella cassaforte dell’ex direttore generale Mps, Antonio Vigni, sarebbe stato scoperto il 20 settembre 2012.

In mandate aggreement collegava due operazioni finanziarie del 2009 formalmente distinte: la ristrutturazione del derivato “Alexandria” e un acquisto di 3 miliardi di Btp trentennali finanziati da Nomura.

Sulla base di quel contratto, scrive Corsera, Mps ha riscritto a febbraio 2013 i bilanci con una perdita ulteriore di 700 milioni.

Il Corriere della Sera riporta alcuni brani di quella email:

Scrive Fanti: “In data 20 settembre (così mi sembra di ricordare, giorno più giorno meno) il dir. Mingrone (Bernardo, direttore finanziario, ndr ) mi ha chiesto di verificare se presso la mia struttura risultassero atti e/o contratti con Nomura”. Le prime verifiche nella segreteria di presidenza furono negative. Allora invitò una collaboratrice a ricercare nel «protocollo». E in quello dell’ex segreteria di direzione, sempre quel giorno, venne scoperto: “Foglio con indicato in alto “signatories” (pag.1); mandate agreement 31/7/2009 Nomura International plc and Banca Monte Paschi di Siena, (pag. 49); due mail (pag. 2)” tra Baldassarri e altri funzionari della banca e Francesco Cuccovillo di Nomura“; l’annotazione «conservato in cassaforte». “Detto materiale è stato stampato e subito dopo consegnato brevi manu al dottor Alessandro Ierardi della segreteria del cfo dir. Mingrone. Nel consegnare tale documentazione notai che il foglio informazioni sul documento protocollato … riportava nelle note “documento conservato in cassaforte”. Ritenni pertanto opportuno avvertire il dir. Leandri affinché lo stesso, come responsabile dell’area revisione interna, effettuasse una verifica presso detta cassaforte”. Per l’occultamento del contratto alla Banca d’Italia sono sotto processo per ostacolo alla vigilanza l’ex presidente Giuseppe Mussari, Vigni e l’ex capo dell’area Finanza, Gianluca Baldassarri, in uno stralcio dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta.

Quel contratto firmato venne trovato in cassaforte il 10 ottobre del 2012, secondo l’esposto dell’amministratore delegato di Mps, Fabrizio Viola. Da quell’esposto partì l’inchiesta che chiarì le operazioni che servirono per far chiudere il bilancio 2009 in utile. Ma secondo Nomura quel mandate non collegava i due contratti: il collegamento, come sostiene anche Bankitalia, era già chiaro prima del ritrovamento del contratto dai riferimenti negli ordini di acquisto dei Btp.

Scrive Massaro:

A chiarire i vari aspetti del ritrovamento del mandate potrà essere lo stesso Viola, al processo a Siena: tra questi, l’indagine interna su chi in banca sapesse del mandate. Una mail del 13 dicembre 2012 di Mingrone a Viola individua sei funzionari, tra i quali Gianni Contena, manager dell’area Finanza: «Sembra che almeno questi lo avessero».

Il Cda dell’Ilva si dimette e sono a rischio 24 mila posti

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Per protesta contro il provvedimento di sequestro dell’azienda emesso dal Gip di Taranto il cda dell’Ilva si è dimesso. Ora i legali sono a lavoro per impugnare l’atto del giudice e chiariscono che con i sequestri disposti ora “sono a rischio 24mila posti di lavoro diretti, 40mila con l’indotto. Si sta mettendo in pericolo tutto”.

Le dimissioni dei consiglieri Bruno Ferrante, Enrico Bondi e Giuseppe De Iure – comunica l’azienda in una nota – avranno effetto dalla data dell’assemblea dei soci, che il Consiglio ha convocato per il 5 giugno alle 9. Il comunicato sottolinea che l’ordinanza dell’autorità giudiziaria “ha effetti oggettivamente negativi per l’Ilva, i cui beni sono strettamente indispensabili all’attività industriale”.

E’ un braccio di ferro tra istituzioni? L’Ilva è “allergica” alle regole? Qualsiasi sia la verità, che non sempre emerge nelle vicende che riguardano l’azienda di Taranto, l’unico scotto è sempre e solo nei lavoratori. Dovranno essere ancora una volta loro a dover pagare una politica industriale sconsiderata e una tolleranza zero da parte della magistratura? Non vi sono certezze, ma solo minacce di altri lavoratori che rischiano il posto per “i giochi che si sono scelti di attuare ai vertici”.

 

MPS la banca dei doni a Pd e Pdl

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Per i comuni mortali c’è Babbo Natale e arriva il 25 dicembre per i politici c’è Mps e arriva spesso e volentieri.

400 pagine di estratto conto per Mps. Gli anni al vaglio dell’indagine sono dal 2007 al 2009. in questi anni si può ricostruire la fitta rete di sovvenzioni ed erogazioni a fondazioni, associazioni, amici e a volte perfino nemici, che bisognava far tacere.

Bonifici alla “fondazione Ravello” oggi presieduta dall’attuale capogruppo del Pdl, Renato Brunetta, ma anche a Giuseppe Di Vittorio della Cgil.Poi ci sono i circoli Arci alla fondazione Craxi, fondata e presieduta da Stefania. Dai bonifici per l’ex senatore del Pdl, ora candidato sindaco a Pisa e storico braccio destro dell’ex ministro Altero Matteoli, Franco Mugnai (legale nel caso Ampugnano). Poi fondi a tutte le amministrazioni a guida Pd della Toscana. A partire dalla Regione fino a numerosi Comuni. Tranne uno: Gagliole, l’unico con un’amministrazione di centrodestra.

Dove mirava Mussari? Sicuramente a Roma, in particolare all’Abi, dove riuscì ad arrivare nel 2010… ma era il palazzo che gli interessava. I rapporti li aveva ed erano trasversali… Da Giuliano Amato a Giulio Tremonti. Poi arriva Antonveneta e a questo punto il “cerchio magico” si chiude Banca e fondazione, il gioco è fatto! Iniziano a sponsorizzare tutto dai circoli alle associazioni politiche.

Come riporta il Fatto quotidiano

“Da Siena i soldi vanno anche a Lecce: arcidiocesi (120 mila euro), varie onlus e 50 mila euro alla provincia. Guidata da Antonio Maria Gabellone, ex Dc oggi Pdl, legato a Vincenzo De Bustis e, in particolare a Lorenzo Gorgoni, membro del Cda di Mps. Ma è anche terra politica di Massimo D’Alema e della Banca 121 acquistata da Rocca Salimbeni. I versamenti sono compresi tra i diecimila euro e i due milioni, che vanno alla fondazione Ravello, per un importo complessivo che sfiora il miliardo e che si perde nel totale delle uscite della Fondazione: 17.983.686.939 euro complessivi di movimentazione in 36 mesi. Per lo più dovuta alle operazioni di compravendita sui mercati in vista dell’aumento di capitale per l’acquisto di Antonveneta.

Alimentata dai fondi versati all’Università cittadina, alle società del Comune e di sviluppo, alla diocesi, alle contrade del Palio. Fino ad assottigliarsi e perdersi in mille rivoli con bonifici da 50 mila euro anche a singoli preti. Meglio assicurarsi la buona parola di tutti. Tra i 3 miliardi versati per l’aumento di capitale per l’acquisto di Antonveneta ai piccoli bonifici ci sono, ad esempio, uscite per dieci milioni alla Cressidra Sgr Spa, un gestore di fondi chiusi riservati nonché azionista di Anima Sgr insieme a Banca Popolare di Milano, Credito Valtellinese e la stessa Banca Monte dei Paschi. Rocca Salimbeni condivide con Anima il presidente dei sindaci: Tommaso Di Tanno, oggi indagato. Tra i più noti tributaristi italiani, legato ai Ds, in particolar modo a D’Alema e Vincenzo Visco, di cui è stato consigliere economico in via XX Settembre, Di Tanno non si è accorto della voragine che Mussari, Gianluca Baldassarri e Antonio Vigni, hanno creato in Mps. E’ stato anche revisore dei bilanci dei partiti per Montecitorio.”

Non è neppure possibile immaginare quanti reati sono stati creati, non è possibile tessere una maglia esatta delle responsabilità di ogni soggetto in campo. Quello che appare è solo un enorme Banca di Affari Privatissimi a cui avevano accesso in pochi e dove i capitali venivano gestiti per elargire “doni”.

L’inchiesta Mps si sposta in Svizzera… ed emergono le cause del suicidio di Rossi!

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Ieri i funerali, oggi indiscrezioni e nuove piste per gli inquirenti. Analizzando alcuni aspetti tecnici, quali tabulati telefonici, files sull’hard disk e pen drive, gli inquirenti avrebbero compilato un fascicolo ipotizzando l’istigazione al suicidio. Sembra infatti che David Rossi non fosse a conoscenza della decisione del Cda di avviare una causa civile di risarcimento (circa 1,2 miliardi di euro) contro le banche Nomura e Deutsche Bank. Venuto a conoscenza indirettamente, Rossi si sarebbe confidato con qualcuno, le ipostesi sono le più varie, che a sua volta abbia inviato la notizia al Sole 24ore. A questo punto la banca Nomura invia un fax a Londra per bloccare la giurisdizione inglese e non risarcire Mps.

Al vaglio degli inquirenti ora è il filone principale dell’inchiesta sull’Istituto di credito senese, in particolare sull’acquisizione dell’Antonveneta,  sui derivati tossici, sui meccanismi di controllo politico delle nomine nella Fondazione e della gestione e amministrazione della banca stessa. Ma chi è la vera anima nera di Mps? Sembra che ormai non ci siano dubbi, dovrebbe trattarsi proprio di Gianluca Baldassarri che viene indicato come l’ispiratore dell’associazione a delinquere e colui che avrebbe manovrato il presidente Giuseppe Mussari nonchè l’amministratore delegato Antonio Vigni.
Quello che emerge chiaramente, dopo le ultime settimane di indagini, è quell’accordo politico di divisione dei “posti chiave” all’interno di Mps operato da Pd e Pdl. Una ripartizione studiata a tavolino, in cui la politica è entrata prepotentemente nel sistema bancario sovvertendo completamente le mansioni e sottomettendo la finanza a logiche di partito.

La vera sorpresa è che Baldassari, a cui è stato anche confermato il carcere a Solliciano per associazione a delinquere, truffa e ostacolo alla Vigilanza, è indagato anche in Svizzera per riciclaggio.

E’ notizia delle ultime ore che le autorità svizzere avrebbero congelato le disponibilità economiche dell’ex dirigente Mps e ora la Procura di Siena attiverà le rogatorie per recuperare. Intanto i confini dell’inchiesta si allargano, sotto esame tornano i bilanci di Mps perchè ora da parte dei pm Natalini, Grosso e Nastasi c’è il sospetto ceh altri titoli e altri derivati possano aver provocato ammanchi consistenti nelle casse della banca senese. In particolare si parla di Casaforte, Chianti classico, Nota Italia, Patagonia e Anthracite. Sotto la lente degli inquirenti sono state iscritte anche altre cinque società di intermediazione i cui nomi non sono stati resi noti. Quindi lo scandalo non è più limitato a Lutifin ed Enigma. Si è scoperto anche che Baldassari avesse già in programma di fuggire all’estero e nell’attesa di spiccare il volo aveva preso un alloggio segreto a Milano che non conosceva neppure la sua compagna.

 

L’AUTOPSIA IN MPS, DAVID ROSSI!

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Sarà fatta l’autopsia nel pomeriggio di oggi sul corpo di David Rossi, il capo area di comunicazione di Monte dei Paschi, suicidatosi ieri sera. Lo ha confermato il pm Nicola Marini che, poche ora fa aveva invece detto che ci sarebbe stata solo “un’ispezione esterna”. Marini ha affidato l’incarico per l’autopsia al professore Mario Gabbrielli.

La finestra era aperta e Giancarlo, il segretario di David Rossi, il capo dell’area comunicazione di Banca Monte dei Paschi, ha subito capito cosa era successo. Rossi si era gettato poco prima da quella finestra e il suo corpo, ormai senza vita, giaceva nel vicolo senza sfondo che è dietro Rocca Salimbeni. Subito è scattato l’allarme ma per Rossi, 51 anni, sposato senza figli, non c’era più niente da fare. Nel suo ufficio gli inquirenti hanno trovato un biglietto, indirizzato alla moglie: “ho fatto una cavolata”, ha lasciato scritto.

La tragica morte di Rossi arriva nel mezzo dell’inchiesta che scuote il Monte dal 9 maggio dello scorso anno, quando una sessantina di finanzieri entrarono nell’istituto mentre altri perquisivano la sede della Fondazione Mps, il Comune e la Provincia, e altri uffici a Siena ma anche a Milano e a Roma. Lo stesso Rossi era stato perquisito il 19 febbraio scorso, quando gli uomini del nucleo valutario della gdf tornarono anche nelle abitazioni dell’ex presidente Giuseppe Mussari e dell’ex dg Antonio Vigni al centro dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta e dei diversi filoni che negli ultimi 10 mesi sono stati aperti dai pm Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso. Ma al contrario di Mussari e di Vigni, Rossi non era indagato. Gli accertamenti sulla morte del capo della Comunicazione sono affidati al sostituto procuratore Nicola Marini, l’unico dei quattro pm della procura di Siena che non si occupa dell’inchiesta sulla banca. Era lui, mercoledì sera, di turno per le urgenze. Con Marini sul posto, tuttavia, sono arrivati anche Nastasi e Natalini. Rossi, da sempre, era considerato uomo vicino all’ex presidente Mussari, anche se era rimasto al suo posto pure dopo l’arrivo del nuovo presidente Alessandro Profumo e dell’ad Fabrizio Viola. Il sodalizio con Mussari era cominciato nel 2001, quando questi era arrivato alla presidenza della Fondazione. David diventò il responsabile della comunicazione dell’Ente e nel 2006 lo seguì a Rocca Salimbeni, quando Mussari assunse la presidenza della banca. Non andò con lui, invece, quando l’ex presidente del Monte passò all’Abi. Era rimasto molto colpito dalla perquisizione, anche se a qualche amico aveva confidato che pensava che presto i magistrati potessero chiamarlo. Niente lasciava immaginare il drammatico epilogo: ai colleghi che lo avevano contattato nei giorni scorsi per le ultime notizie sull’istituto di credito aveva risposto con la stessa professionalità di sempre. Al suo impegno di dirigente della banca, univa anche quello di vicepresidente del Centro internazionale di arte e cultura di Palazzo Te e di membro del consiglio di amministrazione di Vernice per i progetti culturali, mettendo a frutto anche i suoi studi classici. E’ possibile che quando i magistrati hanno ordinato la perquisizione nella sua abitazione e nel suo ufficio cercassero di verificare se ci fossero ancora rapporti con Mussari. L’inchiesta sulla banca partì dall’acquisizione di Antonveneta. Il Monte la comprò da Banco Santander per 9,3 miliardi: l’istituto spagnolo tre mesi prima l’aveva acquistata per 6,6 mld. Un’inchiesta che poi ha puntato gli occhi sui derivati presenti nelle casse dell’istituto, in particolare quelli dell’operazione Alexandria sottoscritta da Mussari con la banca giapponese Nomura, e su una presunta “banda del 5 per cento”: tale sarebbe stata la quota di spettanza ad alcuni dirigenti della banca in alcune operazioni. Al centro di questa parte dell’inchiesta ci sarebbe Gianluca Baldassarri, ex responsabile dell’area Finanza, l’unico indagato finito in carcere: secondo i pm stava cercando di fuggire all’estero quando venne arrestato lo scorso 14 febbraio. Le perdite accertate fino ad ora sono state stimate in 730 milioni per i soli derivati. Truffa, turbativa, ostacolo agli organi di vigilanza, false comunicazioni e manipolazione del mercato i reati ipotizzati, a vario titolo, agli indagati, che in tutto dovrebbero essere una quindicina.

MPS e David Rossi: il fantasma di Tangentopoli si affaccia, insanguinato

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L’Italia si è appena recata alle urne. Il Pd ha pagato lo scotto degli errori commessi in campagna elettorale e, soprattutto, lo scandalo MPS portato alla luce. Tra giaguari e tacchini, tra rivoluzioni e “fuori tutti”, quella porta è rimasta socchiusa, ma qualcosa continuava a ribollire. Nel migliore stile italiano, ci deve “scappare il morto” perché l’attenzione mediatica torni a puntare l’attenzione. Bersani ha rinnovato oggi i suoi otto punti, e tra questi spiccano: conflitti d’interessi e legalità, temi cari a tutti gli italiani che ogni giorno escono di casa per recarsi ad un lavoro che permetta loro di arrivare degnamente a fine mese (gli “eletti” che ne hanno la possibilità, almeno, perché al giorno d’oggi un contratto è un lusso). Ed ecco che una manciata di ore dopo una vita viene stroncata, schiantata sull’asfalto, schiacciata da una storia di cui molto resta ancora da scoprire. David Rossi era una figura di spicco del Monte Paschi, braccio destro di Mussari per anni, capo della comunicazione, colui che è riuscito a creare l’aura glamour per il quale la banca era conosciuta. Ora si è girato lo specchio: dopo innumerevoli piccoli imprenditori che si sono tolti la vita a causa della gestione delle banche, per la prima volta è qualcuno dell’”altra parte” a compiere il gesto estremo. Non un indagato, nonostante da giorni si rincorrano le voci di un suo possibile inserimento nel registro della procura, ma una persona che ha subito le perquisizioni della Guardia di Finanza. Rossi ha lasciato solo poche parole di spiegazione: “Ho fatto una cavolata”, ma ancora non è dato sapere di cosa si tratti e le supposizioni sono inutili. Il suo sangue brilla ora in questo buco nero che ha inghiottito la legalità delle alte sfere italiane mentre il fronte giudiziario continua ad allargarsi. Alberto Monaci, presidente del consiglio regionale della Toscana, è stato ascoltato ieri come persona informata dei fatti e si scava sul presunto patto di spartizione siglato dal coordinatore del Pdl Denis Verdini e dall’ex sindaco di Siena del Pd, Franco Ceccuzzi. Come se non bastasse, si sentono le prime voci di intercettazioni telefoniche scottanti anche se dalla procura di Siena non ci sono state fughe di notizie. I politici ora si dividono fra chi freme e chi teme, tra uno “che viene dalla benzina” e un altro che gira mascherato e ha costruito parte della sua campagna elettorale sul prestito da 4 miliardi di euro sottoscritto dallo Stato per salvare Rocca Salimbeni, in questo sì, in accordo con un Pdl che da parte sua scende in piazza contro la magistratura. L’unica cosa certa, ora, è che dopo “lacrime e sangue” richiesti ai cittadini, ora c’è stato il primo sangue versato da chi sta dall’altro lato della barricata, qualcuno che forse ha solo riposto fiducia nelle persone sbagliate. Tangentopoli potrebbe essere di nuovo in mezzo a noi, e non abbiamo più nessuno in cui riporre fiducia, perché ce l’hanno succhiata tutta in questi anni.

L’ultimo messaggio di David Rossi!

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Gli investigatori avrebbero trovato nel cestino dell’ufficio un foglietto accartocciato. Sopra, secondo quanto si apprende, sarebbe stato vergato: ‘Ho fatto una cavolata‘. L’ufficio, ora sotto sequestro, è stato trovato aperto, il computer acceso e la giacca sulla sedia. Tutte le carte che erano sul tavolo sono state sequestrate. Cosa intendeva il dirigente? Di cosa aveva paura? Quale era quella cavolata? Ora si sta indagando su cosa ha spinto David Rossi a lanciarsi dalla finestra del suo ufficio.

CHI ERA DAVID ROSSI?

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Uno dei dirigenti della banca, il responsabile della comunicazione David Rossi, si è gettato da una finestra della Rocca morendo poco dopo l’impatto al suolo. Inutili i tentativi di rianimarlo. Tutto è accaduto questa sera senza apparenti motivi. Tra l’altro Rossi non risultava nemmeno tra le persone indagate anche se è stato ascoltato dai magistrati per le note vicende riconducibili allo scandalo Monte dei Paschi di Siena. Rossi è un elemento di spicco che da anni ricopriva il prestigioso incarico a lui affidato dalla vecchia direzione. Strettissimi i rapporti, anche personali, tra il dirigente e il presidente Mussari. A lui erano state, di fatto, affidate le maggiori iniziative pubblicitarie del gruppo tra cui quelle che hanno visto protagonisti personaggi di statura mondiale come Pavariotti e, da ultimo, il regista Tornatore.

David Rossi era capo area comunicazione di Mps e vice presidente del Centro internazionale di arte e cultura di Palazzo Te. Nei giorni scorsi la Guardia di Finanza aveva eseguito una doppia perquisizione: abitazione e ufficio al Monte dei Paschi. Stessa sorte che era toccata a Giuseppe Mussari, ex presidente di Mps in carica all’epoca dell’emissione dei titoli tossici, e all’ex direttore generale della banca Antonio Vigni.

Dopo la diffusione della notizia, era giunto, immediato, l’attestato di stima da parte del presidente del Centro Internazionale di arte e Cultura di Palazzo Te, Angelo Crespi: Esprimo a Rossi la mia solidarietà e spero che tutto possa risolversi al meglio, posto che la situazione di Mps è molto grave e sotto gli occhi di tutti. Rossi ha dato un contributo importante all’organizzazione della mostra in corso al Te sul Novecento e del convegno a cui parteciparono i musei più importanti del mondo. Spero che quanto sta succedendo a Siena non abbia ripercussioni su di noi. Rossi, oltre che essere vice presidente, ha anche la delega alla comunicazione al marketing.

Chi era?

Campagne pubblicitarie memorabili e memorande, gadget montepaschini di ogni tipo, felpe imperdibili all’insegna del “mai più senza”, financo lo sbarco di Mps sulle passerelle milanesi dell’alta moda: senza il suo apporto creativo ed immaginifico, il brand Mps avrebbe perduto ogni aura fashion, non sarebbe stato meravigliosamente trendy come in questo ultimo lustro.
Pare che dal 2006 al 2011, sotto la guida di Mussari, la Banca abbia speso qualcosa come 355 milioni di euro in pubblicità. Grazie al guru Rossi, fino al gennaio 2012 i media nazionali hanno veicolato un’immagine positiva, se non idilliaca, dell’istituto.
Temutissimo dai giornalisti italiani esperti di economia e finanza, appena qualcuno si azzardava a scrivere qualcosa di critico su Mps, telefonata o mail a mo’ di rimbrottino non mancavano mai da parte di david Rossi, ha difeso con determinazione assoluta l’operato del management montepaschino, un fedele, anzi fedelissimo di Mussari.

SUICIDIO NELLO STAFF DI MPS: DAVID ROSSI SI GETTA DALLA FINESTRA

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David Rossi, responsabile dell’area comunicazione di Banca Monte dei Paschi di Siena, si è ucciso gettandosi da un ufficio della sede dell’istituto a Rocca Salimbeni. Rossi era stato perquisito dieci giorni fa nell’ambito dell’inchiesta sulla banca senese, ma non era indagato.

IL MONTE DELLA TRUFFA… PERQUISITE CASE COMPONENTI CDA

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Un nuovo filone di inchiesta sarebbe partito da una fuga di notizie avvenute nei giorni scorsi relative a decisioni prese dal Cda della banca e diffuse – indebitamente, secondo l’accusa – anche attraverso la stampa. L’indagine per insider trading è sempre condotta dai magistrati senesi Antonino Nastasi, Aldo Natalini e Giuseppe Grosso, titolari dell’inchiesta sull’acquisizione di Antonveneta da parte del Monte dei Paschi. Al momento, per questo secondo fascicolo nessuno è stato iscritto nel registro degli indagati.

Militari del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza stanno eseguendo perquisizioni domiciliari a carico di due componenti del Consiglio di amministrazione del Monte dei Paschi di Siena, nell’ambito di un nuovo filone d’inchiesta per insider trading. Le perquisizioni, disposte dai pm senesi a Torino, Lecce e Milano, riguardano Michele Briamonte e Lorenzo Gorgoni. I due consiglieri non sono indagati.

Intanto, nell’ inchiesta per associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni di Mps i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di Finanza hanno sequestrati somme e titoli per circa sei milioni di euro. La cifra era a diposizione dell’ex capo dell’area finanza di Mps, Gian Luca Baldassarri (finito agli arresti), del suo vice, Alessandro Toccafondi, e di altre due persone coinvolte nell’inchiesta, David Ionni e Antonio Pantalena. Il denaro è stato trovato dopo segnalazioni di operazioni sospette dall’attività antiriciclaggio.

Facciamo un patto… MPS!

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In un foglio word del 2008, ora al vaglio dei magistrati che indagano su Monte Paschi, i nomi del coordinatore del Pdl Denis Verdini e dell’allora sindaco di Siena Franco Ceccuzzi del Pd. Il centrosinistra avrebbe concesso spazio dentro la banca e la fondazione in cambio di aiuti a livello nazionale e di una competizione elettorale “annacquata”. I diretti interessati smentiscono ogni attribuzione.

La garanzia di aiuti da parte del Pdl anche “a livello di governo nazionale per le problematiche relative alla banca e alla fondazione” Monte dei Paschi di Siena in cambio di una poltrona nel cda dell’istituto di credito toscano e della conferma della “presidenza di Antonveneta” da parte del Pd. Questo il testo dell’accordo che sarebbe stato raggiuno il 12 novembre 2008 tra Denis Verdini e Franco Ceccuzzi, all’epoca, rispettivamente presidente del Credito fiorentino nonché coordinatore nazionale del Pdl l’uno, e sindaco di Siena oggi ricandidato alle prossime amministrative nella città commissariata dal giugno scorso l’altro.
Il documento in word, con il nome dei due in calce (ma senza firma autografa), che il Fatto Quotidiano riporta, è al vaglio degli inquirenti dell’inchiesta sul Monte dei Paschi che stanno tentando di accertarne la veridicità e ieri in merito hanno sentito a Firenze, assieme ai magistrati titolari della vicenda Ccf, Angelo Pollina, ex consigliere regionale Pdl, ex capogruppo in comune a Siena e attuale coordinatore regionale di Fli.

“Obiettivo primario – è scritto ancora – è quello di mantenere i livelli di autonomia senza particolari ingerenze da parte delle autorità centrali”. Inoltre il Pdl si impegna, in vista delle amministrative del 2009, “a ricercare una candidatura del Pdl per la presidenza della provincia di Siena che non tenti di sconvolgere gli attuali equilibri” e a rifuggire a “qualsiasi accordo destabilizzante con le liste civiche” in diversi comuni senesi.

Ceccuzzi, in cambio, garantiva per il rinnovo del cda della Banca nel 2009 “un consigliere di amministrazione” e di “confermare la presidenza di Antonveneta” oltre, a garantire due deputati nella “deputazione generale della Fondazione” e uno in quella amministratrice.

Entrambi i protagonisti del presunto accordo respingono con sdegno la veridicità del documento. Per Verdini, “lo pseudo-documento circa un presunto e fantomatico accordo di non belligeranza fra Pdl e Pd che sarebbe stato sottoscritto da me e dall’ex deputato del Pd e sindaco di Siena, Franco Ceccuzzi, è totalmente falso, inventato di sana pianta, una polpetta avvelenata”. Verdini si riserva di “perseguire ogni via legale contro chiunque persevera” ad attribuire a lui un ruolo. “Diffido chiunque – continua – dall’attribuirmi questa bufala totale, invito le Procure di Siena e di Firenze a un minimo di serietà, a evitare di dare peso a simili fandonie, peraltro diffuse nel pieno di una campagna elettorale assai delicata, alimentando una possibile, quanto inesistente, responsabilità del Pdl nello scandalo e nella gestione dell’Mps e di Antonveneta”.

Parla di “polpetta avvelenata” e “atto intimidatorio” anche Franco Ceccuzzi: “Smentisco categoricamente di aver mai siglato con Denis Verdini o Angelo Pollina del Pdl un qualunque accordo o firmato un qualunque documento relativo a Banca Mps o alle problematiche di governo del territorio senese. Si tratta di un atto palesemente falso, tanto da non essere né firmato né siglato dal sottoscritto. Qualcuno – aggiunge – sta disseminando polpette avvelenate per interrompere il percorso per la mia candidatura a sindaco di Siena”.

Intanto Gianluca Baldassarri, ex capo dell’area finanza di Mps detenuto a San Vittore, ha riferito al gip durante l’interrogatorio di garanzia che la ristrutturazione di Alexandria “era stata decisa direttamente dal direttore generale, Vigni, senza che il comitato finanza prendesse una decisione poiché aveva competenze solo sul passivo”. Ma per il gip, Baldassarri “può indubbiamente definirsi il regista” dell’operazione, come scrive nelle 26 pagine dell’ordinanza di detenzione.

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