La vittoria di Caterina: l’Inps le riconosce l’invalidità

caterina-simonsen-invalidità-tuttacronacaCaterina Simonsen torna a far parlare di sè sui social network e questa volta è per comunicare una buona notizia: la 25enne che nei mesi scorsi era stata presa di mira dagli ambientalisti per aver sostenuto e difeso la sperimentazione dei farmaci salvavita ha vinto la sua battaglia più grande. Sembra proprio che sia lei, infatti, la prima persona che è stata in grado di ottenere dal’Inps il riconoscimento dell’invalidità per le malattie rare dalle quali è affetta. Si tratta di una storica vittoria che l’ha resa l’apripista di un’importante cambiamento. Grazie a Caterina infatti, dall’11 marzo Inps e Usl avvieranno la schedatura delle patologie rare per le quali potrà essere riconosciuta l’invalidità e l’accompagnamento.

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I nuovi video della Simonsen

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Caterina Simonsen torna a far sentire la sua voce e questa volta lancia un nuovo appello sul web a favore dei farmaci cosiddetti off-label, ovvero quei farmaci confezionati per una determinata malattia, ma che hanno effetti anche su altre patologie. Farmaci che i medici non possono prescrivere perché l’Aifa non riconosce gli effetti che hanno sui malati rari. Nei programmi della ragazza per le prossime settimane poi vuole postare su YouTube un filmato per piegare cosa sono le malattie rare con tanto di hashtag per agganciare la sua campagna a chi la segue sui social: #IoConoscoleMr.

Parlerà “dei problemi dei malati rari, dell’origine e della gravità delle malattie – spiega nel video la ragazza -, delle malattie non riconosciute dal nostro sistema sanitario nazionale (stimate in oltre 5 mila e il sistema sanitario nazionale ne riconosce solo 400/500). Parlerà del problema della diagnosi e di tanti medici che non conoscono le malattie rare, e del problema dei farmaci, del fatto che in molti casi siamo costretti a sborsare anche mille euro al mese per curarci“.

Una nota in particolare sui cosiddetti “farmaci orfani”, ovvero quelli efficaci nel trattamento di alcune malattie, non prodotti o immessi sul mercato a causa della domanda insufficiente a coprire i costi di produzione e fornitura. Una normativa europea, varata nel 2000, incentiva la loro diffusione e commercializzazione e ne stabilisce i criteri di designazione se manca l’interesse da parte delle industrie farmaceutiche ad investire sul loro sviluppo. Ma la disponibilità di questi farmaci resta scarsa.

E poi c’è il problema dei costi esorbitanti. ”Per legge – spiega Caterina –  avendo l’esenzione per malattia rara, abbiamo dei farmaci in fascia C che poi sono di Fascia A. Ma questo – ha proseguito Caterina – non lo sanno né i farmacisti  né i medici, che non sanno come prescriverci i farmaci di fascia C. Ci sono poi i farmaci off-label: quelli fatti per una determinata malattia, ma che possono essere utilizzati anche per altre. Ma i medici non possono prescriverli perché l’Aifa non riconosce gli effetti che hanno sui malati rari”.

“Parlerò dell’importanza della ricerca – prosegue Caterina – di come viene fatta, perché abbiamo bisogno di fondi privati e darò voce con un breve video di 30 secondi a molte malattie rare facendo parlare dei conoscenti e loro familiari”, continua Caterina Simonsen nel nuovo video pubblicato su YouTube e Facebook.

E lancerà infine una campagna di sensibilizzazione con un’immagine da mettere nei social network sotto lo slogan “Io so cosa vuol dire vivere con una malattia rara, e tu?”  Caterina si rivolge anche a chi come lei vive in una condizione di perenne emergenza: “È possibile avere una vita, si riesce, nonostante la malattia. Non dobbiamo nasconderci”. “Non sono sola. Siamo diversi, ma noi malati affrontiamo le stesse difficoltà”, ha concluso la studentessa.

Quei particolari “stravaganti” sul caso Orlandi e le due “Caterina”

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Ci sono dei particolari “stravaganti” nel racconto di Marco Fassoni Accetti agli inquirenti che indagano sul caso di Manuela Orlandi. Secondo il fotografo, Marcinkus aveva un’attrice preferita: Catherine Deneuve e Accetti racconta: «A noi interessava una ragazza straniera che si chiamasse Caterina, requisito indispensabile per poter ricattare monsignor Marcinkus».

Si legge sul Corriere della Sera:

Della passione del «banchiere di Dio» per le donne – oltre che per i sigari, i superalcolici e il golf – s’è detto e scritto tanto, in tre decenni. Soprattutto nel 2008, all’indomani dell’irruzione nel caso Orlandi di Sabrina Minardi, amante del capo della banda della Magliana Enrico de Pedis detto «Renatino», la quale accollò al defunto boss l’esecuzione del rapimento di Emanuela, su mandato del monsignore.

Anche  il nome della Deneuve in relazione a Marcinkus era già circolato. Ma il punto non è rincorrere gossip insensati, che evaporano nella leggenda. La faccenda, agli occhi del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo e del pm Simona Maisto, è un’altra: assodato che le voci sull’apprezzamento di Marcinkus per l’attrice francese esistevano, può significare qualcosa che lo stesso nome, Caterina, torni due volte nella ricostruzione di Marco Fassoni Accetti?

In altre parole, il coinvolgimento delle omonime di cui parla il superteste rispose effettivamente alla logica dei messaggi cifrati, e come tale potrebbe assumere una rilevante valenza probatoria?
La prima finita nei verbali è una ragazza bella e sventurata: Caterina Skerl detta Katy, 17 anni, iscritta al liceo artistico di Ponte Milvio, figlia del regista svedese-italiano Peter, famoso per il film «Bestialità» e precedenti collaborazioni con Ingmar Bergman, fu trovata strangolata in una vigna di Grottaferrata il 22 gennaio 1984, sette mesi dopo la scomparsa di Emanuela Orlandi e otto dopo quella di Mirella Gregori, l’altra quindicenne inghiottita dalla Vatican connection.

Giallo mai risolto, che tuttora anima un acceso dibattito sul web. Katy, dopo una festa pomeridiana a casa di amici, aveva appuntamento con una compagna sulla Tuscolana, per dormire da lei ed andare insieme il giorno dopo in gita sulla neve. Ma non arrivò mai. Non fu violentata, chiarì l’autopsia.
E adesso spunta la nuova versione: «Seppi della morte violenta della Skerl in carcere, in quanto il mese precedente ero stato coinvolto in un incidente che costò la vita a un ragazzino – ha dichiarato Marco Fassoni Accetti – e la coincidenza mi turbò: capii subito che l’omicidio era stato compiuto dalla fazione a noi opposta. Il 18 dicembre 1983, due giorni prima di essere arrestato, fermammo infatti in via Nomentana una giovane straniera, anche lei di nome Caterina. Il mio gruppo voleva usarla per ricattare alti prelati, un po’ come la Orlandi e la Gregori, senza però arrivare al sequestro. Non è strano che poche settimane dopo un’altra Caterina venga assassinata in circostanze oscure?».

Agli atti figura il cognomedella «esca» contattata in via Nomentana: Gillesbie. Avrebbe dovuto accusare falsamente Marcinkus di incontrare minorenni in un inesistente villino vicino la stazione SanPietro. Quanto al caso Skerl, il fotografo indagato fornisce una sua interpretazione, non è chiaro se elaborata a posteriori o frutto di informazioni dirette ricevute all’epoca: «Il luogo in cui far trovare il cadavere fu un modo di firmare il delitto, di inviare un messaggio in codice. A Grottaferrata avevano infatti sede l’associazione Pro Fratribus di monsignor Hnilica, molto attiva nella raccolta di fondi in chiave anticomunista, e la villa dell’avvocato Ortolani, anche lui nostra controparte».
Emanuela, Mirella, ora la povera Caterina, pure lei fotografata con la fascetta tra i capelli, simbolo di quei tempi ribelli e terribili: 30 anni dopo, quanti fantasmi e misteri incombono dietro i volti puliti di tre ragazzine…

Il filosofo animalista: contro Caterina “attacchi assurdi”

caterina-simonsen-tuttacronacaIl filosofo 54enne Felice Cimatti, autore del libro “Filosofia dell’animalità”, che presenta una riflessione sul rapporto tra l’uomo e gli animali è stato intervistato dal Corriere della Sera ed ha parlato della situazione della padovana Caterina Simonsen, una giovane malata che si trova a fare i conti con offese e auguri di morte sul web per aver difeso la sperimentazione sugli animali. Il filosofo sottolinea che

ci sono stati attacchi davvero violenti e assurdi. Inutile preoccuparsi per un pollo in batteria se poi non si prova empatia per una giovane che deve vivere attaccata a una macchina. Credo che queste persone tradiscano il senso dell’animalismo.

Cimatti riconosce che

gli animalisti sollevano un problema vero: che diritto abbiamo di prendere qualcuno che vive e di manipolarlo, di usarlo come mezzo per i nostri scopi? È una domanda centrale anche per il nostro futuro — basta pensare a quello che stiamo facendo all’ambiente — eppure in un certo senso nuova, proprio perché l’umano, per definizione, è l’animale che vive e prospera usando altri animali: da sempre li addomestica, li uccide, li mangia. Si è costruito così come vivente.

 

Si dovrebbe dire che su questo è costruito l’ordine della Natura, volgarmente tradotto nella catena alimentare. Il filosofo afferma che

 

si sono già fatti molti passi avanti in direzione

 

dell’obiettivo che

 

la medicina [possa] fare a meno dei test sugli animali”.

 

Ed è ovvio, insiste,

 

che se si possono evitare, non vanno usati. Ma cosa succede se non abbiamo alternative? Se scopriamo che possiamo trovare una cura per la sclerosi multipla solo sacrificando cento scimpanzé? Questa è la questione vera da un punto di vista medico, prima ancora che filosofico.

 

L’intervistatrice Elena Tebano fa quindi notare che gli “antispecisti” sostengono che non possiamo usare gli altri animali, perché significherebbe presupporre che siamo migliori, che la nostra vita vale più della loro, e così non è.

 

È una risposta assoluta, come se non esistessero soluzioni intermedie, e cade nella trappola che vorrebbe denunciare: l’antropocentrismo. Si tendono a riconoscere i diritti solo agli animali che più ci “assomigliano”: gli scimpanzé, per esempio, o quelli che hanno un sistema nervoso o una forma di linguaggio. In questo modo l’uomo torna a essere la misura di tutto, quello da cui discende il valore degli altri animali.

Non è che un topo soffre meno di un delfino. Nessuno, per esempio, si preoccupa degli insetti. Perché? C’è un esperimento mentale ben noto in filosofia: provare a pensare che una zanzara sia grande come un cane. Non ci verrebbe più da schiacciarla, così, sovrappensiero. […] Bisogna imparare a prendere in considerazione l’alterità degli animali, dobbiamo smettere di umanizzarli. […] La vita è appropriarsi di altre forme di vita e metterle dentro di sé. È inevitabile. Invece alcuni animalisti estremi hanno immaginato leoni geneticamente modificati per diventare erbivori. Perché gli animali non si dovrebbero mangiare e le piante sì? Perché le pecore ci sembrano più simili a noi dei carciofi? […] A me non sembra possibile una forma di vita che non mangi un’altra forma di vita. Ma più consideriamo la questione in forma generale, più diventa intrattabile. […] Bisogna distinguere. Dobbiamo opporci allo sfruttamento industriale degli animali: lì l’aspetto più spaventoso è la violenza sistematica. Su questo gli animalisti hanno il merito di farci guardare ciò che preferiamo non vedere. E credo che abbiano ragione loro: sul lungo periodo probabilmente smetteremo di mangiare gli animali, così come abbiamo abolito la schiavitù.

 

Per quanto riguarda la medicina: lei dice sì o no alla sperimentazione sugli animali?

 

Se l’alternativa è: o vivo io o vivi te, io cerco di difendermi. Ma una risposta unica a questa domanda non c’è. Dobbiamo continuare a porcela, di caso in caso. E intanto lavorare per renderla meno urgente. Infine si potrebbe immaginare una sorta di “consenso informato”. Si potrebbe dire ai pazienti, prima che prendano una medicina, se è costata la vita a degli animali. In modo che possano decidere se usarla o no.

 

Come si comporterebbe Felice Cimatti?

 

Non lo so, me lo chiede ora, ma se ne avessi davvero bisogno per la mia vita … Non direi di no.

Renzi prende posizione e difende la studentessa

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Matteo Renzi traccia le differenze e fa sentire la sua voce, crea un vero baratro tra il vecchio Pd e il nuovo Pd, tanto che irrompe nel dibattito scoppiato a  seguito della studentessa malata che aveva postato la sua foto su internet in favore della sperimentazione e della ricerca sugli animali. Renzi ha dichiarato di sostenere la ragazza: «Ho visto il suo video e voglio dirlo con tutta la mia forza: io sto con Caterina». Caterina nel suo video ha nominato anche la LAV, il Partito animalista europeo e Michela Vittoria Brambilla con la sua Federazione italiana associazioni diritti animali e ambiente. Quest’ultima ha risposto con le parole della biologa Susanna Penco, ricercatrice presso il dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università di Genova e malata di sclerosi multipla da vent’anni. La Penco condanna duramente gli insulti e le minacce ricevute dalla ragazza, ma allo stesso modo respinge le«strumentalizzazioni di qualsiasi genere». «E’ proprio la sperimentazione animale ad allontanare le soluzioni e quindi la guarigione per i malati», scrive la biologa, «Se si abbandonasse un metodo fuorviante e ci si concentrasse sull’uomo, i progressi della scienza sarebbero più rapidi ed efficaci: io spero risolutivi». Fra questi metodi, il primo, secondo la Penco, sarebbe la donazione degli organi. Poi la biologa conclude: «La sperimentazione animale può essere anticamera di cocenti delusioni. Ve ne sono molti esempi, anche riguardanti farmaci in commercio». Il dibattito s’infuoca, mentre sembra che l’Italia su alcuni temi non riesca a gridare una voce che esca dal coro… Renzi ha dato comunque un importante contributo, ma quali politici sono pronti a seguirlo in questo difficile percorso per sfatare alcuni tabù?

Caterina, la offendono e le augurano la morte: lei risponde con un video

caterina-simonsen-tuttacronacaOltre 30 auguri di morte e oltre 500 offese in Facebook, perchè lei difende la sperimentazione animale. Che le ha permesso di arrivare a festeggiare il 25° compleanno quando sarebbe potuta morire già a 9 anni. Lei risponde con un filmato pubblicato sulla sua pagina Facebook. “Faccio questo video per farvi capire come si vive con le mie malattie. E’ una risposta agli oltre 30 auguri di morte e alle oltre 500 offese che ho ricevuto solo perché ho detto che sono viva grazie alla sperimentazione animale”. Caterina Simonsen è una studentessa di Veterinaria colpita da quattro malattie genetiche rare finita nel mirino degli animalisti dopo aver difeso la sperimentazione animale. “Senza la ricerca sarei morta a 9 anni” aveva scritto Caterina pubblicando una sua foto con il respiratore ricevendo insulti e offese.

Caterina in lotta per la vita, minacciata di morte su Facebook

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E’ Caterina Simonsen, la ragazza della foto che la ritrae con il respiratore sulla bocca e un foglio in mano. «Io, Caterina S. – recita la scritta – ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro». Colpita da diverse malattie genetiche, la ragazza, studentessa di Veterinaria all’Università di Bologna, è diventata il bersaglio di estremisti animalisti sul social network che la insultano per la sua condivisione alla sperimentazione sugli animali. E’ vero che oltre 13mila persone si sono dichiarate d’accordo con Caterina, ma quelli che non lo sono hanno scatenato la loro furia con insulti e minacce davvero da far paura.

«Se crepavi anche a 9 anni non fregava nulla a nessuno, causare sofferenza a esseri innocenti non lo trovo giusto», è il messaggio di Valentina. Concorda Mauro: «Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose». Insulti anche da Perry: «Magari fosse morta a 9 anni, un essere vivente di m… in meno e più animali su questo pianeta». Materiale che Caterina ha consegnato alla polizia postale, con nomi e cognomi degli autori dei post.

«Non capisco il perché di tanta cattiveria – replica la giovane -. Loro non sanno chi sia io, cosa faccia io, e probabilmente sono così ingenui da non sapere che tutti i farmaci che prendono, che danno ai loro figli e che danno ai loro animali sono stati testati sugli animali».

Seduta sul letto, in mezzo alle medicine e ai macchinari che le permettono di respirare Caterina, che si vuole laureare in veterinaria per aiutare gli animali, è in lotta contro quattro malattie rare (immunodeficienza primaria, deficit di proteina C e proteina S, deficit di alfa-1 antitripsina, neuropatia dei nervi frenici), abbinate al prolattinoma, un tumore ipofisario, e a reflusso gastroesofageo, asma allergica e tiroidite autoimmune. Per poter sopravvivere passa dalle 16 alle 22 ore al giorno attaccata a un respiratore, ma questo non le impedisce di lanciare il suo appello a chi l’insulta.  «Invito Brambilla, Lav e Partito animalista europeo a combattere contro l’utilizzo degli animali dove non è fondamentale per l’esistenza umana: la caccia, i macelli, gli allevamenti di pellicce. Anziché fare tanto rumore mediatico, e ostacolare il lavoro dei ricercatori potreste raccogliere fondi e investire soldi per cercare un metodo alternativo valido agli esperimenti sugli animali. Una volta trovati questi metodi, per legge dovranno sostituire i test sugli animali. Vi chiedo di chiedere all’Aifa di mettere grande sulle confezioni dei farmaci che il medicinale è testato sugli animali a norma di legge, così che chi si cura possa fare una scelta consapevole». .

A sostenere Caterina è sceso in campo Dario Padovan, presidente di Pro-Test Italia (associazione non profit per la difesa della ricerca bio-medica), che bolla come «inaccettabili» gli insulti diretti alla ragazza: «È una vergogna quello che sta succedendo a Caterina. Non è ammissibile che persone disinformate e prepotenti si permettano di minacciare e augurare la morte a una persona gravemente malata».

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