
Il primo ministro Enrico Letta, il ministro della Economia Fabrizio Saccomanni e il Ragioniere generale dello Stato Daniele Franco si sono incontrati ieri a Palazzo Chigi e la conclusione sembra essere una sola: ci terremo l’aumento dell’Iva e anche l’Imu, anche se magari non per tutti, ma il carico fiscale non cambierà nel complesso: i soldi forse ci sono, ma ce ne sono meno. Hanno provato a cercare le risorse necessarie per attuare le riforme necessarie per il pacchetto lavoro, l’Imu e la sterilizzazione dell’aumento Iva. Sono Marco Mobili e Marco Rogari a spiegare che, per loro, la conclusione che si tratta di una strada “in salita, che appare sempre più impraticabile”. Sul Corriere della Sera, Enrico Marro spiega: “Per evitare che l’Iva aumenti dal 21% al 22% dal prossimo primo luglio restano solo tre settimane. Ma il governo non ha ancora trovato una soluzione e a Palazzo Chigi prevale il “pessimismo”. Il rischio che l’aumento dell’Iva, e quindi dei prezzi, scatti è a questo punto concreto. Cancellare la decisione presa dal precedente esecutivo costa infatti due miliardi quest’anno e quattro a partire dal prossimo. Ma per la copertura finanziaria di un intervento del genere il governo non sa come fare. Anche perché altre necessità incombono”.
Per quanto possa fare il nuovo governo, deve comunque adeguarsi alle esigenze del fiscal compact, che vuole un ulteriore miglioramento del rapporto debito/pil e il lungo elenco di necessità di spesa. I 40 miliardi di euro che c’erano li hanno impegnati, fra il 2013 e il 2014, per ridurre il debito della Pubblica Amministrazione con le imprese, privilegiando il Sud. E Saccomanni, a Repubblica, ha spiegato che stiamo pagando anche un anno di disastroso Governo Monti: “In Italia, oltre alle debolezze strutturali, si è avuto un periodo di stasi politica da fine 2012 al nuovo governo: 5-6 mesi che l’Italia non si poteva permettere in questa fase”. Ma il ministro dell’economia spera, per quel che rigarda la riforma Imu, di riuscire a trovare “una soluzione a inizio agosto”. Non esclude infatti che “si possa trovare una rimodulazione dell’imposta che oggi grava sulle fasce più basse del Paese. Le risorse vanno trovate altrove”. Sempre su Repubblica, Roberto Petrini individua due “variabili sul tavolo: la tempistica e le risorse. La questione tempo è essenziale, non solo per far fronte all’emergenza lavoro, ma perché il nodo Iva-Imu va sciolto entro il mese di luglio e, sebbene per la riforma della tassazione sugli immobili il governo si sia dato tempo fino al 31 agosto, la cosa dovrà essere risolta entro l’8 agosto, cioè prima della chiusura per ferie del Parlamento”. Per quel che riguarda le risorse, servono almeno 2 miliarsi per l’Imu, a fronte dei 4 inizialmente previsti, che rappresentano il risultato di una “rimodulazione” che elimini la tassa sulla prima casa per i ceti più deboli e la mantenga sui più abbienti. Al riguardo, è previsto “l’aumento delle detrazioni base da 200 a 400 euro, esentando di fatto in questo modo l’85 per cento dei proprietari e lasciando l’onere del pagamento dell’Imu sulla prima casa sul restante 15 per cento dei titolari delle abitazioni di maggior pregio”. Si aggiunge un altro miliardo per intervenire sull’Imu per i capannoni e altri due ne serviranno per evitare l’aumento dell’Iva. Secondo Petrini, il punto è che “le coperture fino ad oggi usate traballano. […]. Ciò significa che il governo dovrà convincere i tre partiti della maggioranza a prendere il coraggio su due mani e dare il via libera ad una nuova fase di spending review con “parametri obiettivi”. La valutazione è che si possono recuperare 2-3 miliardi nella seconda metà dell’anno con un intervento non lineare ma sulla base di un lavoro chirurgico sul fronte delle spese. Un altro miliardo potrebbe venire dal fondo immobiliare del Tesoro ormai operativo, mentre si sta riaprendo l’intera partita dello sfrondamento delle agevolazioni fiscali. Senza contare che, in cerca di risorse, si sta rivalutando anche il cosiddetto piano Giavazzi per il taglio delle agevolazioni alle imprese pubbliche e private che potrebbe portare circa 800 milioni. Almeno 5-6 miliardi per consentire al governo di andare avanti nell’agenda economica”. Saccomanni dice e torna a ribadire che i soldi disponibili in natura non ci sono e quindi “soldi ci sono ma devono essere tolti ad altri”.
Continueremo ad avere vignette ancora a lungo…
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