Il prete che stuprò la bambina, ora chiede di morire

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Dopo anni di silenzio, esce allo scoperto don Pietro Tosi, 87 anni, il sacerdote che nel 1980 abusò di una 14enne a Cornacervina e la lasciò incinta. “Verso quella famiglia ho la coscienza a posto – dice oggi a “Il Resto del Carlino” – ho fatto tutto quello che era possibile, ora non so cosa fare e chiedo a Dio di morire”. Il figlio di quella violenza, Erik Zattoni, combatte una battaglia perché Papa Francesco riduca il sacerdote allo stato laicale e ha denunciato tutto alla trasmissione “Le Iene”.

Aveva solo 14 anni la bambina che fu stuprata nel 1980 da don Pietro Tosi, oggi 87enne. La bambina rimase incinta e il figlio di quella violenza  Erik Zattoni, ha chiesto, attraverso la trasmissione “Le Iene” che Papa Francesco riduca il sacerdote a laico.

Don Pietro Tosi in un intervista a “Il Resto del Carlino” ha dichiarato di aver fatto tutto il possibile e ora chiede a Dio solo di morire. Il prete ora si troverebbe in una casa di riposo, lontano dai riflettori che invece è stato proprio il figlio ad accendere. Di quel figlio però non parla: “Sto morendo, sono finito, non ne posso più”, dice Tosi e poi ha ancora la lucidità di affermare “Parlate con i miei avvocati” dice, e cita tra i legali il sindaco di Ferrara, Tiziano Tagliani. Nonostante chieda e afferma che la sua ora è giunta, Tosi ha anche promesso di raccontare la sua vita in un libro. All’epoca dei fatti respinse ogni addebito, minacciando le vie legali. Oggi la soluzione è arrivata dopo molti anni, nell’ambito della causa per il riconoscimento della paternità. E don Tosi ha voglia di raccontare la sua personalissima verità “Non mi merito tutto questo, ho aiutato giovani, anziani, famiglie, poveri, insomma la mia gente. Non c’era niente a Cornacervina (Ferrara, ndr) io ho fatto costruire tutto”

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Belèn è incinta a 11 anni, stuprata dal patrigno non può abortire

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E’ solo una bambina di 11 anni che è stata stuprata dal patrigno, ma il suo paese, il Cile, la obbliga a portare avanti la gravidanza in quanto l’aborto è proibito anche a scopi terapeutici. E così il dibattito si riapre con  Belèn (nome di fantasia), una bimba che viveva con la nonna nella regione di Los Lagos, nella provincia di Valdivia, nel sud del paese e che andava a far visita alla mamma nei fine settimana. In almeno 3 di queste visite, la bambina è stata stuprata ed è rimasta incinta dell’uomo che convive con la madre. Il caso ha fatto scalpore, non solo in Cile ma in tutto il mondo e si sperava in una presa di posizione forte per riaccendere il dibattito sull’aborto, invece il presidente Sebastian Pinera ha detto alla stampa di aver «chiesto al ministro della Sanità che si occupi personalmente della salute diBelèn», sottolineando che «nel nostro paese, la vita della madre è sempre al primo posto» (ma a quale costo si inneggia alla vita? Sulla pelle di un’11enne stuprata?). Il presidente ha promesso che alla bambina sarà data anche tutta l’assistenza necessaria, sopratutto nel periodo più complicato della gravidanza, ossia dopo la 22 settimana di gestazione. Belèn è diventata il simbolo della protesta che sta attraversando tutto il paese e che chiede a gran voce di introdurre l’aborto alemno nei casi di stupro o per scopi terapeutici.

Ha lottato per 15 giorni la bimba stuprata in India: non ce l’ha fatta

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Aveva quattro anni e per 15 giorni hanno provato a tenerla in vita, ma tutti i tentativi di rimettere in funzione il suo sistema cardio polmonare sono falliti. La bimba era stata violentata a Ghansor, in India, ed aveva riportato gravi danni cerebrali che ne hanno causato il coma. Due presunti responsabili sono già nelle mani della polizia: un dei due è un 28, amico dello zio della piccola.  Ancora una volta si torna a puntare gli occhi sull’ondata di violenza sessuale che sta sconvolgendo l’India in questi ultimi tempi. L’attenzione mediatica mondiale si è focalizzata sulla situazione da quando, il 16 dicembre, una studentessa 23enne fu violentata a New Delhi da un branco su un autobus. Anche quella volta l’incapacità maschile di amare e portare rispetto si risolse con la morte della vittima. Ora alla popolazione indiana non resta che seguire la lotta per la vita di un’altra bambina di cinque anni, sequestrata e violentata da un branco il 17 aprile in un quartiere della classe media della capitale.

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