Falso il passaporto di Alma Shalabayeva. Bonino “Tormentata, ma non mi dimetto”

passaporto-shalabayeva-tuttacronacaIl ministro degli Esteri Emma Bonino, intervenendo alle commissioni Esteri di Camera e Senato sulla vicenda Ablyazov, ha detto: “È una vicenda di grande delicatezza, sulla quale si impone la massima chiarezza: una vicenda che tocca aspetti di grandissima rilevanza per il nostro Paese e per i suoi valori fondamentali”. Ha quindi aggiunto: “La mia credibilità personale è per me un grande patrimonio” ed ho vissuto “con grande amarezza in queste settimane. Sono stata tormentata e non ci ho dormito ma non ho mai pensato di dimettermi”. E ancora: “I nostri interventi sono stati dunque continui, incessanti e continueranno fino a quando necessario, nella considerazione che poichè si agisce da governo a governo si deve evitare, almeno in questa fase, che una serie di azioni e reazioni indebolisca la nostra struttura diplomatica ad Astana”. Riguardo al comportamento dell’ambasciatore kazako a Roma, l’ha definito “intrusivo” e “inaccettabile”. Astana “ci ha fatto sapere di volere buoni rapporti con l’Italia. Ritengo evidente che, dopo questo episodio, la qualità dei rapporti dipenderà dalla disponibilità dei responsabili di Astana” a dare la loro “imprescindibile collaborazione” e “pieni diritti e libertà di movimento ad Alma: valuteremo, tempestivamente, le misure più opportune da adottare nei confronti dell’ambasciatore Yelemessov”. Al momento, comunque, ad essere prioritaria è la “tutela delle due cittadine kazakhe,è quanto che ci sta più a cuore. Stiamo svolgendo e continueremo a fare con forte determinazione interventi, a Astana, Bruxelles, Vilnius, per la piena libertà di movimento di Alma e la figlia: lo sento come obbligo morale, prima che politico”. Ancora il ministro ha dichiarato di ripensare “a qualche critica che ho letto circa un mio asserito silenzio sulla questione: la realtà è che ho invece, sin dal primo momento, promosso e sollecitato il massimo chiarimento su un caso così rilevante. L’ho fatto con l’animo e la passione di chi si occupa da una vita di diritti civili ma ho agito sulla base del rispetto delle istituzioni alle quali sono tenuta da Ministro”. La Bonino ha quindi proseguito spiegando di riferire sulla vicenda Ablyazov “con la serenità di chi non ha lesinato alcuno sforzo, con la sensibilità di chi per passione e attività politica ha fatto della tutela dei diritti umani la ragione di un’intera esistenza e con la mia diretta testimonianza”. La Farnesina, ha svolto una “continua e scrupolosa attività” attraverso i suoi uffici “chiamati a gestire ex post le conseguenze di un caso per il quale abbiamo finora, giustamente, dibattuto sulla dinamica ex ante”.

Nel frattempo, secondo quanto riferisce il Dipartimento di Pubblica Sicurezza, è stato accertato dall’ufficio Interpol del Centrafrica, nell’ambito delle attività investigative svolte dalla questura di Roma, che il passaporto esibito da Alma Shalabayeva alle autorità italiane ed emesso dalla Repubblica Centrafricana “risulta falsificato”. Il vicepremier kazako Yerbol Orynbayev a Bruxelles, riguardo l’ipotesi di espulsione dell’ambasciatore kazako in Italia, ha dichiarato: “Aspettiamo la decisione ufficiale” che verrà presa dall’Italia e quando sarà presa “reagiremo”. Il fatto che, dopo quanto successo, l’ambasciatore kazako in Italia sia praticamente inutile “è solo un punto di vista” ha aggiunto. Lunedì scorso il ministro degli Esteri Emma Bonino aveva osservato che l’ambasciatore kazako non sarebbe più “una persona utile ai kazaki” perchè dopo quanto accaduto “non lo riceverebbe più nessuno”. Il vicepremier ha quindi aggiunto, per quanto riguarda il ritorno di Alma Shalabayeva e sua figlia in Italia, il Kazakistan non ha “nessun problema”,  ma l’Italia “deve fornire garanzie” che Shalabayeva tornerà in Kazakistan in caso venga chiamata a testimoniare in un processo, in questo caso “il governo kazako non ha nessun problema a lasciarla ripartire”. Il vicepremier ha però sottolineto che la donna nel nostro Paese “rischia quattro anni di prigione per il suo passaporto falso: quindi il suo rientro è in dubbio”. Del caso kazako, secondo quanto riferito dal presidente di turno del Consiglio Ue, il ministro degli esteri lituano Linas Linkevicius, si è parlato durante il Consiglio di cooperazione con il Kazakistan. “La presidenza continua a seguire con attenzione gli sviluppi della vicenda”, ha detto Linkevicius senza aggiungere altri dettagli.

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Caso Shalabayeva: “I kazaki ordinarono il blitz”. La ricostruzione del prefetto Valeri

shalabayeva-kazaki-tuttacronacaIl Corriere della Sera spiega che nuovi e clamorosi particolari sono stati rivelati dal responsabile della segreteria del capo della polizia Alessandro Valeri cha ha riferito come il gabinetto del ministro dell’Interno seguì ogni fase dell’operazione kazaka. Tanto che la seconda irruzione del 29 maggio scorso nella villetta di Casal Palocco, dove si riteneva fosse nascosto Mukhtar Ablyazov, fu decisa nell’ufficio del prefetto Giuseppe Procaccini. E ordinata ai poliziotti direttamente dall’ambasciatore Andrian Yelemessov. La conferma arriva dal prefetto Gaetano Chiusolo, il capo della Direzione Centrale Anticrimine, che ricevette sul suo cellulare le disposizioni del diplomatico. I loro verbali, così come quelli di tutti gli altri funzionari coinvolti, sono stati consegnati al Parlamento in vista della votazione sulla mozione di sfiducia contro Angelino Alfano prevista per oggi al Senato e conclusasi con la vittoria dei no. Negli atti allegati all’inchiesta condotta dal prefetto Pansa si legge quante e quali irregolarità e omissioni siano state commesse fino al rimpatrio di Alma Shalabayeva e della figlia Alua, mettendo tutti gli uffici della polizia a disposizione di un’autorità straniera. Il titolare del Viminale ha sempre dichiarato “Non ne sapevo nulla” salvo poi essere smentito dallo stesso Procaccini.

E’ lo steso Valeri a raccontare: “Il 28 sera dopo le 20 fui chiamato dal prefetto Procaccini per recarmi nel suo ufficio per comunicazioni urgenti. Nell’ufficio del capo di gabinetto trovai l’ambasciatore Yelemessov e un consigliere della stessa ambasciata. Dopo le presentazioni il capo di gabinetto mi rappresentò che le autorità Kazake avevano segnalato la presenza in Italia di un pericoloso latitante. Lo stesso ambasciatore rappresentò ampiamente i motivi di preoccupazione in ordine alla pericolosità del latitante, precisando che lo stesso era armato, accompagnato da uomini armati e con collegamenti con il terrorismo internazionale. Nella circostanza consegnò un carteggio inerente lo stesso latitante, tra cui una copia del bollettino di ricerche internazionali diramato dall’Interpol. Il prefetto Procaccini me ne consegnò una copia. Rappresentai all’ambasciatore che si sarebbe dovuto rivolgere alla questura e lui mi riferì che quella mattina aveva parlato della cosa con il dirigente della Squadra mobile Renato Cortese, a cui aveva fornito gli stessi elementi informativi, con precisa indicazione della villa ove il latitante si nascondeva. Chiamai attraverso il cellulare Cortese, il quale confermò di avere incontrato l’ambasciatore e che già avevano organizzato una perquisizione nella villa alle prime ore del giorno dopo. Raccomandai di tenermi informato.” Quindi Valeri contatta tre persone: Francesco Cirillo, vicecapo della polizia, il prefetto Chiusolo e “subito dopo il vicecapo vicario”, Alessandro Marangoni. Il racconto prosegue: “Il mattino dopo, il giorno 29 intorno alle ore 7, venni informato dell’esito negativo delle ricerche. Immediatamente riferii l’esito delle ricerche al prefetto Procaccini e al prefetto Marangoni. Qualche ora dopo, in ufficio, fui riconvocato dal prefetto Procaccini perché era ritornato l’ambasciatore Yelemessov. Mi recai da lui ed il diplomatico esternò dubbi sulla efficacia dell’intervento fatto dalla polizia italiana, sostenendo che il latitante poteva essere nella villa in qualche nascondiglio appositamente realizzato. Non ricordo bene se avvisai io la questura o Chiusolo, oppure fu lo stesso ambasciatore che mi disse di aver informato la Questura”. Chiusolo, nella sua deposizione, spiega che le cose non sono andate esattamente così: “Il 29 mattina la dottoressa Luisi Pellizzari, il capo dello Sco, il Servizio centrale operativo, mi riferì l’esito negativo delle ricerche. Nella stessa mattinata ho ricevuto una telefonata da parte del prefetto Valeri che mi riferiva che l’ambasciatore, con il quale si trovava nella stanza del capo di gabinetto, sosteneva che il latitante potesse essere ancora nella villa di Casal Palocco e che lo stesso disponeva di ulteriori informazioni. Per queste ragioni l’ambasciatore mi avrebbe richiamato ed in effetti dava i miei recapiti telefonici all’ambasciatore per contattarmi”. Pansa ammetterà poi al Parlamento che il contatto si è rivelato molto più invasivo. Verbalizza Chiusolo: “Circa un’ora dopo ricevevo una telefonata dall’ambasciatore che mi precisava che allo scopo di fornirmi necessari dettagli sarebbe venuto nel mio ufficio. In effetti non giungeva lui nel mio ufficio, ma l’addetto legale dell’ambasciata per parlarmi di queste ulteriori informazioni. Lo saluto soltanto e lo faccio accompagnare dalla Pellizzari che riceve le informazioni sul ricercato e trasmette i relativi dati alla Mobile”.

A questo punto avviene la seconda irruzione: nessun segno della presenza di Ablyazov ma, al suo posto, vengono trovate la moglie e la figlia. Alma Sharabayeva è prelevata ed espulsa. In seguito arriva la decisione di rimpatriarla. Tra i numerosi agenti dell’immigrazione e della questura presenti con lei al momento di trasferimento all’aeroporto di Ciampino, l’unica donna è l’assistente capo Laura Scipioni. E’ lei che, nel verbale, ricostruisce ciò che accadde nello scalo. Afferma anche: “Fui informata che erano arrivati il console e il consigliere d’ambasciata. Durante l’incontro con il console, il consigliere, con atteggiamento preoccupato mi mostrava il biglietto da visita del prefetto Procaccini dicendo che stava cercando di contattarlo, fatto che riferivo al dottor Conti, funzionario addetto della Polaria”. A questo punto il consigliere avrebbe fatto cinque tentativi di chiamata prima di allontanarsi per parlare: dettaglio che potrebbe dimostrare che il gabinetto venne informato anche delle procedure di espulsione. Da parte sua, Procaccini ha sempre dichiarato che solo il blitz era di sua conoscenza. Ma sono i verbari a confermare che non solo tutti erano a conoscenza di quanto stava accadendo ma anche che si sono messi a disposizione delle autorità kazake, in un primo tempo provando ad arrestare Ablyazov, fosse un dissidente, quindi consegnando loro sia la moglie che la figlia. LA Scipioni ha ammesso che la signora “mi disse che suo marito era stato in prigione e molti loro amici erano stati uccisi dagli uomini del presidente”. Forse questo sarebbe stato sufficiente per credere che Alma Shalabayeva era davvero in pericolo, come cercava di spiegare da due giorni.

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