Se il governo cade ci aumentano le tasse?

Governo Letta-tuttacronaca

Sembra incredibile eppure secondo la Cgia di Mestre ci potrebbero essere fino a 7 miliardi in più di tasse se il governo cade. E un cittaino cosa ci può fare? Nulla, stare in attesa che le forze politiche giochino la loro partita e decidano se la mannaia ancora una volta sia a carico degli italiani. Quindi se il governo sta in piedi avremmo probabilmente un’Imu da pagare (per molti, ma non per tutti), una Tares che si abbatterà sulle famiglie che dovranno sostenere costi esorbitanti per il servizio dei rifiuti e l’incognita Iva che forse sarà solo posticipata all’anno prossimo. E se cade? Tutto insieme a pesare sugli italiani ormai allo stremo… in ogni caso ci sarà da pagare al rientro dalle ferie. Secondo il segretario della Cgia Bortolussi:

“Nella malaugurata ipotesi che il premier Letta fosse costretto a rassegnare le dimissioni gli italiani subirebbero una vera e propria stangata soprattutto nell’ultimo quadrimestre di quest’anno”.

Secondo Monti poi “Una crisi di governo seppellirebbe tutti” e il leader di Scelta Civica aggiunge: “Non c’è nessun patto di governo che preveda l’abolizione completa della tassa sulla casa”, che difende l’esecutivo e attacca Silvio Berlusconi, di fatto isolandolo su questo versante: “È chiara l’indicazione di due priorità : del lavoro rispetto alla casa; e del favore alle famiglie meno abbienti, rispetto a quelle più abbienti. Su questo testo il governo e la maggioranza sono impegnati. Ogni altro elemento può aver fatto parte di promesse elettorali di questo o quel partito, ma non può impegnare il governo”.
Ma i cittadini cosa possono fare? Affogarsi al mare per non essere sommersi dalle tasse in autunno?
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Gli italiani lavorano 162 giorni per pagare le tasse: parola di Confesercenti

tax-freedom-day-tuttacronaca

Arriverà il 12 giugno il “Tax Freedom Day”, ossia il giorno in cui, terminato di pagare le tasse, s’inizia ufficialmente a guadagnare. Un netto peggioramento se si considera che nel 1990 scattava a maggio, come sottolinea la Confesercenti che spiega come sia “impressionante l’avanzata delle tasse locali, frutto del federalismo. Comparando il nostro peso fiscale con gli altri Paesi emerge l’insostenibilità di quello italiano”. Arrivati a questo punto, allora, “l’abbassamento della pressione fiscale è più che mai una priorità”. “Le risorse – ribadisce – vanno trovate tagliando la spesa pubblica. Gli sprechi, le spese inutili, i troppi livelli istituzionali producono uno sperpero enorme di denaro pubblico. Si può cominciare a risparmiare molto con il rigore ed una coraggiosa riforma. È strumentale ogni tentativo di prendere tempo: bisogna cominciare subito per favorire la ripresa”. E’ stato lo stesso Governo a riconoscere questa situazione, come sottolinea uno studio ancora di Confesercenti. Nel recente Documento di economia e finanza si legge infatti che “il nostro è il paese delle tasse, delle troppe tasse. Abbiamo appena segnato il record della pressione fiscale, con il 44% del 2012, e già siamo pronti a superarlo di slancio con l’ulteriore aumento atteso per il 2013 (44,4%). E il futuro, sempre stando alle valutazioni ufficiali, non promette nulla di buono: le previsioni ‘tendenziali’ (quelle che diventeranno realtà se non si farà nulla) ci dicono che la ‘maledizione’ del 44% ci accompagnerà (decimo più, decimo meno) almeno fino al 2017.” Indubbiamente le tasse sono una risorsa per lo Stato, che però dovrebbe contraccambiare con i servizi pubblici, quali legge e ordine pubblico, istruzione, salute e manutenzione delle infrastrutture. Tutti campi in cui in Italia si tende a ricorrere a nuovi tagli. Se ci deve essere quindi una corrispondenza fra tasse e servizi, non si riesce quindi a comprendere la realtà italiana: “al primo posto in Europa nel ‘total tax rate’ (somma delle imposte sul lavoro, sui redditi d’impresa e sui consumi), con un 68,3% che ci vede quasi doppiare i livelli di Spagna e Regno Unito e ci colloca bel oltre quello della Germania (46,8%); ai più alti livelli europei quanto a numero di ore necessarie per adempiere agli obblighi fiscali (269): 2,5 volte il Regno Unito, il doppio dei paesi nordici (Svezia, Olanda e Danimarca) e della Francia, un terzo in più rispetto al Germania; in coda, fra i paesi Ocse, nella graduatoria di efficienza della Pubblica Amministrazione, con un valore (0,4) pari a un quarto di quello misurato per la Germania e il Regno Unito”. Confesercenti sottolinea anche come nella “vorace crescita della tassazione, un ruolo nuovo e certamente non secondario è stato rivestito dalla finanza locale. All’ombra del federalismo, si sono registrate abnormi impennate del prelievo. Per fronteggiarle, il cittadino medio ha dovuto impegnare una quota crescente dei frutti del proprio lavoro. Se nel 1990 le imposte locali assorbivano l’equivalente di meno di 8 giorni di lavoro annuale, nel 2002 l’impegno risultava triplicato e nel 2013 finirà per toccare i 26 giorni: una crescita, insomma, di quasi il 250% in poco più di venti anni”.

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