Le foto shock: il pastore tedesco segregato in terrazza con il muso bloccato

cane-terrazzo-tuttacronacaStanno rapidamente facendo il giro del web le immagini postate dal gruppo animalista Enpa di Crotone, che le accompagna con un commento:  “Solo tutto il giorno e la notte fuori al freddo”. Gli scatti sono stati fatti a Crotone, in via Ugo Foscolo, davanti alla scuola magistrale, e ritraggono un pastore tedesco con il muso bloccato per non farlo abbaiare. L’Enpa spiega che il cagnolone è segregato giorno e notte sul terrazzo, senza acqua nè cibo e impossibilitato a far sentire la sua voce. Nonostante questo, c’è chi l’ha notato e ha preso a cuore il suo destino. I primi aggiornamenti dei volontari spiegano che lo scatto ha messo in moto la macchina della denuncia alle forze dell’ordine. Ora si aspettano gli sviluppi della vicenda e ci s’interroga su come sia possibile prendere un animale per trattarlo in un modo così assurdamente e spietatamente crudele.

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“Prendi uno, lasci uno”, il nuovo universo delle “Little Free Library”

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Per tutti gli amanti dei libri ci sono grandi novità in arrivo… Le Little Free Library stanno infatti prendendo piede anche in Italia. Nate da un’idea di Todd Bol, americano di Hudson, nel Wisconsin, che costruì la prima Free Library nel 2009 nel suo cortile come omaggio in ricordo di sua madre, insegnante con la passione per la lettura, oggi il fenomeno si sta diffondendo velocemente in tutto il mondo e perfino in Italia se ne contano già una ventina di queste biblioteche spontanee sparse tra Trento, Milano, Modena, Roma e Lecce. Ma in cosa consiste una Little Free Library?

Si parte dal concetto della condivisione di un libro e in una teca o su dei ripiani poco più grandi di una cassetta postale si mettono i libri che sono piaciuti, quelli che si sono odiati, i doppioni o un libro che ci è servito per un nostro percorso personale e che ora si vuole condividere con altri. Il concetto è semplice si può prendere un libro, ma si deve lasciare un altro libro, in modo da dare sempre una scelta diversa a chi usufruisce della libreria. La particolarità è che spesso in queste micro biblioteche ci si trovano davvero libri originali, fuori commercio o vere e proprie chicche letterarie.

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E’ stata anche fondata un’associazione per supportare queste iniziative e dove si possono ordinare e registrare le piccole biblioteche. L’associazione provvede ad assegnare loro un numero identificativo, una targhetta con il motto “Take a book, leave a book” (ovvero “Prendi un libro, lascia un libro”) e indicata la posizione sulla mappa attraverso le coordinate Gps.  Ma cosa serve davvero per fare una piccola biblioteca condivisa? Se si decide di installarla in un negozio, bastano poche assi o qualche ripiano, se si decide invece come spesso accade di metterla in strada o in un cortile allora bisogna assicurarsi che sia resistente all’acqua!

Attraverso questa iniziativa non si vuole solo promuovere la lettura e l’alfabetizzazione, ma soprattutto creare intorno a questi luoghi una piccola comunità che attraverso il bookcrossing, ovvero lo scambio di libri possano trovare anche un loro modo di interagire e di scambiare opinioni. Addirittura si può creare un linguaggio con i libri silenzioso: portare un libro dal titolo “come educare il proprio cane” può essere un segnale per il vicino a tenere il suo adorabile barboncino sotto controllo.

Le Free Library vengono di solito installate vicino alle piste ciclabili o nei parchi, ma c’è anche chi opta per le fermate dell’autobus, fuori dalle caffetterie, negli hotel o nei cortili condominiali. Al momento in tutto il mondo se ne contano cinquemila, ma il dato è in continuo aumento… avanti il prossimo che di cultura non si è mai sazi!

L’associazione della Kyenge. Secondo Libero, gli ambulatori sono fantasma

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E’ il quotidiano Libero a puntare il dito contro il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge e in base alle testimonianze raccolte dal quotidiano, ci sarebbero almeno dei chiarimenti che il ministro potrebbe dare riguardo all’associazione di volontariato Dawa, a Lubumbashi, paese natale della Kyenge. Libero scrive:

[…] C’è un consigliere, Zeffirino Irali, che in questi mesi ha raccolto numerose resoconti e ha realizzato un dossier sulle attività di Dawa. Un piccolo libro nero di cose non fatte o fatte male.
All’interno diverse testimonianze dirette di volontari e collaboratori della Kyenge. Libero ha incontrato con Irali diverse di queste persone e ha ascoltato le loro storie. C’è la funzionaria della Provincia sposata con un cittadino congolose, c’è la pensionata, c’è il professore universitario. Ma soprattutto c’è l’infermiera che ha lavorato nello stesso ambulatorio di Kyenge per molti anni. Tutta gente che, cedendo ai cliché, potremmo definire impegnati e di sinistra. E tutti, per usare un eufemismo, sono rimasti molto delusi dall’attività dell’associazione.

Ma chi c’è dietro a questa onlus? È praticamente un’organizzazione a conduzione famigliare: il presidente di Dawa è Franca Capotosto, amica personale di Kyenge, il «responsabile relazione esteri e comunicazione» è il marito di Kyenge, Domenico Grispino; la «responsabile arte e e cultura» è sua cognata, la preside di scuola media Maria Teresa Grispino; il revisore dei conti è l’altro cognato, il farmacista Gianni Mazzini. Su Facebook la pagina dell’associazione ha un unico amministratore: il ministro Kyenge. Sul sito Internet si legge: «Dawa (magia, medicina, star bene in lingua swahili) è un’associazione non profit nata nel 2002» e che «concentra maggiormente i suoi sforzi nella Repubblica Democratica del Congo», Paese natio della Kyenge. In particolare a Lubumbashi, la seconda città del Paese, e nel villaggio dove il ministro è nato. A leggere Internet, l’iniziativa più concreta risale al 2006: «Cene di beneficenza per il trasporto di un container e di un’autoambulanza». In effetti il carico prende il volo nel 2007 e i giornali locali strillano entusiasti: «Una delegazione di 12 reggiani guidati da due primari dell’arcispedale Santa Maria Nuova e composta da medici, farmacisti, biologi, infermieri, un geometra e un ingegnere sta partendo alla volta della Repubblica democratica del Congo». La squadra dovrebbe inaugurare una nuova struttura sanitaria: «L’ingegner Domenico Grispino (marito di Kyenge ndr) è il responsabile del pro- getto per la costruzione di un ospedale all’interno del parco Kundelungu» scrive il giornale. E Kyenge sul quotidiano «ricorda di destinare il 5 per mille all’associazione che possiede». Di seguito, per i lettori, il codice fiscale. Sin qui tutto regolare. Peccato che in Congo le cose cambino e almeno metà dei partecipanti alla missione torni in Italia inorridita. Gli altri, a onor del vero, sono quasi tutti parenti della Kyenge. Con i nostri testimoni approfondiamo il racconto di quel viaggio. A partire dall’acquisto dei biglietti aerei.

Sul punto le versioni raccolte da Libero combaciano. «Avevamo trovato tariffe inferiori ai mille euro, ma Kyenge ci disse che ci avrebbe pensato lei» dichiara Manuela, professione infermiera. I volontari sono certi di risparmiare e invece il prezzo lievita sino a 1.200-1.400 euro a cranio. I malcapitati non capiscono, ma si adeguano. Nel frattempo, grazie alle cene di finanziamento, vengono riempiti due container di materiale, compresa un’ambulanza. Il trasporto viene organizzato da una zia di Manuela. Il percorso previsto è Sassuolo-Bruxelles- Kinshasa. In Belgio vive una delle tante sorelle di Kyenge. E qui avviene il primo disguido, visto che uno dei due cassoni d’acciaio non riesce a partire. Le cose peggiorano in Africa. «Avevo chiesto sei mesi di aspettativa per questa esperienza. Avrei dovuto occuparmi di seguire l’apertura di un poliambulatorio» avverte l’infermiera. «Ho rifatto i bagagli appena ho capito la situazione. Là non c’era proprio nessuna struttura da avviare». A Lubumbashi, all’interno di una delle proprietà dei Kyenge, i volontari trovano solo un «Centre maternité Kyenge»: «Un vero disastro. Non c’era un generatore elettrico, non esisteva il pavimento, i lettini erano praticamente inservibili. In più venivano usati due soli strumenti per quindici donne per volta e la luce era quella delle candele. Condizioni estreme in cui era impossibile operare».

Bruno, docente universitario di origini straniere ed ex collega di Kyenge, rincara: «Ho portato con me dall’Italia due ostetriche, ma quando sono entrate per poco non vomitano, non sono riuscite a continuare perché la situazione era atroce. Non ho mai visto una cosa simile in vita mia e ho girato abbastanza». In quei giorni vengono organizzate due cene di finanziamento. La prima si svolge al villaggio Kyenge, quello dove è capotribù il padre del ministro, Kikoko, un omone vestito con scettro e pelle di leopardo, mise che ha sfoggiato, tra lo stupore generale, pure a Modena in occasione di una visita specialistica. Esborso per la serata 60 dollari a testa. Una cifra così alta che alcuni volontari danno forfait. «L’altra cena è stata organizzata dal Rotary locale e costò ai partecipanti addirittura 100 dollari» assicura Mariangela, funzionaria della Provincia.

Ma l’episodio che lascia esterrefatti diversi partecipanti è un altro. Uno dei volontari, Antoine, cittadino congolese trapiantato in Italia, in quei giorni si fa raggiungere da alcuni parenti residenti a Kinshasa. A spese loro. La madre viene visitata da Kyenge. Poi si avvicina al figlio: «Mi servono dieci dollari». Come dieci dollari? Domanda il giovane, cercando spiegazioni. I testimoni sostengono che Kyenge, senza batter ciglio, avrebbe replicato: «Certo. Devono imparare a pagare, se no pretendono tutto gratis». I presenti in linea di principio avrebbero potuto pure essere d’accordo, ma ancora oggi si domandano dove siano finiti quei soldi, avendo loro partecipato all’impresa a titolo completamente gratuito. Anche perché dell’ospedale nessuno di loro ha più avuto notizie. Neppure dal sito Dawa. «Non mi risulta che sia stato realizzato. Il nostro sforzo socio-sanitario non è andato a buon fine nonostante il padre della Kyenge avesse molte conoscenze» ammette Bruno. La cui delusione è doppia. Infatti in quella sfortunata trasferta aveva il compito di realizzare un gemellaggio con l’ateneo congolese per scambi universitari. «Per questo incontrai con Kyenge le autorità della provincia di Lubumbashi, il presidente della facoltà di medicina, firmai una convenzione. Cécile mi disse che si sarebbe occupata personalmente di tenere i contatti con la controparte congolese. Dopo sei anni sto ancora aspettando, nonostante i contratti firmati, l’inizio di quello scambio. Anche in questo caso, è andata buca». Non alla signora Kyenge che, grazie a quella sua attività non profit, si è fatta un nome ed è diventata ministro della Repubblica italiana.

Chiaramente queste sono solo testimonianze che andranno verificate e approfondite, sia  per confermare che invece  tutti gli obiettivi sono stati raggiunti, sia – nel caso in cui ci fossero ancora cose non andate a buon fine o in itinere – per  collaborare a dare loro un nuovo impulso. Ma, se le testimonianze venissero confermate, come mai in questa bella iniziativa di solidarietà ci sarebbero stati così tanti rallentamenti e così tanti impedimenti che non avrebbero permesso una gestione capace di portare conforto e sollievo a un popolo che da sempre lotta contro la povertà e i mali che ne derivano?

Ha “evaso” un centesimo e gli chiedono 155mila euro

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Si può parlare di anomalia o di cartelle “pazze” o dell’ennesimo caso clamoroso che finisce per divenire una notizia allarmante soprattutto se a fronte di una presunta evasione di un centesimo l’Inps chiedere il pagamento di 155mila euro e si rischia anche di bloccare l’attività di una onlus, la Anffas di Ostia, che da vent’anni si occupa della riabilitazione di ragazzi con disabilità intellettiva e/o relazionale. È stato sufficiente quella misera mancanza nel versamento dei contributi del 2009 per far scattare la mega-sanzione e il pignoramento per un totale di 155mila euro nei confronti dell’associazione. Più o meno la stessa somma che sarebbe servita affinché la onlus potesse ristrutturare un immobile confiscato alla mafia e donato dal Comune di Roma per i meriti e i valori espressi dall’associazione. Già nel 2011 l’Anffas era caduta nel mirino del fisco con una cartella misteriosa da 300mila euro, ma il Tribunale di Roma, in seguito ad accertamenti, aveva annullato il provvedimento, ma a distanza di 2 anni arriva una nuova cartella esattoriale che rischia di mettere in ginocchio l’intera onlus, anche perché ora è stato anche emesso il Durc negativo – cioè il Documento unico di regolarità contributiva, il certificato che attesta il rispetto degli obblighi di legge – che blocca automaticamente l’affidamento e il rinnovo di contratti pubblici di servizi di assistenza socio-sanitari, paralizzando l’attività dell’associazione.

I centri per rifugiati preda della criminalità organizzata: prostituzione e droga

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La denuncia viene dall’associazione Arci che ha raccolto diverse testimonianze dei migranti che vivono nella struttura di Castelnuovo di Porto vicino a Roma. Come scrive il Fatto Quotidiano

“Sono ammucchiati in stanzoni. Donne e uomini si prostituiscono mentre nel letto a fianco dormono i bambini arrivati qui con le loro famiglie. Alcune Ragazze escono dal centro la notte e ritornano al mattino. I clienti le attendono all’uscita”, racconta Claudio Graziano, coordinatore nazionale dell’Arci. I migranti che fuggono da guerre, dittature, persecuzioni e arrivano stremati in Italia dovrebbero trascorrere nel centro 35 giorni, il tempo di venire identificati e di ottenere lo status di rifugiato. La loro permanenza, invece, può durare anche più di un anno.

Molti hanno già contratto un debito per venire in Italia e il costo del “viaggio della speranza” deve essere pagato, così vengono avvicinati dalla criminalità organizzata che sa dove reclutare i propri uomini: sempre tra i più disperati. Il tutto avviene nel centro per rifugiati, il centro che dovrebbe accoglierli, il centro che dovrebbe proteggerli. Quanto costa un rapporto sessuale, lo racconta sempre il Fatto Quotidiano:

Un rapporto sessuale all’interno del centro costa venti euro, accusa l’Arci. “C’è chi si prostituisce volontariamente. Al mese ogni migrante riceve solo 75 euro. Anche se i rifugiati hanno diritto a vitto e alloggio, è quasi impossibile sopravvivere in queste condizioni. Durante la giornata sono liberi di uscire ma devono rientrare la sera”, conclude Graziano

I migranti quindi hanno la possibilità di uscire durante il giorno, ma di notte dovrebbero essere all’interno del centro. Chi li controlla?  Chi protegge? Se non siamo in grado di dare un esistenza dignitosa a queste persone perché li condanniamo all’emarginazione e alla criminalità? Non sarebbe più giusto interessare la comunità internazionale piuttosto che accogliere chiunque voglia sbarcare sulle nostre coste per poi, in alcuni casi, ridurlo a schiavo del sesso o spacciatore di droga?

Incitavano alla jihad ed esortavano a compiere azioni suicide: 6 arresti

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Associazione di terrorismo internazionale e istigazione all’odio razziale: con queste accuse e carabinieri del Ros hanno arrestato sei persone dopo aver sgominato una cellula di matrice islamista con base in Puglia. L’indagine, diretta dal sostituto procuratore di Bari, Renato Nitti, era stata avviata nel 2007, tramite il monitoraggio di alcune attività dei migranti e con accertamenti sui loro call center e internet point e si è conclusa con le manette ai polsi di cittadini di nazionalità marocchina e tunisina che vivevano in Puglia, Lombardia, Sicilia e in Belgio. Gli appartenenti alla cellula avevano mostrato, in diverse occasioni, un acceso antisemitismo e una avversione per i paesi ‘infedeli’, tra cui Stati Uniti e Italia e praticava attività di proselitismo e indottrinamento verso in nuovi affiliati anche tramite documenti audio e video che incitavano alla jihad ed esortavano a compiere azioni suicide.

Testa di pecora mozzata, intimidazione per un’Associazione Culturale

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Una testa di pecora mozzata è stata ritrovata davanti alla storica sede dell’Associazione Culturale Il Brigante a Serra San Bruno. Erano quasi le 22.30 quando la testa è stata rinvenuta ai piedi della porta d’ingresso da alcuni attivisti che si trovavano all’interno del locale per una riunione. L’intimidazione, di chiaro stampo ‘ndranghetista dal sapore di una minaccia di morte. L’associazione da anni è attiva sul territorio per diffondere la cultura e civiltà del meridione ed è diventata punto di riferimento di aggregazione sociale e di lotta politica.  In particolare, di recente, l’attività si è concentrata su molteplici fronti, come la questione “acqua bene comune” e la lotta NO-ALACO, sulla tutela della sanità pubblica, sulla lotta alla criminalità organizzata, sulla diffusione di valori e principi di legalità e giustizia attraverso la partecipazione diretta e attiva a cortei, manifestazioni e convegni, in collaborazione costante e continua con altri collettivi.

 

La beneficenza negli hotel a 5 stelle.

gregorio brianzoli, tuttacronaca

Che ci fanno medici del Senato, nobili e star della tv al luxury hotel Aldrovandi di Roma? Una festa di beneficenza!  In palio ci sono orologi, biciclette, motociclette per raccogliere soldi che poi saranno devoluti all’associazione “Gregorio Fun & Safe” intitolata a Gregorio Brianzoli, un giovane romano morto nel 2010 in un incidente motociclistico sulla strada Olbia e Porto Cervo. I fondi serviranno a mettere in sicurezza dei tratti di strada pericolosi, il primo è stato a San Carlo in Emilia.

 Tra gli ospiti anche: Mara Venier, gran battitrice d’asta, il neosenatore Pdl Franco Carraro, Isabella Rauti in Alemanno.

Agnelli impiccati a Milano!

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Agnelli impiccati contro la mattanza pasquale degli ovini.  Nel 2004 Maurizio Cattelan ci appese tre bambini-manichini scatenando grandi polemiche. Sullo stesso albero utilizzato dall’artista in Piazza XXIV maggio a Milano questa mattina l’associazione Nemesi Animale ha appeso tre finti agnelli per ricordare «gli 800.000 agnelli che muoiono ogni anno per finire sulle tavole italiane» nel periodo di Pasqua. «Alcuni anni fa tre pupazzi di bambini impiccati a quell’albero fecero un grande scalpore – ricorda l’associazione – Con questa azione simbolica vogliamo far riflettere sulla differente reazione che si potrebbe avere nel vedere un piccolo agnello impiccato a un albero o vederlo come un pezzo di carne in una macelleria. La fine per quell’animale è la stessa, cambia solo il contesto in cui avviene». «Sono 800.000 gli agnelli che muoiono ogni anno per finire sulle tavole italiane, animali di cui si parla molto ma che rappresentano solo una piccola parte delle decine di milioni di individui di varie specie allevati, uccisi e macellati per il consumo di carne. Ognuno – conclude la nota – di noi nella propria vita pu• fare delle scelte importanti: circa 6 milioni di italiani hanno gi… deciso di non mangiare gli animali».

Il governo tarda ad arrivare… la prima indagata c’è!

Maria Tindara Gullo,

La prima parlamentare indagata è Maria Tindara Gullo, eletta con il Pd in Sicilia. Il suo nome risulta tra quelli degli indagati nell’inchiesta “Fake”, sfociata ieri nell’arresto di sette persone, compreso il padre della deputata, che è accusata di falso ideologico. Le persone coinvolte nella maxi-indagine della polizia sono 156, accusate, a vario titolo, di falso ideologico e soppressione di atti d’ufficio, voto di scambio, associazione a delinquere e truffa aggravata.

Secondo gli inquirenti la Gullo, nel gennaio del 2011, a pochi mesi dalle elezioni amministrative nelle quali era candidata al consiglio comunale, avrebbe falsamente dichiarato di essere residente a Patti, in un’abitazione di proprietà del padre, l’ex vice sindaco Francesco Gullo, uno degli arrestati. Dalle indagini sarebbe emerso, invece, che la Gullo, insieme al marito e alla figlia, anch’essi trasferitisi fittiziamente, non si sarebbe mai mossa dalla sua residenza nel vicino comune di Montagnareale. Anche Luigi Gullo, consigliere provinciale del Pd e candidato sindaco alle amministrative di Patti del 2011, cugino della parlamentare e nipote del vice sindaco, risulta indagato con l’accusa di associazione a delinquere.

Lunedì sono in programma, dinanzi al gip del tribunale di Patti, Messina, Onofrio Laudadio, gli interrogatori di garanzia. Nell’ambito della stessa inchiesta sono stati sottoposti a divieto di dimora due consiglieri comunali di area Pd, mentre un ispettore di polizia municipale, un ex consigliere comunale e un geometra, sono stati sottoposti a obbligo di dimora.

Il Pd ha già sospeso dal partito gli iscritti destinatari dei provvedimenti cautelari. “Nei prossimi giorni – si legge in una nota della segretaria provinciale del Pd di Messina – la segreteria provvederà a nominare un commissario per il circolo del Pd a Patti peraltro, richiesto dallo stesso segretario del circolo. La commissione di garanzia del Pd valuterà nei prossimi giorni se sarà necessario assumere altre decisioni. Il Pd esprime piena fiducia nella magistratura nell’accertamento dei fatti”.

Orrore a bordo: Leonid Kamenoff

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Sono sconvolgenti i particolari emersi oggi a Parigi durante il primo giorno del processo all’ex psicoterapeuta Leonid Kamenoff, fondatore nel 1969 de ‘L’ecole en bateau’, un’associazione che proponeva un progetto di educazione alternativo, viaggiando su un veliero attorno al mondo per qualche mese o anno. L’uomo costringeva i ragazzi che partecipavano alla gita ad avere rapporti sessuali tra loro e anche con adulti.

È accusato, assieme a tre membri del suo equipaggio, di stupri e aggressioni sessuali su alcuni dei suoi ex studenti. Rischia una pena di 20 anni di reclusione. Circa 400 bambini e adolescenti hanno partecipato fino al 2002 al progetto di Kameneff, 76 anni, che voleva essere «un’esperienza di educazione e insegnamento alternativa alla scuola». Solo una decina delle 30 vittime che hanno denunciato i fatti – e che oggi ha un’età compresa tra i 33 e i 46 anni – ha potuto costituirsi parte civile nel processo per fatti avvenuti tra il 1981 e il 1994, in quanto è subentrata la prescrizione. Sono infatti trascorsi 18 anni dalla prima denuncia fatta nel 1994 da un ex studente de ‘L’ecole en bateaù. L’anno scorso lo Stato francese è stato condannato dal tribunale di Parigi a pagare 250.000 euro a ciascuna delle vittime a processo per diniego di giustizia essendo trascorso un tempo «eccessivo» per le indagini.

Kameneff è stato arrestato in Venezuela nel 2008 ed è quindi stato estradato.Durante l’interrogatorio ha riconosciuto in parte i fatti di cui è accusato, tra cui le aggressioni sessuali. Ha trascorso 19 mesi e mezzo in detenzione provvisoria prima di venire rimesso in libertà ma sotto controllo giudiziario. «La società è enormente cambiata – ha spiegato l’ex psicoterapeuta -. Alcune cose che sembravano normali un tempo ai fini educativi oggi sono guardate con sospetto». Almeno una trentina di ex partecipanti al suo programma educativo, minorenni all’epoca dei fatti, ha ammesso di essere stata vittima di aggressioni sessuali da parte di Kameneff e del suo equipaggio, descrivendo sedute di massaggio e di masturbazione collettiva. «Siamo stati vittime di un uomo che ha voluto realizzare un sogno e ci ha utilizzati come i suoi giocattoli», ha detto uno degli accusatori, Marie Rigod. Mentre Benoit Klam, che aveva 9 anni quando è salito sulla barca di Kameneff, parla anche di «indottrinamento psicologico» denunciando  il comportamento manipolatore del loro «guru».   ‘L’ecole en bateau’, si legge sul sito internet dell’associazione, induceva a «un soddisfacimento intellettuale, psicologico, affettivo e sociale», proponendo «un’esperienza emancipatrice». L’età media dei partecipanti, spesso bambini con difficoltà relazionali o nell’apprendimento, era di 11 e 12 anni.

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