Slip normali di cotone? No, sofisticatissimi slip antistupro o meglio la versione moderna della cintura di castità, in quanto possono essere sfilate solo da chi le indossa. Gli slip, prodotti dalla società americana AR, hanno infatti degli speciali elastici sui bordi. Elastici che si bloccano, rendendo impossibile sfilare gli slip, e che possono essere allentati solo dalla proprietaria, l’unica a detenere una sorta di chiave che apre la piccola serratura nascosta sul bordo superiore. Una volta sbloccata le serratura l’elastico si allenta ed è possibile sfilare le mutande.
Lo spot degli slip garantisce il risultato: gli elastici non si rompono nemmeno se tirati con forza o forzati con forbici o coltello. Lo stesso spot riporta un dato secondo cui rendere un tentativo di violenza complicato per lo stupratore non aumenta le possibilità di far scaturire ulteriore violenza, ma anzi induce l’aggressore a desistere. L’idea è piaciuta e le mutande anti stupro hanno già raccolto 30.000 dollari in una campagna di crowdfunding su IndieGogo.com.
Troppi femminicidi e troppe donne spaventate dai loro ex fidanzati, mariti o compagni così il Pd ha fatto approvare in commissione alla Camera un emendamento che prevede l’introduzione di un braccialetto elettronico per gli stalker. Attraverso il braccialetto lo stalker sarà monitorato in modo da non poter infastidire ulteriormente la vittima.
Ci sarebbe una pianta in grado di curare il cancro che le grandi industrie farmaceutiche hanno tenuto nascosta: la Graviola. L’albero di Graviola, o Guanabana, originario della foresta amazzonica sembrerebbe avere effetti miracolosi. Si calcola, anche se gli studi ancora non lo confermano, che il frutto potrebbe avere un potere di 10.000 volte più forte rispetto alla chemioterapia. Inoltre la terapia a base di questo frutto non causerebbe nausea, perdita di peso e perdita di capelli, e proteggerebbe il sistema immunitario.
Pur se i risultati delle ricerche non sono al momento conclusivi, avrebbero comunque identificato, per alcuni tipi di neoplasia, una riduzione del potenziale metastatico. Quindi potrebbe venire usata in alcune tipologie tumorali. Ma c’è anche da sapere che inevce studi recenti sembrano correlare il consumo di guanàbana con forme atipiche del morbo di Parkinson, dovute all’alta concentrazione di annonacina presente nei suoi frutti. La quantità di annonacina nel frutto è infatti 100 volte maggiore di quello presente nelle foglie e potrebbe essere tossica per gli individui. Si stima che un adulto che consuma un frutto o un barattolo di nettare al giorno ingerirebbe in un anno una quantità di annonacina pari a quella che induce danni cerebrali a ratti da laboratorio ai quali stata somministrata per via endovenosa.
Si apre quindi un altro dibattito. Poiché l’importante utilità della Graviola sembrerebbe però non risiedere nei suoi frutti bensì nelle proprietà terapeutiche del suo tronco, delle sue foglie, delle sue radici e dei suoi semi note alle popolazioni autoctone e utilizzate da secoli per le proprietà astringenti, antibatteriche, analgesiche ed ipotensive.
Ci sarebbe studi iniziati nel 1940 che avrebbero concentrato la loro attenzione sulla medicina etnica e dato alla luce i primi dati scientifici ottenuti dalla medicina convenzionale. In particolare sarebbero stati individuati particolari principi attivi noti come annonacee acetogenine, protagoniste delle proprietà biologiche di questa pianta.
Gli incoraggianti risultati osservati hanno portato in breve tempo ad una florida sperimentazione che conta ad oggi più di 600 studi con ottimi risultati e che purtroppo non è stata affiancata da un altrettanto valido utilizzo in ambito clinico.
Risale al 1976 uno studio effettuato su 20 test di laboratorio indipendenti che avrebbero dimostrato che la Graviola è un fenomenale killer del cancro. Peccato che su questo tipo di analisi, limitata, non è mai stato affiancato nessun altro tipo di test e non è stato mai avviato uno studio randomizzato. Uno studio pubblicato sul Journal of Natural Products, a seguito di analoga ricerca condotta dall’Università Cattolica della Corea del Sud ha dichiarato che la Graviola è in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali del colon con una potenza 10.000 superiore al farmaco chemioterapico comunemente usato come la Adriamicina.
La relazione dell’Università Cattolica della Corea del Sud afferma che la Graviola ha dimostrato di mirare selettivamente le cellule tumorali, lasciando intatte le cellule sane, a differenza della chemioterapia, che mira indiscriminatamente a tutte le cellule che attivamente si riproducono e che causa gli effetti collaterali spesso devastanti di nausea e perdita dei capelli nei pazienti oncologici.
Uno studio della Purdue University di Lafayette (negli Stati Uniti) ha recentemente provato che le foglie della Graviola uccidono le cellule cancerogene tra sei linee di cellule umane e sono particolarmente efficaci contro i tumori della prostata, del pancreas e del polmone. Il Sour Sop (questo il suo nome in inglese) noto in Italia come il frutto della Graviola è dunque un rimedio miracoloso (e naturale) per debellare le cellule del cancro, 10.000 volte più forte rispetto alla chemioterapia.
Test di laboratorio effettuati fin dal 1970 hanno evidenziato la sua efficacia nel colpire e uccidere le cellule maligne in 12 tipi di cancro, tra cui quello del colon, del seno, della prostata, del polmone e del pancreas, ed è fino a 10.000 volte più forte nel rallentare la crescita delle cellule tumorali rispetto all’ Adriamicina, un farmaco chemioterapico comunemente usato nella cura del cancro. A differenza della chemioterapia, il composto estratto dall’ albero di Graviola uccide solo le cellule tumorali senza danneggiare le cellule sane.
Una major farmaceutica americana ha investito quindi quasi sette anni a cercare di sintetizzare due ingredienti della Graviola anti cancro. Ma non è stato possibile sintetizzare in alcun modo i principi attivi della Graviola contro il cancro. L’originale semplicemente non poteva essere replicato. Non c’era modo con cui la società farmaceutica in questione avesse potuto proteggere i propri interessi, e riavere il denaro investito nella ricerca. Questa società farmaceutica abbandonò quindi il progetto e decise di non pubblicare i risultati della sua ricerca. Ma uno scienziato del team portò alla luce quanto scoperto. Rischiando la sua carriera, contattò una società dedita alla raccolta delle piante medicinali della foresta pluviale amazzonica e denunciò la cosa scatenando roventi polemiche.
Il National Cancer Institute ha eseguito la prima ricerca scientifica nel 1976. I risultati hanno dimostrato che le foglie e gli steli della Graviola sono stati trovati efficaci per attaccare e distruggere le cellule maligne. Inspiegabilmente, i risultati sono stati pubblicati in un rapporto interno, ma mai rilasciato al pubblico.
Il dibattito è aperto. La pianta ha davvero questi effetti e le grandi industrie farmaceutiche non hanno avuto interesse a proseguire gli studi e hanno lasciato morire i malati di cancro oppure è solo l’ennesimo ritrovato miracoloso che poi applicandolo risulta inefficace o anche dannoso?
Dopo studi scientifici, effettuati all’Istituto degli Oceani dell’Università dell’Australia Occidentale, arrivano le mute che renderanno il surfista “invisibile” allo squalo. Si è infatti scoperto che gli squali sono daltonici e la muta Elude è disegnata proprio per mimetizzare il surfista tra le onde. Al contrario la muta Diverter porta vivide strisce bianche e blu scuro, che riproducono segni naturali di avvertimento, metteranno in fuga il predatore. Gli squali infatti riconoscono i segnali lanciati da alcune specie che riconoscono come “nocive” e si allontanano velocemente. Come ha spiegato il professor Shaun Collin,responsabile del progetto: «Noi abbiamo copiato la tecnologia della natura, basata su strisce di forte contrasto. Chi indossa la muta sarà ben visibile, e l’idea è quella che lo squalo lo vedrà come cibo sgradito e continuerà per la sua strada». Le mute sono ora sottoposte a sperimentazioni con squali tigre e grandi squali bianchi, sia in mari australiani sia in Sudafrica, ma non ancora con soggetti umani.
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