Isabella Internò, ex fidanzata di Donato Bergamini, intervistata dalla Stampa dopo la riapertura dell’inchiesta da parte della procura di Castrovillari che la accusa di concorso in omicidio afferma ”Denis si è suicidato, nessuno potrà cambiare la verità di quello che ho visto 24 anni fa. Denis si e’ tolto la vita. Ora, però, dopo un indegno accanimento contro di me e la mia famiglia, potro’ difendermi in un processo: tirerò fuori gli artigli”.
Che bisogno c’è di tirare fuori gli artigli se si è innocenti? La giustizia è lì proprio per far chiarezza sulle responsabilità di ognuno… abbiamo perso la fiducia nella magistratura? Quindi perché mostrare un apparato delo stato predisposto per la tutela dei cittadini come un nemico pubblico? Da cosa difendersi se si è innocenti?
”E’ come essere colpiti da un fulmine – spiega – Non credevo che l’inchiesta avesse questo approdo. Ma sono contenta: mi difenderò dalle accuse ingiuste che mi sono state rivolte in questi mesi. Al processo spiegherò tutto. Ma oggi, come 24 anni fa, ribadisco ciò che ho visto: Denis si è ammazzato. L’ho detto all’epoca, quando avevo 19 anni, l’ho ribadito un anno fa ai magistrati di Castrovillari, quando sono stata ascoltata dopo la riapertura delle indagini, e lo ripeterò. Fu un suicidio e la verità non può essere modificata dal passare degli anni”.
Vendette private? Costi troppo alti? La Rai parla solo di termine del contratto con Minoli… Pd e Pdl chiedono spiegazioni, ma sembra che hai piani alti c’è chi vuole invece portare la tv di Stato verso una tv d’intrattenimento spicciolo e certi programmi non trovano spazio in un palinsesto sempre più volto a fare concorrenza alla tv commerciale e sempre meno servizio pubblico.
Luigi Gubitosi, il direttore generale Rai, spiega in questi termini la decisione della Rai: ”La Storia siamo noi non chiude. Termina semplicemente il contratto con Giovanni Minoli che era andato già in pensione tre anni fa ed aveva avuto un contratto triennale per i 150 anni dell’Unità d’Italia che scade il 31 maggio. Il format della Storia siamo noi è della Rai, era stato ideato da Renato Parascandolo, poi gestito da Minoli per una fase che adesso si chiude”, ha aggiunto Gubitosi, che non esclude collaborazioni future con lo stesso Minoli. Termine molto elegante per dare un ben servito?
Il Pd e il Pdl si mobilitano. Michele Anzaldi e Andrea Marcucci, parlamentari del Pd, hanno immediatamente protestato ”Secondo quanto riportato sulla stampa – spiegano i parlamentari – la direzione generale della Rai ritiene un’esperienza finita la trasmissione condotta da piu’ di dieci anni da Gianni Minoli. Non c’è stata, però, nessuna comunicazione ufficiale e nessuna trasparenza. E’ difficile pensare che la tv pubblica, pagata con i soldi dei contribuenti, possa cancellare dalla sera alla mattina un appuntamento cosi’ caratterizzante per il servizio pubblico, popolare tra i telespettatori ben oltre gli appassionati del racconto della storia in televisione, senza che ci sia la dovuta chiarezza. L’azienda renda pubbliche le motivazioni alla base di una scelta del genere in modo da poter verificare tutte le opzioni. Prima di arrivare alla chiusura possono essere valutate altre strade, come la riduzione dei costi o l’utilizzo di risorse interne, tenendo comunque conto che la quota maggioritaria di finanziamento della Rai è il canone. ‘La storia siamo noi’ rappresenta un patrimonio del servizio pubblico, merita perlomeno una riflessione approfondita prima di arrivare all’esclusione dai palinsesti”.
“Sono incomprensibili le ragioni per le quali la Rai ha deciso di cancellare, dopo ben 12 anni, una delle sue trasmissioni piu’ importanti e autorevoli, ‘La storia siamo noi’ di Gianni Minoli”, avevano invece dichiarato in una nota stampa congiunta le deputate del Pdl, Mariastella Gelmini e Stefania Prestigiacomo. “Si tratta infatti di un programma di cultura e storia, di grande interesse e qualita’ che ha ricevuto negli anni innumerevoli premi e riconoscimenti a livello internazionale per la meticolosa e approfondita ricostruzione dei fatti trattati, programma realizzato peraltro a costi bassissimi, che risponde pienamente agli obiettivi, alla missione e al ruolo del servizio pubblico. Abbiamo presentato, insieme ai parlamentari Dario Nardella e Paolo Gentiloni, un’interrogazione al governo per conoscere i motivi di tale decisione che riteniamo essere una grave perdita per la Rai e i suoi telespettatori e per chiedere, dunque, che ‘La storia siamo noi’ non sia eliminata dal palinsesto”.
Chi ricorda la vicenda di Denis Bergamini, il calciatore del Cosenza morto il 18 novembre 1989 investito da un camion?
Lo hanno probabilmente “suicidato”. Ucciso da due killer che lo hanno prelevato all’uscita del cinema Garden di Rende per assassinarlo poi con coltellate alle parti basse? Il caso di Donato “Denis” Bergamini, il calciatore ‘suicidato’ a 27 anni, era stato riaperto due anni fa proprio dalla procura di Castrovillari grazie alla strenua lotta della famiglia del giovane di Boccaleone di Argenta che non si è mai rassegnata alle affrettate conclusioni della prima inchiesta. Tutto si basava sulla testimonianza oculare dell’allora ex fidanzata del calciatore che avrebbe raccontato la volontà di Bergamini di suicidarsi. Ma troppi piccoli dettagli nella vicenda del calciatore non sono mai stati chiariti. Come il racconto del conducente del camion sotto cui si sarebbe gettato Bergamini, Raffaele Pisano, che dichiarò alla magistratura di essere partito da Rosarno, che dista circa 224 chilometri dal presunto luogo dell’incidente a Roseto Capo Spulico. Tra i dati inseriti figurano 177 chilometri percorsi, non figura la targa del veicolo e soprattutto nella trascrizione della data “18/11/89”, le cifre indicanti il giorno e il mese appaiono scritte con diverse grafie.
Oggi è stata formalmente accusa di concorso in omicidio Isabella Internò e si attendono i nomi degli altri indagati.
Tre anni fa a Grasse, morì, Daniele Franceschi, 36enne, detenuto nel carcere della Costa Azzurra. Molti dubbi ancora aleggiano intorno a questa morte, mentre ne avviene una seconda. Il carcere è sempre lo stesso e il condannato è sempre italiano.
“Attacco di cuore? Era giovane e sano. E mi domando se, in caso di malore, sia stato assistito a dovere”, dice Giancarlo, padre di Claudio Faraldi, il ventinovenne di Ventimiglia morto mercoledì scorso a Grasse solleva dubbi sul malore improvviso che ha causato, secondo le fonti ufficiali, la morte del giovane italiano.
Le autorità diplomatiche italiane hanno chiesto di essere tempestivamente informate sull’esito dell’esame autoptico e sull’evoluzione delle indagini che le autorità francesi hanno disposto con l’apertura di un’inchiesta. Claudio Faraldi stava scontando cinque anni per una rapina compiuta nel 2011 in in Costa Azzurra e si trovava nel carcere francese da sei mesi. Claudio aveva un passato di tossicodipendenza ed era anche stato ospite della comunità di San Patrignano da dove però fuggì dopo pochi mesi. “Voglio assolutamente vedere mio figlio prima dell’autopsia che verrà compiuta il 16 maggio”, dice il padre di Claudio, che alcuni anni fa aveva perso la figlia Stephanie.
Cira Antignano, madre di Daniele Franceschi sostiene però i dubbi della famiglia Faraldi. Lei è convinta che il suo Daniele sia stato picchiato e che non sia stato un semplice malore a causare la morte. Secondo la donna i Faraldo “devono battagliare come ho fatto io fino ad oggi e si devono imporre per vedere il figlio prima che facciano l’autopsia non come è avvenuto per Daniele – dice Cira Antignano -: quando avevano fatto tutto me lo hanno mostrato avvolto in un telo senza che potesse essere fatta chiarezza fino ad oggi della sua morte. Anche per Claudio, come per Daniele, attribuiscono la morte a problemi cardiaci, mi sembrano versioni che non stanno in piedi. Sono vicina a questa famiglia, perché comprendo il loro dolore e mi unisco anche a loro e agli altri che vogliono giustizia, perché dobbiamo far sentire forte la nostra voce”
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