Ha parlato agli azionisti bianconeri ieri Andrea Agnelli e, tra i tanti temi toccati, anche la situazione della squadra. “Dobbiamo scegliere se vogliamo giocare delle belle partite oppure vincere la Champions League”. Il presidente ha chiesto ai suoi di essere “meno ingenui e più cinici, perché a livello europeo certe ingenuità si pagano care. Vedi il Real, una partita che potevamo portare a casa”. L’eventuale mancato accesso agli ottavi di Champions non sarebbe vissuto come un dramma: “Abbiamo considerato questo scenario. L’Europa League rappresenterebbe comunque un’opzione importante (soprattutto quella di giocare la finale 2013-14 in casa, allo Juventus Stadium; ndr). Gli investimenti del nostro piano quinquennale, comunque, non cambierebbero”. Oggi è Antonio Conte a rispondere tirandosene fuori: “Agnelli ha voluto dare un segnale a tutti, nessuno escluso. Ma io non mi sento assolutamente toccato dal suo discorso”. E spiega: “Agnelli ha parlato a tutti, ma c’è chi sta facendo girare la macchina a tremila anche quest’anno”. Del resto: “E’ da agosto che ribadisco che vincere sarà molto difficile, perché dopo due anni vincenti subentrano situazioni psicologiche inconsce e magari capita di dare qualcosa per scontato. Sono contento di aver anticipato quello che ieri ha rimarcato Agnelli. Gridare ‘al lupo, al lupo’ già da qualche mese ha permesso alla squadra di iniziare un percorso importante”. La questione quindi, è se davvero sia giusto vincere anche a costo di giocar male. “No, le sue parole non sono state interpretate correttamente. Agnelli voleva dire che preferisce giocare male e vincere una partita importante, come quella di Madrid, piuttosto che uscire tra gli applausi ma da perdenti. Io non trovo altra via per vincere se non quella di giocare bene. Non può che essere questo il nostro motto, la nostra filosofia. Noi miriamo in alto, alla vittoria finale. E per arrivarci non si può proprio prescindere dal bel gioco”. Il ct chiama in causa anche i tifosi che devono “ritrovare l’entusiasmo che avevano al mio primo anno, quando la squadra veniva da due settimi posti”. Per ritrovare se stessa, la Juve ha prima bisogno di recuperare il suo dodicesimo uomo: “Oggi siamo tornati un po’ a teatro. Serve quella verve, quella fame, quell’entusiasmo che avevamo quando gli undici giocatori in campo e il pubblico sugli spalti assalivano gli avversari”. E se ieri Beppe Marotta aveva dichiarato che separarsi da Conte “sarebbe da folli”, l’allenatore punta il dito contro quella critica che “prova a destabilizzarci sostenendo che io sia ai ferri corti con il direttore o con la società. Qualcuno prova a sfasciare tutto. Non si vuole che la Juve vinca ancora”. E insiste: “Abbiamo creato una piccola macchina da guerra che ha vinto quattro trofei abbattendo pure i costi – prosegue il tecnico bianconero -. Abbiamo conquistato quasi tutte le competizioni alla quali abbiamo partecipato. Fare di più, secondo me, era impossibile. La Juve ha ritrovato grande appeal internazionale, ma sappiamo che nel calcio quello che si fa non basta mai”.
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