Il fotoreporter Mattia Cacciatori rischia il processo in Turchia

mattia-cacciatori-turchia-tuttacronacaIl fotoreporter italiano Mattia Cacciatori era stato arrestato a Istanbul il 6 luglio e trattenuto due giorni. Ora è lui stesso, dopo essere stato informato da un collega turco, a comunicare che i giudici turchi intendono rinviarlo a processo. Su Cacciatori grava l’accusa di aver partecipato a una marcia non autorizzata, filmando i manifestanti in piazza Taksim. E’ stato lui stesso a dichiarare: “Stavo facendo solo il mio lavoro e i magistrati hanno violato un principio democratico”. Il video che segue è un’intervista che risale a dopo il rilascio.

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Turchia: il giorno dei garofani rossi

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Un altro giorno di protesta pacifica in Piazza Taksim a Istanbul, dove in migliaia sono scesi in strada portando dei garofani rossi a una settimana dall’assalto da parte delle forze antisommossa di Gezi Park. La risposta della polizia è stata di lasciare 20 minuti di tempo ai manifestanti per lasciare la piazza, trascorsi i quali hanno hanno iniziato ad usare gli idranti. Lancio di garofani ma non solo da parte di chi protesta: in serata in migliaia hanno iniziato a “suonare” con pentole e clacson. Nel frattempo altri 31 manifestanti sono stati incriminati a Istanbul e Ankara con l’accusa di avere organizzato manifestazioni antigovernative e provocato violenze: sale così a più di 100 il numero delle persone prelevate in case e uffici e finite in manette. I servizi segreti del Mit hanno iniziato inoltre a indagare su presunti ‘collegamenti esteri’ del movimento di protesta delle ultime tre settimane, che invece viene ritenuto spontaneo dalla maggior parte degli osservatori. Scontri invece ad Ankara dove gli agenti hanno utilizzato gas lacrimogeni e idranti.

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Fuoriprogramma a Istanbul: la ragazza che balla in bikini tra i manifestanti

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Fuoriprogramma oggi a Istanbul, in piazza Taksim dove, mentre continua la protesta non violenta de “L’uomo in piedi”, #standingman, contro il premier Erdogan, una ragazza ha stupito i presenti suscitando curiosità mista a irritazione presentandosi in bikini e iniziando a ballare. La ragazza, che ha detto di chiamarsi Mine Dost e di esser tedesca, con le cuffie nelle orecchie catalizzando su di sè l’attenzione.

E se gli uomini osservavano con attenzione la danza applaudendo l’esecuzione, altri l’hanno criticata bollandola come esibizionista. In particolar modo, la ragazza è stata redarguita da una donna velata. La Dost si è poi rivestita e allontana, accompagnata da due poliziotti. Stando alle sue dichiarazioni, la dottoressa voleva “far riflettere” con la sua danza. Ha poi aggiunto che “la libertà deve arrivare in Turchia”. Quando tutto è tornato alla normalità, la protesta ha ricominciato a svolgersi regolarmente.

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#standingman: nuova forma di protesta in Turchia

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Ha cambiato volto la protesta in Truchia. Dopo gli scontri, ieri Piazza Taksim e le strade di Istanbul sono state caratterizzate dall’immobilità. Alcuni manifestanti sono rimasti immobili, in piedi, senza parlare. Dopo i primi che si sono paralizzati, in molti li hanno imitati, restando fermi sul posto fino a tarda sera, quando ormai erano una folla. La polizia, inizialmente, si è avvicinata ai dimostranti silenziosi e li ha perquisiti mentre loro restavano immobili. Alcuni sono stati fermati e subito dopo rilasciati. Con il passare del tempo, gli agenti si sono limitati a osservare a distanza, senza intervenire. Immediata la risposta delle rete dove hanno iniziato a circolare le foto dell’iniziativa e su Twitter è apparso un hashtag coniato per l’occasione: #standingman (“uomo in piedi” in inglese).

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A Istanbul ferito e fermato dalla polizia un fotografo italiano

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Stanno confluendo in decine di migliaia nel centro di Istanbul, per due raduni previsti nel pomeriggio, uno pro, l’altro anti Erdogan che fanno temere possibili nuovi, gravi incidenti. Anche la scorsa notte si è risolta in violenza e caos, dopo il brutale assalto della polizia ieri sera al Gezi Park di Taksim ordinato da Erdogan e oggi in molti stanno arrivando anche dalla sponda asiatica attraverso il Ponte sul Bosforo per protestare contro il blitz delle forze antisommossa. L’accusa dei manifestanti, oltre per la brutalità dimostrata dalla polizia, è per il fatto che siano stati attaccati indiscriminatamente anche donne e bambini. Nel frattempo, la Piattaforma Taksim, che riunisce i 116 movimenti di protesta, ha accusato Erdogan di aver trasformato il Paese “in una zona di guerra”: “continueremo e nessuno potrà fermarci”. Diversi medici hanno ipotizzato la presenza di agenti chimici nell’acqua degli idranti della polizia, che ha causato piaghe ai manifestanti.

Ma la polizia turca ha aperto anche la caccia ai giornalisti e diversi cronisti sono stati picchiati o arrestati. Sul sito di Rsf Europa sono state diffuse fra l’altro le immagini dell’arresto del giornalista turco Gokhan Bicic, fermato e buttato a terra da quattro agenti. Dalle finestre la gente ha urlato ai poliziotti di lasciarlo stare, poi ha iniziato a buttare oggetti di ogni tipo sugli agenti, che lo hanno comunque trascinato via. Anche un fotografo italiano, Daniele Stefanini, è stato ferito e fermato durante gli incidenti accorsi la notte scorsa, come hanno indicato fonti dell’ambasciata d’Italia in Turchia. Il 28enne è stato ferito nel quartiere di Bayrampasha, dove un avvocato l’ha poi soccorso e trasportato in ospedale. Il fotografo, messo in stato di fermo dalla polizia, è assistito dalle autorità consolari italiane .

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Prima l’ultimatum, poi le ruspe a Gezi Park

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Il premier Recep Tayyip Erdogan aveva lanciato un ultimatum ai giovani che a centinaia occupano Gezi Park intimando loro di andarsene, dopo di che la polizia turca è scesa in Piazza Taksim a Instanbul con cannoni ad acqua e gas lacrimogeni contro diverse centinaia di persone riunite sulla piazza per solidarietà con gli occupanti del parco. Nel frattempo, all’interno dell’area verde, le ruspe delle forze dell’ordine hanno iniziato a distruggere la tendopoli, conosciuta anche come città della libertà, eretta dai manifestanti. Ai giornalisti è stato negato l’accesso alla zona.  I giovani avevano infatti deciso di restare, annunciando anzi una nuova mobilitazione in tutto il paese “contro ogni ingiustizia”. La scorsa notte, inoltre, ci sono stati nuovi scontri a Ankara, dove la polizia ha disperso brutalmente nella zona di Tunali una manifestazione pacifica, usando i gas lacrimogeni arrestando, secondo i manifestanti, 50 persone. Per domani è previsto il secondo maxi-raduno, dopo il primo tenutosi oggi, del partito islamico Akp di Erdogan, in appoggio al premier mentre in diverse città sono state annunciate diverse manifestazioni in opposizione al leader. Dall’inizio della protesta tre giovani manifestanti sono stati uccisi, 5mila feriti, 50 sono gravi, 11 hanno perso la vista.

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Ceyda Sugar, la “donna in rosso” simbolo della protesta in Turchia

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La rivolta in Turchia ha un nuovo simbolo, la “donna in rosso”, inondata con spray urticante da parte della polizia a Piazza Taksim. La foto della giovane ha fatto il giro del mondo e ora il Dayli Mail ha pubblicato la sua foto e reso noto il suo nome: Ceyda Sugar. Le immagini sono l’ennesima testimonianza della durezza usata dalle forze dell’ordine turche contro i manifestanti. I primi a rintracciare la giovane, che tutti gli organi di stampa avevano cercato di contattare, sono stati i giornalisti dell’emittente turca TV 24, che l’hanno intervistata.  è riuscita a rintracciarla e intervistarla. Ma a Ceyda non interessa passare alla storia come un simbolo, come lei stessa ha dichiarato, non si sente “a suo agio nei panni dell’icona del movimento”: “In quel parco c’era tanta gente che veniva colpita e tra me e loro non c’è alcuna differenza”.

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Rotta la tregua in Turchia: nuovi scontri

 

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Dopo due giorni di tregua apparente, nella notte sono ripresi gli scontri in Turchia, dove gli agenti anti-sommossa hanno disperso con la forza, usando lacrimogeni e cannoni ad acqua, una manifestazione pacifica di circa 10 mila oppositori a Kizilay, nel cuore di Ankara. Diverse le persone ferite mentre la polizia ha effettuato anche svariati arresti. Questo è avvenuto dopo che ieri pomeriggio il partito islamico Akp, alla cui guida siede Erdogan, dopo un vertice di crisi con il premier svoltosi a Istanbul, aveva affermato che il governo aveva la situazione “sotto controllo”. Ma gli scontri si sono registrati anche a Smirne, Adana e nel quartiere alawita di Gazi a Istanbul, mentre non si sono verificati invece incidenti a Piazza Taksim. La protesta continua anche a mezzo stampa, dove si denuncia la presenza, accanto alla polizia in uniforme, di uomini in civili armati di bastoni. Migliaia di militanti del partito di governo dovrebbero accogliere oggi Erdogan all’aeroporto di Ankara mentre sono state previste, dal partito islamico, due manifestazioni di massa di appoggio al premier e di sfida agli oppositori per sabato e domenica prossimi a Ankara e Istanbul. Nel frattempo anche il premier Erdogan ha voluto mandare un messaggio ai suoi elettori, come riposta Al Arabiya: “Mancano sette mesi alle elezioni locali. Voglio che diate a questa gente una prima lezione con un voto democratico alle urne”.

Turchia: l’altra faccia del Gezi Park

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 La rivolta partita dal Gezi Park ora ha anche una “parola d’ordine”: il termine chapulling che già è diventato il simbolo della protesta. L’espressione è nata rovesciando il suo significato iniziale, quello per cui il premier Tayyip Erdoğan lo ha utilizzato nei confronti dei manifestanti: in turco, “çapulcu” (pronunciato: ciapulgiu) significa saccheggiatore, vandalo. Ma il movimento ha fatto suo il termine rivoltandolo con le armi dell’ironia e del paradosso: in inglese, chapuller è diventato sinonimo di combattente per i diritti e la giustizia, trasformandosi in una delle parole più usate (e più cercate) sul web con tanto di star internazionali come Patti Smith e Noam Chomsky fotografati accanto allo slogan “Se i ragazzi di Taksim sono chapuller, siamo tutti chapuller”. Ma l’ironia viaggia sul web anche sotto forma di vignette.

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 Ma la protesta ha anche un altro volto, quello che si vede quando la polizia non spara lacrimogeni o gas urticanti. Allora i ragazzi leggono, ballano e dipingono, mostrano una piazza “liberata e restituita ai cittadini” sove si cerca di rialzare la testa dopo anni di pressione sociale e marginalità politica. E’ da quando le forze dell’ordine si sono ritirate che i ragazzi di “Occupy Istanbul” hanno trasformato Taksim in un enorme quartier generale a cielo aperto, insediandosi pacificamente al parco Gezi, diventato una sorta di zona-franca in cui, dicono, “deve esserci rispetto per tutti i punti di vista, anche quelli religiosi”. E allora via libera alla creatività e all’aggregazione e allo spirito di comunità. Si legge ma ci si impegna anche per mantenere la piazza pulita e in ordine, mettendo in piedi un vero e proprio servizio con turni spontanei, prima per raccogliere le macerie degli scontri e poi i rifiuti prodotti dall’occupazione. In tutto questo, Gezi Park è diventato il luogo dove esprimersi, in ogni forma.

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Il cane della rivolta Turca: Sunglasses Motorcycle Dog

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Ogni protesta deve avere il suo simbolo… in Turchia arriva quindi Sunglasses Motorcycle Dog ovvero “il cane motociclista con gli occhiali da sole”. Quasi una mascotte che sta invadendo il web il cane definito ‘hipster’ per via degli occhiali da sole e il collare che indossa, colpisce per la sua fedeltà al padrone. Dorme in terra e fa da “cuscino” al proprietario poi sale sul motorino pronto a ricominciare la protesta e non disdegna mai un obiettivo.  Il primo a notare questo bizzarro manifestante è stato Stoyan Nenov, un fotografo di Reuters che domenica scorsa ha immortalato il cane sulla motocicletta nei dintorni di Piazza Taksim e ha diffuso la foto.

Intanto si registra anche la prima vittima tra le forze dell’ordine. E’ morto in ospedale un poliziotto turco che era rimasto gravemente ferito cadendo da un ponte mentre inseguiva un gruppo di manifestanti.

Mentre nella notte erano state arrestate 24 persone a Smirne  accusate di avere “incitato ai disordini e fatto propaganda”, pubblicando dei tweet di sostegno alle proteste.

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Arrivano le prime ammissioni sulle vittime degli scontri turchi

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Le rivolte in Turchia ormai vanno avanti da giorni e stanno, come un’epidemia, montando di città in città. Nell’ultima notte i manifestanti hanno protestato ad Ankara dove sono stati dati alle fiamme alcuni uffici del partito islamico Akp, la forza politica che ha permesso a  Tayyip Erdogan, di diventare premier. Nella notte si è reso necessario anche isolare le strade intorno agli uffici del primo ministro e sono stati lanciati alcuni lacrimogeni dalla polizia per far indietreggiare i manifestanti che si stavano avvicinando al palazzo.

Arrivano anche le prime ammissioni sulle vittime degli scontri. In particolare è stata diffusa la notizia della morte di un giovane ferito da un colpo d’arma da fuoco alla testa ad Ankara.

Non si placa ancora la rivolta in Turchia, che entra ormai nel quarto giorno: nella notte tra il 2 e il 3, la protesta si è trasferita da Istanbul alla capitale Ankara dove i manifestanti hanno dato fuoco ad alcuni uffici del partito islamico Akp del premier Tayyip Erdogan. Sempre nella notte, le strade intorno all’ufficio del primo ministro sono state isolate mentre i poliziotti hanno usato gas lacrimogeni per respingere l’avanzata dei manifestanti.. Lo ha riferito il segretario generale della Fondazione turca per i diritti umani, Metin Bakkalci, da Ankara. «Il giovane si chiama Ethem Sarisuluk ed è stato raggiunto da un colpo di pistola alla testa. Si trova in stato agonizzante e i medici hanno dichiarato la sua morte cerebrale», ha spiegato Bakkalci.

Nelle prime ore dell’alba di lunedì ad Ankara la protesta sembra che sia stata sedata, almeno al momento non si registrano scontri. Invece, è notizia delle ultime ore, che gli scontri si sono spostati a Smirne (Izmir), città nel centro-occidentale della Turchia.

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Qui i manifestanti hanno lanciato molotov contro le sedi del partito Akp. Intanto a Instabul sono state danneggiate fermate dei bus e segnali stradali.

Erdogan contro Twitter: “una minaccia per la società”

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Cosa sta succedendo in Turchia? Forse gli italiani dovrebbero prestare la massima attenzione alle tensioni turche perché, con le debite differenze, quei temi ci possono domani riguardare da vicino. C’è una politica che per non modificare se stessa sta tentando di modificare le regole del viver civile, imponendole con la violenza. Sullo sfondo c’è la religione, un potere forte che vuole imporsi su quello laico. Un potere quello religioso amministrato spesso da chi ha anche molte risorse finanziarie da poter impiegare per far attuare le proprie politiche facendosi scudo della religione e del credo. E se in Italia, torna alla ribalta il problema dell’aborto, che dovrebbe essere un diritto ormai consolidato, in Turchia il problema sono i precetti legati all’islamismo. In realtà dietro a ogni lotta si cela la volontà di “sottomettere” dei gruppi… in Turchia i laici, in Italia le donne e il loro diritto di scelta. Il premier Recep Tayyip Erdogan oggi ha definito Facebook e Twitter una “una minaccia per la società”, in Italia c’è chi ancora si intestardisce a dire che non si può fare politica in rete… effettivamente non si può fare se bisogna mantenere alcuni privilegi!

Ma di cosa ha paura il premier Recep Tayyip Erdogan? Delle testimonianze, come quella di Ajda, studentessa di Istanbul, di 22 anni, che sono due giorni che occupa il parco Gezi e racconta così la sua verità:

“Si è sparsa la voce su Internet e hanno chiesto a chiunque tenesse al parco di Gezi di venire a fermarne e protestarne la demolizione. Ma alcuni sostenitori del governo hanno dato false notizie, creando il caos.”

La minaccia era un enorme palazzo simile ai vecchi palazzi militari che esistevano più di 100 anni fa e ancora una volta Ajda spiega che:

“Lo fanno solo per ragioni economiche, il loro è un ego spropositato. Stanno facendo lo stesso nel Bosforo dove vogliono costruire un terzo ponte e stanno abbattendo centinaia di alberi. Le loro idee di destra hanno davvero disgustato i giovani”

Ma non avevano detto motivi religiosi?

“Ma non è per etica religiosa. Se avessero un po’ di fede, non si comporterebbero come hanno fatto in questi due giorni. Vogliono farci apparire come violenti, come se non avessimo ragioni per protestare ma lo facessimo tanto per farlo. Ho visto dei poliziotti in borghese che distribuivano alcol a gruppi di manifestanti per farli ubriacare e confonderli. I media non raccontano la verità. Ma io ho visto con i miei occhi e sentito di persona la brutalità della polizia, non hanno pietà. Molti di noi sono feriti. Io ho sentito poliziotti che urlavano al conducente del veicolo ‘vai avanti, uccidili, uccidili!’ Sembra un videogame della playstation. Hanno ucciso una ragazza passandole sopra con un carrarmato. Ma questo i media non lo dicono. Basta vedere le immagini sui social network, è tutto lì, ma l’informazione cambia le cose, non ne parla””, conclude Ajda.

Ma insieme ai giovani ci sono anche i professori, quelli come l’insegnante Cansu:

“Non è umano quello che sta succedendo qui. Usano il gas delle bombe chimiche che provoca una sensazione simile al soffocamento per un’ora, un’ora e mezza. In tutto il resto del mondo questo tipo di armi è proibito”.

Per i regimi internet è davvero una minaccia? E come inizia la delegittimazione del mezzo di comunicazione? Forse avviene con le continue pressioni che vengono fatte ai bloggers o le perquisizioni negli appartamenti di chi posta una foto di pessimo gusto? Il cattivo gusto è un reato?

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In Turchia i morti diventano fantasmi?

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I morti in Turchia diventano fantasmi? Secondo Amnesty International negli scontri di ieri ci sarebbero stati almeno due morti ad Istanbul ma il bilancio ufficiale degli scontri, secondo il ministro degli interni Muammer Guler, è invece di 79 feriti, 53 civili e 26 agenti.  Dove sono i morti?

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Anche oggi la tensione è molto alta, sono state erette anche delle barricate da parte  dei manifestanti a piazza Taksim.

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Ma negli uffici del potere sembra che la situazione sia calma, restano solo gli agenti in tenuta anti-sommossa. Prima o poi il governo confermerà o smentirà le vittime di ieri?

Il pugno di ferro della polizia turca: mille feriti a Istanbul

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Sono state decine di migliaia le persone scese in piazza a Istanbul oggi, per quella che era iniziata come una protesta per opporsi all’edificazione di un centro commerciale e di un complesso residenziale che prevede la la distruzione di un parco, unico polmone verde rimasto in città ma che si è trasformata in una rivolta contro l’autoritarismo di Recep Tayyip Erdogan. Quello che si denuncia è la politica autoritaria e il progetto di “re-islamizzazione” del Paese del premier turco. Si è inizato all’alba a combattere, con i reparti anti-sommossa che hanno preso d’assalto, muniti di manganelli, lacrimogeni, cannoni ad acqua, spray urticanti, i giovani che presidiavano il Gezi Park, per impedire alle ruspe di sradicare i 600 alberi del parco. Da là la protesta si è allargata tentacolarmente e la guerra urbana è durata fino al pomeriggio. Le fonti mediche parlano di circa un migliaio di feriti, anche se il governo parla di appena 79 persone. Ci sarebbero anche quattro morti, accecati dai lacrimogeni. Tra le persone soccorse anche un deputato curdo, colpito da un candelotto lacrimogeno che era stato sparato a livello d’uomo, e anche tre cronisti.

In mezzo alla nuvola grigia, con lacrimogeni che, stando ad alcuni testimoni, venivano lanciati anche dagli elicotteri, si alzavano cori anti-Erdogan, quali “fermiamo il fascismo!”, “governo dimissioni!”. Secondo alcuni testimoni lacrimogeni sono piovuti anche dagli elicotteri. E mentre agli italiani presenti è stato diramato l’avviso di restare in albergo, in piazza sono scesi anche gli attivisti del principale partito di opposizione, il Chp, per protestare contro il giro di vite contro l’alcol che il governo ha imposto, altro segno potente dell’intento di re-islamizzazione. In tutto questo, Muammer Guler, ministro degli Interni, ha riferito dell’arresto di 939 persone in oltre 90 manifestazioni scoppiate in tutto il Paese. Perchè la protesta ormai sta invedendo il Paese. E se ieri Erdogan aveva avvisato che, qualsiasi cosa fosse accaduta, il destino del parco era segnato aggiungendo un “non cederemo”, il capo dello Stato, Abdullah Gul. Ha chiesto “moderazione”, denunciato un livello di scontro “inquietante”. Subito dopo la telefonata al premier, alla quale ha fatto seguito il ritiro della polizia. Erdogan ha anche dovuto ammettere “eccessi” e “errori” della polizia. Una volta liberate le strade dalle forze dell’ordine, Taksim è stata invasa da decine di migliaia di manifestanti in festa per la “vittoria” sul premier. Molti artisti e intellettuali si sono schierati con la protesta, denunciando il sistema autoritario di potere del “sultano” Erdogan. Il capo dell’opposizione, Kemal Kilcdaroglu, lo ha accusato di comportarsi come un dittatore chiedendone le dimissioni. Il 2014, l’anno di tutte le elezioni in Turchia – locali, presidenziali e politiche – è alle porte.

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Scontri a Istambul: le proteste si allargano in Turchia

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Continuano gli scontri nel centro di Istanbul, dopo che la guerriglia urbana di ieri, che ha visto contrapposti manifestanti e forze di polizia e il cui bilancio è di decine di feriti, alcuni con fratture multiple. Se la protesta era iniziata per preservare la zona verde della città, il Gezi Park, ora si sta rapidamente trasformando in un movimento di contestazione del governo del partito islamico Akp, alla cui guida c’è il premier Recep Tayyip Erdogan. Anche questa mattina la polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni, lanciandoli quando centinaia di manifestanti hanno sfilato sul primo ponte sul Bosforo. Nel frattempo la rivolta si allarga e, come riporta il sito web della Bbc, anche ad Ankara i manifestanti hanno provato a raggiungere il Parlamento. L’atteggiamento del governo, con il suo uso eccessivo della forza, è stato immediatamente denunciato da Amnesty International, che ha anche affermato che “l’utilizzo di gas lacrimogeni contro manifestanti pacifici in uno spazio ridotto dove possono comportare un serio rischio per la salute è inaccettabile e viola gli standard internazionali dei diritti umani”, concludendo: “deve essere fermato immediatamente”. L’associazione ha quindi chiesto una inchiesta sul comportamento delle forze di polizia a Gezi Park. Ma anche l’Unione europea e gli Usa hanno espresso preoccupazione per l’uso eccessivo della forza contro i manifestanti, che ora hanno battezzato la protesta ‘Occupy Taksim’, ispirandosi alle rivolte degli indignados spagnoli, inglesi e americani.

Kemal Kilicdaroglu, capo dell’opposizione, ha chiesto al premier di dare ordine affinchè vengano ritirate le forze di polizia che assediano i manifestanti, aggiungendo: “Non mettete la polizia contro il popolo. Questa gente sta difendendo la sua città”. Anche l’ordine degli avvocati si è mobilitato, appellandosi al capo dello stato Abdullah Gul affinchè intervenga per fare calare il livello di tensione presente fra manifestanti e forze di polizia e placare così gli scontri. Ma se manifestazione e gli scontri sono stati registrati, già ieri sera, anche ad Ankara e Smirne, la paura del presidente dell’ordine degli avvocati Metin Feyzioglu, citato da Hurriyet online, è che la protesta si estenda ulteriormente, continuando a provocare feriti. Intanto, per quel che riguarda la giornata odierna, nella mattinata sono ripresi gli scontri e molti manifestanti sono stati duramente colpiti dai reparti anti-sommossa quando la polizia ha preso d’assalto il parco. Sopra al parco e a piazza Taksim c’è questa mattina una nuvola grigiastra formata dai gas lacrimogeni.  Nel frattempo, migliorano le condizioni di una cittadina di origini marocchine operata per una frattura al cranio e attualmente in terapia intensiva, come ha spiegato il governtaore Huseyin Avni Mutlu. Secondo Mutlu, il numero dei feriti ricoverati è di 12 persone, mentre per Amnesty International sono oltre un centinaio. In un discorso televisivo Mutlu ha anche riferito che è stata aperta un’inchiesta su 63 persone arrestate con l’accusa di aver ”provocato la violenza”. Il ministro degli Interni Muammer Guler ha spiegato inoltre che il governo sta verificato le accuse di un uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine, accusa che era stata rivolta alle autorità turche da Amnesty International.

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