Tutti hanno commentato il voto delle amministrative che si sono svolte in molte città in cui la vittoria del centrosinistra è stata netta rispetto al Pdl… mancava solo un commento, quello del comico Maurizio Crozza e puntualmente ora è arrivato! Le battute sono state trasversali come è abitudine del comico genovese che non risparmia nessuno nella sua satira tagliante: “Epifani! meno italiani vanno a votare più vince il PD dovreste impegnarvi di più nella astensione fate le elezioni di notte! Epifani! Voi del PD le avete capite le regioni di questo trionfo? Un segretario del PD che fa i cappotti i miei figli non li hanno mai visto. Ma ora non vi dividete anche sulla vittoria”. Poi, nella conclusione dell’intervento Crozza si è esibito nell’imitazione di Maroni.
Sono 67 i comuni che rinnovano il primo cittadino di cui 11 sono anche capoluoghi di provincia. Naturalmente nel computo c’è anche la capitale. Ancona, Avellino, Barletta, Brescia, Iglesias, Imperia, Lodi, Roma, Siena, Treviso e Viterbo in tutte il grande vincitore è l’astensionismo. forse è colpa delle istituzioni sempre più distanti dal cittadino, forse è colpa della scelta dei candidati… la flessione in media è di oltre 8 punti. Dati pesanti, che minano anche la credibilità di chi si troverà sulla sedia di primo cittadino. Certo pesa a Roma la scelta di entrambi i candidati, Gianni Alemanno e Ignazio Marino, di presentarsi al voto accompagnati dalle rispettive madri. Forse le porteranno anche al Campidoglio il primo giorno di insediamento? E’ un po’ come il primo giorno di scuola? Anche questa è politica!
Gad Lerner, per Repubblica, ha intervistato un UmbertoBossi sul piede di guerra. Lui che si ritrova solo con villa Gemonio dove vive con la moglie Manuela: “Una volta qui fuori c’era sempre qualcuno a vigilare,ora può passare un pazzo e buttare una bomba in giardino”, racconta il fondatore di un Carroccio che non lo riconosce più come guida, ruolo ora di Roberto Maroni, un vero e proprio oppositore interno e che cambiando drasticamente il partito che è stata una sua creazione. “Lui non ha i nostri ideali. Quando uno tradisce una volta – e Maroni quando ruppi con Berlusconi nel 1994 gli sedeva di fianco, si opponeva – poi tradisce sempre. Si illude di diventare il plenipotenziario di berlusconi al Nord, ma il Pdl non rinuncia a presentare le sue liste in casa nostra, come fa la Cdu tedesca con la Csu in Baviera”. Quello che più contesta al governatore, inoltre, è la retromarcia sulle grandi battaglie identitarie del Carroccio: “Mi fa rabbia che Maroni cancelli la Padania e si rammollisca con “Prima il nord” proprio quando era maturo il tempo di farci forza del diritto internazionale”. Il Senatur scaglia quindi il colpo più duro, l’accusa di affondare il partito: “Maroni sta distruggendo la Lega, butta fuori la gente. Quel mio colpo di genio con cui avevamo preso la guida di Piemonte e Veneto, con Zaia e Cota, di questo passo al prossimo giro ce lo sogniamo. Tosi in Veneto porta via voti alla Lega e fa accordi con i fascisti: il suo progetto a Verona non mi è mai piaciuto”. Ma Bossi approfitta dell’intervista anche per ribadire la propria estraneità rispetto alle accuse mosse in merito alla gestione delle risorse economiche del Carroccio: “La Lega a me e alla mia famiglia non ha mai dato soldi che non servissero per la militanza”, spiega. “Semmai è stato il contrario. Quando la Lega è nata e magari c’era da comprare un’automobile, i soldi ce li mettevo io di tasca mia. A questo partito ho dato tutto, nessuno osi dire il contrario”. Al riguardo, sottolinea anche il suo rapporto con la famiglia, in particolar modo con i figli, che possono sbagliare, come Renzo: “Si è dimesso per motivi da niente”, dice del figlio Renzo, ma vengono anche accusati ingiustamente, “Era una gran balla dei nostri diffamatori che Riccardo si fosse comprato una barca”. Ora il Senatur ha un nuovo progetto però da far partire, un nuovogiornale, “La lingua padana”. Insomma, Bossi non molla e le idee le ha chiare, infatti: “Scusi Bossi,ma le ce l’ha la salute per rimettersi a battagliare?” ha chiesto Lerner, e la risposta decisa: “Ce l’ho, ce l’ho la foza io. A me non mi ammazza nessuno, e stavolta mi hanno fatto incazzare. Il capo della Lega resto io”.
Ma dopo una simile critica, dalla Lega arriva una risposta, è Matteo Salvini, vicesegretario, a prendere la parola: “Umberto Bossi, a cui va il mio rispetto e la mia eterna riconoscenza per quello che ha creato, sbaglia. Facendo così fa il male del Movimento. Non capisco perché lo abbia detto quando Maroni sta facendo bene il suo lavoro”.
Aria nuova in casa M5S e lo si vede subito con la partecipazione di Roberto Fico del MoVimento 5 Stelle alla trasmissione “1/2 ora” di Lucia Annunziata. Accantonata la tecnica da parte dei pentastellati del “no” ai giornalisti e alla tv, ecco una delle prime interviste rilasciate proprio dai parlamentari aderenti al Movimento. E’ lo stesso Fico a spiegare le motivazioni: “Noi non ci siamo mai sottratti alla tv, abbiamo soltanto disertato il talk show. Vogliamo far arrivare ai nostri cittadini le nostre proposte di legge”.
Ma chi prima aveva provato ad apparire in tv è stato immediatamente espulso “Chi non si trova nel percorso deve trarne le conseguenze”, quindi ci sono in vista altre espulsioni? C’è chi è arrivato a individuarne sino a 40, ma Fico ribatte “No, sono cifre assurde. Abbiamo dibattiti aspri, ma si tratta comunque di discussioni costruttive”.
Ma per quanto riguarda la Rai? “Dobbiamo lanciare la Rai nel nuovo millennio”, conclude Fico.
Cosa ha fatto cambiare idea al M5S da sempre ostile alla tv e particolarmente allergico ai giornalisti? Uno dei dati può essere senza dubbio il risultato elettorale disastroso delle ultime amministrative. L’altro dato di fatto è che, in Italia, il web non si è ancora sostituito alla televisione. Molte persone pur seguendo la propria pagina Facebook, o il profilo Twitter poi si rivolgono alla cara vecchia tv per essere informati dai telegiornali canonici e dagli approfondimenti della prima e della seconda serata.
Così è Luigi Di Maio ad affermare che ”Valuteremo di volta in volta dove andare e chi mandare”. Chi lo deciderà chi dovrà partecipare? ”Il gruppo parlamentare”. Già qualche giorno fa si era parlato del “corso di comunicazione televisiva” tenuto da Casaleggio e Beppe Grillo per alcuni parlamentari appartenenti al Movimento e le polemiche non erano tardate ad arrivare.
Ma lo stesso Di Maio ci tiene a sottolineare che l’incontro di Milano con Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo ”non era un corso”, ma solo una riunione sulla comunicazione alla quale hanno preso parte ”quelli che finora hanno avuto maggiore visibilita”’. Gli esclusi? ”Verranno chiamati anche loro, a scaglioni”, assicura il vicepresidente della Camera.
Ma perché andare in onda? ”Spesso stiamo rinchiusi per ore a studiare gli atti e poi questa cosa non arriva a casa. Allora è meglio che qualcuno si sganci un pò e si prenda l’onore e l’onere di far sapere cosa facciamo”, con queste parole il dardo è tratto e da ora in poi nei dibattiti in tv ci sarà anche l’M5S a dare battaglia.
Le ultime elezioni comunali sono state un disastro per la Lega Nord ed è stato raggiunto uno dei minimi storici più drammatici della storia del partito. Sembra che, nonostante un anno fa ci sia stata la rivoluzione delle scope, la segreteria di Roberto Maroni non sia riuscita a far dimenticare lo scandalo dei fondi del partito. La Lega era, con molte diversità ma anche con notevoli similitudini, una sorta di M5S del nord. S’inneggiava a “Roma ladrona”, ma poi i ladri sembra proprio che invece fossero in casa, in quelle casse del Carroccio spolpate, a quanto pare, dai figli di Umberto Bossi e dal “Cerchio magico” che ruotava intorno all’ex segretario.
In Piemonte, in Lombardia e nel Veneto il partito di Maroni ormai è solo quarto, il Pdl sta crescendo, ma molti voti sono andati anche al Pd e sicuramente, anche se con risultati minori alle aspettative, in parte al M5S che ora si attesta come terzo partito in quei territori da sempre votati al sostegno al Carroccio. In Piemonte il dato peggiore, proprio nella regione guidata da Cota, si è registrata una caduta libera e a Ivrea e Orbassano il partito di Maroni supera di poco il 2%. Vicenza, da sempre territorio favorevole ai padani si ferma a 4,5% con una flessione di quasi 10 punti. Ma il dramma del Carroccio è a Treviso dove la sconfitta è molto più cocente, nella provincia del presidente del veneto Luca Zaia, la riconferma non è per nulla certa. L'”esercito padano” è dimezzato anche a Brescia, città governata da Roberto Maroni e che vede i consensi stabilizzarsi su un 8%.
I motivi sono molti… ma le cure sembrano poche! Si è rotta l’alleanza con Berlusconi e questo ha fatto allontanare molti simpatizzanti che votavano Carroccio, ma strizzavano l’occhio al Popolo della Libertà. Ora la Lega è all’opposizione in un governo di larghe intese in cui il gioco forza è proprio in mano al Pdl. I militanti della Liga si trovano così “spezzati” nella loro identità: quella etnica e padana che ben si conciliava con la politica industriale priva di remore portata avanti dal Cavaliere negli anni scorsi.
Ma per un’analisi completa del calo del Carroccio è necessario anche trovare le cause proprio in quegli scandali che hanno disilluso gli elettori che da sempre si professavano vittime dei “ladri della politica romana” e che invece si sono dovuti ricredere… la politica centro, sud e nord compreso è un covo di “illeciti” e di “segnalazioni” che inevitabilmente porta le casse in rosso e a pagare sono sempre i cittadini.
La crisi economica poi non ha aiutato la Lega. Un popolo di industriali che si è visto, nel caso migliore, dimezzare i profitti e spesso ha condotto le aziende sull’orlo del baratro. A chi appellarsi quindi? Non certo a chi ha scelto di stare contro il governo e ha poco o nulla da poter pretendere nelle larghe intese che sono già frutto di un compromesso costante. Meglio votare per chi in quel governo ci sta e può dire la sua a gran voce. Ecco che il Pdl esce come vincitore e Maroni deve fare i conti con una condanna a morte decisa dagli elettori e perpetrata con faide interne al partito.
Dove è il futuro? Difficile poter parlare di una ripresa, difficile credere che questo movimento possa ricompattarsi. Bossi era un gran comunicatore per quel popolo che sentiva in lui una valorizzazione di certe tradizioni e il piglio del grande leader capace di trascinare le folle. Maroni è una persona più moderata, più cerebrale e dal carisma non sempre efficace. Troppe liti, troppi scandali, troppa vecchia politica che si riaffaccia tra le file di quel movimento che ormai è ombra di se stesso. Quella rabbia contro Roma è andata via via scemando e si è sostituita con la rabbia per la politica, per la casta che sia del nord o del sud a questo punto poco conta. Ma gli “arrabbiati” si riconoscono più nel M5S, in un partito nuovo, “pulito” e non da ripulire fino all’osso… per tutti gli altri c’è il Pdl e le promesse di Berlusconi sono ancora l’ultima speranza in un deserto devastato dal “tifone” della crisi economica.
Grillo e Casaleggio aspettano otto parlamentare del M5S al varco: venerdì ci sarà infatti un incontro a 10 avente per tema la comunicazione politica. E’ stato lo stesso leader a spianare la strada a tale progetto: “Bisogna iniziare ad andare in televisione, a spiegare quello che facciamo, parlando con i giornalisti che ci fermano per strada”. L’unico divieto, al netto di black-list di giornalisti sgraditi (che al momento non sembrano esistere), rimane quello di partecipare ai talk-show. Ma, non potendo lasciare nulla al caso, i deputati dovranno sottoporsi a un vero e proprio corso di formazione (anche se i comunicatori del M5s lo definiscono “un semplice incontro amichevole per avere periodicamente un confronto”) per confrontarsi su come gestire le apparizioni televisive. A raggiungere gli studi di Casaleggio&associati, a Milano, saranno i deputati Roberto Fico, Alessandro Di Battista, Riccardo Nuti, Laura Castelli e Luigi Di Maio e i senatori Vito Crimi, Nicola Morra e Paola Taverna. Li attende una pioggia di domande per imparare a calibrare le risposte, elaborare una strategia sugli argomenti più spinosi, schivare trabocchetti ed evitare di trovarsi in situazioni poco gradite. “Sono stati scelti quelli più fidati, quelli che bucano di più il video e che saranno mandati in televisione”, spiega un deputato, ma arrivano rassicurazioni che prima o poi tutti gli eletti saranno sottoposti ad un simile trattamento al quale farà seguito una serie di apparizioni mirate. Un netto cambio di rotta dunque, mirato a raggiungere un’audience più alta che non quella dei fedeli del web. Non resta che restare sintonizzati: ormai è certo, i grillini arriveranno anche in tv.
Beppe Grillo e il MoVimento 5 Stelle si pongono delle domande e, dopo aver accusato i media per il pessimo risultato elettorale, “E’ colpa della stampa, ne siamo stati vittime” ha detto De Vito, ora sembrano inizare a pensare che blog e Rete non siano più sufficienti. In cerca di possibili colpevoli, però, il leader ha fatto marcia indietro: “Non diamo la colpa ai giornalisti o ai talk show, per favore – scrive sul suo blog oggi – Possono aver inciso, ma non più di tanto. Il 50% o poco meno non ha votato”. Dopo le tante proteste, allora arriva il monito a riflettere mentre sempre più persone spingono perché Grillo vada a parlare in tv, e nelle tv italiane, non solo in quelle straniere come ha fatto finora. Vada in Rai, su Mediaset, su Sky, per parlare a tutti, anche a chi Internet non ce l’ha. Un cambio di rotta dunque? Potrebbe essere una scelta vincente o, piuttosto, rivelarsi l’ennesimo boomerang dopo il tema della trasparenza e la diatriba su scontrini e finanziamenti? Perchè ora c’è anche un video che fa non poco discutere su youtube: un messaggio elettorale che il Semplice Portavoce ha indirizzato ai sostenitori ciociari del MoVimento, in particolare a quelli Ferentino, Torrice e Atina, tre piccoli comuni in provincia di Frosinone. In questo video Grillo fa sfoggio di tutte le sue doti di comico, visto che tutti quelli che sono accanto a lui si piegano in due dalle risate. Il Messaggero ha provato a descriverlo:
Grillo esordisce: «Cari elettori di Ferentino, Atina e…». Esita un attimo. Le persone che sono dietro la telecamera già ridono a crepapelle, una voce di donna ironizza «e… soreta». Risate. Invece è Torrice il terzo Comune dove corrono i 5Stelle. Imbarazzo. Si va avanti. «Siete in provincia di Frosinone – risate – città che ho sempre nel cuore – risate – quando i miei figli mi dicono dove vai, voglio andare a Frosinone». Valanga di risate. «Sentite gente che ride ma è una cosa seria», dice il comico.
Termina poi, tra il paternalistico ed il civilizzatore, spiegando che bisogna partire dai piccoli centri, per poi espandersi. Apprezzato l’omaggio? No! il primo commento, infatti, di un utente ciociaro che, offeso, commenta: “Il paese si chiama Ferentino…tanto per la cronaca…grazie per aver deriso la Ciociaria, dimostrate come sempre che la vostra pochezza rasenta il ridicolo. E non venite a parlare di sarcasmo…ma come pretendete di essere presi sul serio?”.
Sono già cinque le vittorie nette del PD, che nel corso di queste amministrative si è aggiudicato Pisa, Sondrio, Vicenza, Massa e Isernia, negli altri seggi, con l’attenzione nazionale puntata su quelli romani, si va al ballottaggio, sempre in scontro diretto Pd-PdL con il MoVimento 5 Stelle in netto calo di consensi. Tra due settimane in quasi tutte le città capoluogo il centrosinistra partirà in vantaggio, incluse storiche roccafortidel centrodestra comeBrescia e Treviso, a riprova che se, a livello nazionale, il PdL guadagna consensi, le cose stanno in maniera diversa in assenza del Cav. Il centrodestra ha quindi di che preoccuparsi, con un elettorato che si sta erodendo soprattutto al Nord ed è indietro nel mini-test nazionale della Capitale. Ballottaggio Pd-Pdl anche a Siena, con i democratici in testa, nella città tornata alle urne dopo lo scandalo Mps. Un risultato che è stato letto come un riconsolidamento del partito dem ma anche come un buon segnale a livello nazionale, come ha fatto notare il presidente del Consiglio Enrico Letta a Repubblica: “Si diceva che il cosiddetto inciucio dovesse portare Grillo all’80 per cento. Invece ai ballottaggi vanno solo candidati del centrosinistra e del centrodestra. Perché non c’è un inciucio, ma un governo di servizio”. Vendola, all’opposto, ha rivendicato la vittoria di un centrosinistra di popolo: “Oggi il centrosinistra risorse, ha ritrovato ossigeno, respira a pieni polmoni e sembra essere tornato capace di vincere la partita”. Soddisfatto Marino, che non si fida però del risultato del primo turno e apre la porta al M5S: “Hanno parlato di trasparenza, di riduzione dei costi della politica, di democrazia partecipata. Sono temi che che ci appartengono e porteremo avanti da domani”. In tutto questo, Alemanno, continua a nutrire fiducia nel futuro e nel ballottaggio: “Ci sono ancora due settimane di tempo, riusciremo a recuperare”. Sua anche un’analisi sul mancato voto: “C’è sicuramente un elemento di insoddisfazione rispetto a quello che abbiamo prodotto, ma più di questo è emersa la distanza dei cittadini dalla politica. Se avessero voluto votare contro di me, i romani avevano a disposizione tre scelte: Marino, Marchini e De Vito. Il problema è più generale e riguarda tutti”.
MoVimento 5 Stelle stelle tagliato fuori da tutti i ballottaggi dunque, lo stesso tsunami che doveva spazzare via tutto e tutti, che doveva rispedire tutti a casa, è crollato in queste ammininistrative, anche se c’è chi nega. Paolo Becchi si rifugia sul dato allarmante di chi è rimasto a casa “Tutti sapevano che non avremmo ripetuto il risultato delle politiche, ma non c’è stato nessun crollo”. Per lui a perdere è stato il “sistema dei partiti”, considerata la bassa affluenza. Ma sembra che, per la prima volta qualche ripensamento ci sia anche in casa pentastellata. Arrivano allora i primi dubbi sulla strategia politica adottata, considerati i numeri molto lontani dell’exploit esaltante dello scorso febbraio. Il senatore Zaccagnini lancia, dalle pagine di Repubblica, uno strale all’intero movimento: “Abbiamo sbagliato a dire sempre no, ci ha lasciato chi voleva cambiare”, quindi passa ad attaccare il capogruppo al Senato Vito Crimi: “Non ha senso limitarsi alla protesta. Occorre fare delle proposte e parlare di strategie politiche: il contrario di quel che dice Crimi”. Ma anche la base è delusa e sui social network piovono le critiche, mentre il nodo principale resta quello della democrazia interna: “Avete buttato un potenziale di 9 milioni di elettori”, si critica. Altri spiegano: “Non fate gli struzzi, abbiamo perso”. Internet è il termometro della rivolta dei militanti, tanto che il leader starebbe pensando di andare in tv. Tutto mentre dallo staff del M5S si sta cercando di frenare le dichiarazioni degli eletti, per evitare polemiche.
A Roma continuano gli spogli ma da subito una cosa è apparsa chiara: a vincere è stato l’astensionismo. Le percentuali di elettori sono in calo quasi ovunque, ma nella Capitale è stato registrato il maggior numero di astenuti con solo il 52,8% degli aventi diritto a recarsi alle urne, contro il 73,6% del 2008. Un crollo di quasi 21 punti percentuali dunque, che dimostrano come la politica italiana, complice anche il governo di larghe intese che per molti elettori ha rappresentato un tradimento.
Ma se è già deciso il ballottaggio tra Marino e Alemanno, con il primo saldamente in testa e il sindaco uscente che consiglia al Pd di non cantar vittoria, molti sono stati gli interventi “alternativi” per i quali vale la pena ricordare queste elezioni. Una “cartolina dalle elezioni” è quella che ritrae il candidato al I Municipio Augusto Caratelli (Pdl), già presidente del gruppo Pdl nel consiglio uscente e presente nella campagna elettorale con una singolare foto sui suoi manifestini che lo ritrae nelle vesti di centurione romano. Il candidato ha votato… ma nel seggio sbagliato! Si è infatti presentato a un seggio della scuola Manin di via Bixio all’Esquilino. La deroga, permessa dal presidente del seggio, è stata vivacemente contestata dai rappresentanti di lista del Pd e di Sel, che hanno ricordato il fonogramma specifico inviato domenica mattina dall’Ufficio elettorale del Comune secondo il quale “i componenti del seggio, i rappresentanti di lista e le forze dell’ordine possono votare solo se elettori del medesimo municipio”. Ma forse nessuno ha avvisato il centurione, perchè, intervistato al telefono, ha chiuso la chiamata con un secco: “Non ho tempo per rispondere, sono con persone al seggio… E poi io sono rappresentante di lista e mi risulta che posso votare ovunque”.
Chi dovrà nettamente rivedere la propria linea, però, è il Movimento 5 Stelle, ora che anche la loro base si sta spaccando e in molti iniziano ad incolpare gli stessi Grillo e Casaleggio per il netto crollo. Ma De Vito, il candidato sincado per Roma, ha affermato che “Il dato di oggi non è così negativo se confrontato con il 16,64 ottenuto a Roma alle regionali, un calo non drammatico e così vistoso. Non siamo scontenti del risultato ottenuto, si parla del 13-14%. Siamo contenti di entrare in Consiglio, faremo un’ottima opposizione”. La causa del calo, per De Vito, è da trovare nel fatto che “abbiamo avuto pochissimo spazio, i giornali hanno parlato pochissimo di noi. I partiti hanno messo in campo un potere e una forza economica superiore alla nostra che ha permesso meglio di intercettare piu’ voti rispetto agli astenuti”. Una stoccata infine anche ad Alfio Marchini: “Ci si e’ messo anche Marchini che ha messo una forza economica molto forte e ha preso un 9-10%”. Sul Semplice Portavoce? “Il movimento non e’ Beppe Grillo: Grillo e’ una persona importante, e’ venuto e ha fatto il suo comizio, come lo avevo fatto io mezz’ora prima parlando dei temi della campagna romana”. Insomma, sembra parlare da politico navigato, puntando il dito contro gli altri ma senza fare una seria analisi delle difficoltà effettive del Movimento. Ma in fin dei conti meglio non guardarsi attorno, come spiega Zaghis: “non paragoniamo mele con pere”.
Ci si chiede cosa potranno fare i due candidati che affronteranno il ballottaggio per riuscire a catturare gli astenuti, considerato che lo spoglio sta dimostrando che gli italiani sono stanchi e che anche l’antipolitica non riesce ad attecchiare, così come non non premia pienamente neanche una novità civica e di territorio come il movimento di Alfio Marchini, imprenditore romanissimo nè un voto di nicchia come quello per la sinistra di Sandro Medici. Alemanno giustamente osserva che “nessuno vuole essere sindaco del 50% dei romani” e prosegue: “Bisogna portare al voto metà dei romani, bisogna capire il perché dell’astensionismo soprattutto dei giovani”. Marino risponde invece in modo pragmatico, con un discorso di politica che si basa sui dati di fatto: “buche, senza casa, senza lavoro”. Il rappresentante del Pd ringrazia chi “ha votato” prima di setenziare: “la città vuole cambiare, la corsa però non è finita”. Un appello poi agli elettori del M5S in vista del prossimo turno, per ricordare che “abbiamo temi in comune”. Di certo Marino molto dovrà contare sulle proprie forze, considerato che alle spalle ha un partito che al momento sembra inesistente.
Può essere invece fiero di sè Marchini, che infatti afferma: “abbiamo ucciso il consociativismo” e giudica il risultato ottenuto “straordinario: un popolo si è messo in marcia”. Non parla di endorsement l’accorto Marchini ma, precisa, “non farò il vice di nessuno ma faremo una grande attenzione ai programmi e ai valori”.
Nell’attesa del ballottaggio del 9 e 10 giugno, viene da chiedersi a chi potrà dare la colpa in caso di sconfitta Alemanno. Perchè ieri, dopo aver invitato i tifosi di Lazio e Roma a mantenere la calma e non dare uno spettacolo negativo della città, non ha trovato altra motivazione per la scarsa affluenza se non nel derby valido per la Coppa Italia. Affermazione questa che ha fatto sbizzarrire il popolo di Twitter, come una rapida raccolta di cinguettii di elettori insoddisfatti può dimostrare. Si va dal “Dopo #colpaditwitter #colpadelderby ma #colpavostra mai?!” al: “se Roma è uno scandalo dal punto di vista delle barriere architettoniche #romaèvita”. Ma non mancano le riletture all’affermazione del sindaco: “é #colpadelderby se sono il sindaco peggiore della storia di Roma”. Ma anche: “#colpadelderby se i parenti di #alemanno non l’hanno votato”. C’è poi chi nega che sia successo qualcosa ieri allo Stadio Olimpico: “#colpadelderby Quale derby? Ieri non si è giocato nessun derby”. Ma qualcuno si spinge anche oltre: “È decisamente #colpadelderby se nelle strade ci sono buche così grosse che fanno provincia”. Forse qualche spunto da prendere c’è…
Se serviva un’ennesima conferma per il fatto che gli italiani siano delusi dalla politica che ci amministra, sta arrivanto. Sono sette milioni le persone chiamate aller une oggi e domani per le elezioni del sindaco e del consiglio comunale di 563 comuni, con la sfida più importante che si svolge a Roma dove, alle 12, ha votato solo il 9.32% degli aventi diritto: cinque punti in meno se confrontata con le precedenti omologhe. Non se la passano meglio i comuni, che perdono oltre quattro punti rispetto e si fermano a un’affluenza dell’11.57%. Al voto sono chiamati anche i cittadini di Ancona e di altri 14 capoluoghi di provincia: Avellino, Barletta, Brescia, Iglesias, Imperia, Isernia, Lodi, Massa, Pisa, Siena, Sondrio, Treviso, Vicenza e Viterbo. In Valle d’Aosta, invece, ad essere eletto sarà il consiglio regionale.
Saranno fondamentali, importanti e cambieranno gli equilibri del governo? E’ probabile che chi uscirà vincitore poi faccia acquistare più forza a un partito piuttosto che all’altro ed essendoci un esecutivo di larghe intese è chiaro che questo avrà riflessi importanti anche nella politica nazionale oltre che locale. In particolare sarà interessante chi vincerà a Roma, centro amministrativo importante e sede dei palazzi del potere. Sarà anche importante la sfida in Sicilia per capire quanti voti prenderà M5S. Nell’isola ci sono importanti città che vanno al voto come Catania, Messina, Ragusa e Siracusa che possono spostare anche qui gli equilibri della regione e fare da cassa di risonanza nazionale. Sarà anche interessante il voto di Brescia, di Lodi e di Sondrio per vedere se al nord la Lega ancora ha il suo elettorato a livello locale o se sta subendo una flessione dopo la scelta di andare all’opposizione a livello nazionale. Pisa e Siena faranno da ago della bilancia per la Toscana e si toccherà con mano quanto la spaccatura del Pd è profonda. Sono quindi elezioni amministrative che valgono come un’elezione nazionale? Sicuramente hanno un peso ben più elevato rispetto a quelle degli anni passati.
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