No all’aumento di capitale per Alitalia! Air France non sottoscrive ed è bufera!

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“I rappresentanti del gruppo Air France-Klm nel Consiglio di amministrazione dell’Alitalia hanno apprezzato le modifiche al piano industriale, ma non le hanno ritenute sufficienti, soprattutto sul fronte della ristrutturazione del debito” con queste parole Alitalia continua a volare nella bufera. Dopo tante indiscrezioni ora è arrivata la nota ufficiale  nella quale Air France si dice indisponibile a sottoscrive l’aumento di capitale di Alitalia, anche se resterà partner del vettore italiano. Ieri, in tarda serata, Alitalia aveva approvato un nuovo piano industriale della compagnia, prorogando l’aumento di capitale al 27 novembre. Ora serve un nuovo socio industriale, si deve quindi ricominciare a cercare un nuovo partner e soprattutto limitare gli esuberi che potrebbero avere una ripercussione pesante, proprio a tale riguardo il  vicepresidente Salvatore Mancuso si era limitato a dire “sono stati tenuti in grande considerazione i lavoratori e le loro famiglie”. Ma nel comunicato finale c’è scritto: “Il piano industriale si basa sulla ricerca di una accresciuta efficienza nella gestione delle attività e su un miglioramento della capacità di competere sul mercato anche attraverso una severa riduzione dei costi”. In particolare il nuovo piano prevede la riduzione del numero di aerei a medio raggio con il mantenimento di ore volate rispetto al 2013 grazie ad un miglior utilizzo della flotta. “Saranno aumentati – si legge ancora – i voli internazionali e intercontinentali”.

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Alitalia come la fatina dei soldi: ne dava a tutti… e ora è crisi nera!

alitalia-tuttacronacaL’Alitalia si è rivelata un pozzo senza fondo. Colaninno ha lasciato e Del Torchio ha fornito una prospettiva a tinte fosche: con prenotazione e vendite dei biglietti in calo, ha paventato il rischio che, a marzo 2014, la manovra da 500 milioni – di cui 300 di aumento di capitale e 200 di nuova finanza – possa non essere sufficiente. Dalle previsioni fatte, come riporta il Messaggero, tra cinque mesi ci potrebbe essere un fabbisogno ulteriore di 450 milioni. Questo se nel frattempo non verrà praticata una cura da cavallo. E rispetto a questo, più di un consigliere ha colto un allineamento del top manager con le posizioni di Parigi. In una riunione avvenuta ieri, Del Torchio avrebbe anticipato le linee generali del nuovo piano industriale anche se i dettagli potranno scaturire solo a valle della ricapitalizzazione: solo il 16 novembre scade infatti il termine per l’esercizio del diritto di opzione, poi potrebbero esserci altri 30 giorni di tempo per l’inoptato. Riporta il quotidiano, parlando dell’incontro di ieri:

In base alla delibera assembleare del 15 ottobre «l’apporto è inscindibile fino al corrispettivo complessivo di 240 milioni e scindibile da 240 fino all’importo massimo stabilito». Questo significa che in funzione di quanto arriverà nelle casse sarà possibile tarare gli interventi in termini di tagli e risparmi di costi. Peter Hartman e Bruno Matheu, i due rappresentanti francesi, sono stati ad ascoltare. La trimestrale è passata con numeri migliori rispetto al budget. Qualche ulteriore elemento di tensione verso la parte finale dell’ordine del giorno. Del Torchio aveva previsto un memorandum of understanding (mou) con British Petroleum per la fornitura di carburante. Con questa mossa, probabilmente intendeva diversificare il rischio, smarcandosi da Eni con cui Alitalia ha un debito di 150 milioni sui 240 milioni di scaduto. Ma su questa operazione ci sarebbe stata la contrarietà di Antonino Turicchi, l’ex capo della Cdp, che rappresenta Benetton. Di fronte alle sue riserve, Del Torchio ha rinviato la decisione al prossimo consiglio del 12 novembre.

Ma se questo è quanto detto ieri durante il consiglio, in mattinata erano state dettate le condizioni per proseguire la rotta comune anche se sembra che Air France sia intenzionata a sondare i soci medio-piccoli per rilevare le loro partecipazioni. Se dovessero salire nel capitale, potranno alzare  il tiro imponendo un  loro ulteriore  giro di vite.  Certo sono bel lontani i tempi in cui la compagnia di bandiera italiana una volta si godeva i suoi fasti e l’attuale situazione di guai che si trova ad affrontare non é certo imputabile, almeno non esclusivamente e non in primo luogo, alla crisi economica. A ripercorrere la storia di un’Alitalia pronta a spendere (e buttare) soldi è il Corriere, che ricorda come una volta eisisteva la “biglietteria speciale”: biglietti a costo zero per la prima classe staccati inizialmente per i Vip, poi anche per parenti a amici. “Quando nel 2004 Giancarlo Cimoli arrivò all’Alitalia per il suo certo non indimenticabile passaggio al timone della compagnia di bandiera scoprì che la «biglietteria speciale» aveva staccato in sette anni almeno quattromila di quegli specialissimi biglietti”. Una bella spesa, ma certo non l’unica per la compagnia, spolpata dalla politica alleata a gestioni scandalose e indifferenza dei sindacati. Tanto poi veniva utilizzata per rastrellare voti in vista delle elezioni… I soldi si spendevano, meglio, si buttavano.

Chiamato a officiare la sepoltura della vecchia compagnia di bandiera che aveva passato il marchio a Roberto Colaninno e ai «capitani coraggiosi che lo affiancavano», il commissario Augusto Fantozzi ebbe un ufficio nella gigantesca sede della Magliana, a venti chilometri da Fiumicino, che sarebbe stata troppo grande anche per la General Motors. L’avevano pagata 250 miliardi di lire (quando i miliardi erano miliardi) dopo aver venduto per 90 il palazzo dell’Eur. Una rimessa secca di 160 miliardi, con in più i costi faraonici di un complesso faraonico. Ma quella era solo una tessera del mosaico. Da lì Fantozzi scoprì che c’erano 60 (sessanta) sedi all’estero. Rimaste aperte per anni, nonostante gli scali coperti dalla compagnia italiana si fossero negli anni miseramente ridotti a una quindicina.

Sedi a Mumbai, Delhi, uffici a Hong Kong e poco importa se i voli italiani non arrivavano, si pagavano tranquillamente anche le stanze d’albergo. All’estero e anche in Italia. Perchè la compagnia anche anche pagato

per un anno intero seicento stanze negli hotel intorno a Malpensa destinate agli equipaggi che avrebbero dovuto fare base nello scalo varesino. Rimaste ovviamente vuote.

Per non parlare delle sponsorizzazioni. Tra queste appaiono quelle per concorsi ippici, marce podistiche di Ostia, stadi di pallavolo del varesotto, giornalino dell’Eur di Roma… Anche quando la crisi era ormai diventata nera, nerissima. E se non bastasse, a crisi già debordante, si pensò al doppio restiling della costosissima rivista di bordo Ulisse 2000, che vanta illustri collaborazioni da parte di importanti firme giornalistiche. Insomma, amavano il lustro e la bellezze all’Alitalia… ma riusciranno a rivedere un po’ di quell’antico splendore ora che la compagnia si sta drammaticamente schiantando contro questa crisi?

Colaninno ufficializza le sue dimissioni, in picchiata Alitalia

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“Dopo aver sostenuto la ricapitalizzazione di Alitalia, annuncio che, al termine delle operazioni ad essa relative, quando le mie dimissioni verranno formalizzate insieme a quelle di tutto il Cda, non sarò disponibile ad assumere nuovamente incarichi di vertice nella società”. Lo afferma il presidente della compagnia aerea Roberto Colaninno.

Alitalia: azioni svalutate da Air France

Aerei-Alitalia-e-Air-France_tuttacronacaAlla presentazione dei conti trimestrali della società franco-olandese Air France-Klm, si accompagnano degli allegati finanziari che riferiscono: “Considerata l’incertezza della situazione di Alitalia, il gruppo Air France-Klm ha deciso di svalutare totalmente il valore delle azioni detenute”. Nel documento viene inoltre sottolineato come tale decisione sia stata presa dopo il Cda del 14 ottobre, durante il quale era stato  approvato l’aumento di capitale da 300 milioni di euro.

Alitalia, la cloche passa a Air France? Clamoroso, ma vero!

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Richiesta ufficiale di una due diligence su Alitalia, cioè di una valutazione approfondita dei conti, finalizzata a conquistare la cloche della compagnia. La decisione, per certi aspetti clamorosa, sarebbe stata comunicata sia all’ad Gabriele Del Torchio che ai principali azionisti. Ma è evidente che si vuole innanzitutto sondare la disponibilità dei soci minori e di chi, pur approvandolo, ha mal digerito l’aumento di capitale. Tuttavia Parigi punterebbe soprattutto a guadagnare tempo. Per gli analisti l’obiettivo sarebbe fissare un valore definito, basso in questo momento, per acquistare tutto a un prezzo molto conveniente. Mediando – è lo scopo – tra il prezzo d’ingresso pagato nel 2008 e quello post aumento di capitale, approfittando della evidente svalutazione. Difficile ipotizzare il «risparmio» che potrebbe essere generato e quale possibilità di successo abbia l’operazione. Di certo Lazard, advisor di Air France, sta elaborando i dati per stimare i possibili vantaggi.

Oggi il tema due diligence verrà affrontato dal cda di Alitalia che deciderà probabilmente l’avvio di una data room aperta non solo ai francesi, ma anche alle Poste e ad altri vettori interessati, da Etihad ai cinesi. In attesa della due diligence, procede la definizione del piano stand alone voluto da Del Torchio in collaborazione con Boston Consulting. Lavoro che si completerà prima del 16 novembre, data in cui dovrà partire la ricapitalizzazione. Si tratta di un documento che ribalta la logica seguita finora. Per consentire alla compagnia di reggersi finalmente sulle proprie gambe, con un piano sostenibile in grado di avvicinare il break-even in poco tempo e poter trattare così alla pari con i possibili partner. Gli interventi, sintetizzati in varie slides che “Il Messaggero” ha potuto visionare, sono ad ampio raggio: dai tagli di personale (gli esuberi sarebbero oltre mille con il blocco di almeno 2000 contratti a termine), ai sacrifici che saranno chiesti ai manager, in una sorta di spending review globale. Verranno poi rivisti i contratti, dalle forniture al leasing, alle manutenzioni. Come suggerito da Boston Consulting, saranno quindi ridisegnate le rotte e la configurazione degli aerei, eliminando le aree dove ci sono perdite secche. Nuove frequenze poi per i voli che viaggiano non a pieno carico e spostamento degli equilibri sulle tratte a maggior valore aggiunto. Un piano da lacrime e sangue – dice un azionista influente – che però ha la possibilità di funzionare davvero, «per consentirci di trattare alla pari con Air France».

Air France non atterra ad Alitalia: ora sono 1000 gli esuberi

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Il piano per Alitalia si farà, ma non con Air France. La compagnia francese infatti non è convinta e soprattutto non ha sicurezze per investire in Italia, nonostante Letta continui a confermare che la stabilità politica è necessaria anche per infondere fiducia negli investitori esteri… quale migliore occasione? Alitalia poteva davvero rappresentare un esempio in tal senso, ma invece Air France si defila e resta solo il piano delle poste. Ritornano quindi di triste attualità anche gli esuberi che si stima possano essere circa 1000. Cosa ha fatto allontanare Air France? Prima di tutto le banche, non è infatti chiaro se parteciperanno o escuteranno i debiti. L’ad Gabriele Del Torchio e il nuovo partner Poste stanno definendo un loro piano industriale: saranno davvero solo 1000 gli esuberi?

Naturalmente sono a rischio anche i circa 2mila contratti a termine. Tutto ora ruota intorno alla capacità di Alitalia di reagire alla crisi, aumentando il fatturato in tempi rapidi… cioè quello che già si era auspicato con il precedente salvataggio. Come spiega Il Messaggero: 

Proprio a questo scopo la compagnia ha lanciato ieri un serie di proposte commerciale per attirare nuovi viaggiatori, le famiglie in particolare, con biglietti a prezzi ridotti che partono da 99 euro.

Air France-Klm passerà dal 25% all’11% come riporta il quotidiano francese Les Echos. Sull’altro versante, quello europeo, aperto da British che ha puntato il dito contro Alitalia parlando di un vero e proprio aiuto di Stato e di fatto catalizzando gli occhi dell’Europa sull’operazione di Poste Italiane nella sottoscrizione delle quote, ora l’Italia si giustifica  parlando di “passo transitorio” come ribadito dallo stesso Fassina. 

La compagnia di bandiera italiana incassa i 130 milioni di euro da banche e soci, ma secondo il quotidiano francese il valore di Alitalia si aggirerebbe intorno ai 30 milioni di euro. Forse è sottostimato dai francesi, ma la stessa assemblea dei soci aveva stimato il valore della compagnia intorno ai 50 milioni. Proprio per questo motivo l’Air France avrebbe fatto il decisivo passo indietro e decidere di non sborsazre la quota di 75% dell’aumento di capitale e di fatto andando in minoranza passando all’11%.  Uno scenario, questo, che per i francesi non comporterebbe grandi cambiamenti. Allo scadere del vincolo di ‘lock up’ (il 28 ottobre), il gruppo franco-olandese perderà il proprio diritto di veto e non potrà più opporsi all’ingresso di un investitore straniero, ma a Parigi – scrive Les Echos – restano persuasi che tutti gli operatori esteri potenzialmente interessati (Aeroflot, Etihad, Lufthansa o Air China) abbiano gettato la spugna. Una fonte di Air France, però, non conferma e non fa commenti.

 

Alitalia: chi resta a bordo? I consiglieri d’amministrazione e le dimissioni

alitalia-tuttacronacaE’ stato deliberato all’unanimità dall’assemblea dei soci di Alitalia l’aumento di capitale di 300 milioni di euro, da offrire in opzione ai soci in proporzione alla quota di capitale posseduta. A partire da domani, 16 ottobre, soci avranno 30 giorni di tempo per sottoscrivere le azioni di nuova emissione. Ma i consiglieri di amministrazione hanno già manifestato l’intenzione di rassengare le loro irrevocabili dimissioni dalla carica, questo in previsione del possibile mutamento degli assetti proprietari. Le dimissioni avranno effetto dalla data dell’assemblea, che sarà convocata subito dopo l’esecuzione dell’aumento di capitale. Massimo Sarmi, amministratore delegato di Poste Italiane, si recherà nel frattempo a Parigi per incontrare i vertici di Air France. L’intenzione è contrattare con i francesi le modalità dell’eventuale ingresso di Poste nel capitale della compagnia aerea italiana.

British Airways accende il riflettore su Alitalia: Ue intervenga su aiuti di Stato

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L’Alitalia Day è arrivato! Oggi consiglio di amministrazione e l’assemblea della linea aerea sono chiamati ad approvare l’operazione di salvataggio da 500 milioni di cui 300 milioni di aumento di capitale. Un’operazione che come noto prevede l’intervento delle Poste Italiane, controllate dal ministero dell’Economia. Oltre alle polemiche che ha suscitato questa scelta sulla sua opportunità in termini di politica economica, ora si levano anche serie proteste internazionali che ragionano in termini di diritto e concorrenza. “Ci aspettiamo che la Commissione europea intervenga per sospendere questo aiuto manifestamente illegale”, commenta la Iag, holding che controlla British Airways, Iberia e Vueling, commenta con l’Ansa gli ultimi sviluppi su Alitalia, sottolineando di essere “stati sempre contrari agli aiuti di Stato”.

Tornando all’operazione comunque in via di approvazione, il dubbio resta intorno alle intenzioni di Air France-Klm, che pure venerdì scorso ha approvato l’impianto dell’operazione. Il socio industriale di maggioranza tra i privati (25%) dovrebbe sborsare intorno a 75 milioni: non sta attraversando un periodo di salute ottimale e già a febbraio ne ha messi quasi 40 per il prestito ponte arrivato dai soci e ben presto rivelatosi insufficiente. Una fonte vicina alla compagnia ha dichiarato al quotidiano economico francese Les Echos: “Non è un piano definitivo bisogna ancora trovare un’intesa su una  ristrutturazione del debito e una revisione del piano industriale”. Malgrado le pressioni del ministro dei trasporti italiano, Maurizio Lupi, che ha invitato Air France-Klm a sottoscrivere la sua quota, Les Echos sottolinea che il gruppo franco-olandese ha intenzione di utilizzare il termine di un mese previsto dagli accordi per aderire al piano o diluire la propria quota all’11%.

“Abbiamo approvato il piano, che va nella giusta direzione, ma rimane insufficiente”, hanno fatto sapere, ricordando che una ristrutturazione del debito (di oltre un miliardo di euro) rimane un requisito indispensabile per qualsiasi impegno definitivo. Lupi aveva già risposto alle reticenze francesi senza mezzi termini: “Alitalia non sarà la Cenerentola di Air France”, ha detto ricordando che in caso di mancata sottoscrizione dell’aumento “verrà meno ogni vincolo per la ricerca di nuovi partner”. Proprio sui partner si è espresso il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, stamane a Radio1Rai: “Ci vuole un alleato, ma non credo che i francesi facciano al caso nostro”, ha sentenziato. Secondo Bonanni “loro vogliono solo il loro hub, tant’è che hanno detto che loro aderirebbero” all’aumento di capitale “alla sola condizione che Alitalia non apra nuove tratte internazionali e non acquisti nuovi veicoli. Anzi: hanno fatto di tutto perchè noi fossimo bloccati nell’acquisizione di nuove tratte che rappresentano le occasioni più remunerative per un’azienda Con loro noi andremmo in ulteriore default; meglio allearsi con i tedeschi oppure con altre compagnie di altre realtà regionali”. Tra i possibili partner, Lufthansa ha messo in chiaro di non essere interessata.

Financial Times contro Letta: “il passo falso”, forse però è una “caduta libera”

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Il Financial Times lancia critiche taglienti al Premier italiano Enrico Letta per l’operazione Alitalia e con l’editoriale dal titolo “Il passo falso di Letta” accusa il Governo italiano di far riemergere il protezionismo economico in Italia. Ma il Financial Times non è l’unico a puntare il dito contro Letta, c’è infatti anche il Wall Street Journal, secondo il quale la vicenda Alitalia “incarna il fallimento della politica industriale” nel nostro paese.

E così l’esecutivo diventa nervoso! Ma più che “un passo falso” quello di Letta sembra una “caduta libera”. Una serie di dichiarazioni contraddittorie che sgombrano il campo dal “protezionismo” ma parlano anche di “accompagnare al meglio Alitalia  verso l’integrazione con un partner straniero”. Quindi l’Alitalia sarebbe condannata, ma il Governo fa l’ultimo regalo e mette soldi pubblici per far diventare la linea aerea straniera? No, assolutamente… Alitalia sarà italiana con uno sguardo all’estero, una spruzzatina di “rotacismo” e tanto giallo di Poste Italiane! Insomma un minestrone che non convince molto all’estero.

Tanto che  il Finacial Times non sente ragioni e continua a citare anche le vicende di Telecom Italia e Finmeccanica e si arriva ad asserire che ” Con l’ingresso/salvataggio delle Poste – secondo il quotidiano della City – “si ripete lo stesso errore commesso nel 2008, organizzando una soluzione che manterrà  la compagnia in mani italiane”.

Ma “la logica dietro a questa operazione è confusa”, “sarebbe meglio vendere la società a un operatore straniero”, tra cui Air France ovviamente. Ma soprattutto, secondo il Ft, questo risorgere del protezionismo industriale “getta un’ombra sulla sincerità  di Enrico Letta. Il presidente del Consiglio ha detto di voler attrarre investimenti esteri. La strategia su Alitalia manda un messaggio contraddittorio. Dire di essere aperti è facile. Ma quello che conta – conclude il Ft – è esserlo veramente quando una compagnia straniera bussa alla porta”.

E come afferma l’Huffington Post riprendendo le parole del Financial Times:

Nel criticare la scelta dell’esecutivo, il quotidiano economico ricorda quel che è accaduto cinque anni fa. “L’azienda stava andando in bancarotta, quando l’allora primo ministro Silvio Berlusconi si oppose fermamente a un’offerta di acquisizione da parte di Air France-KLM, insistendo sul fatto che la compagnia doveva rimanere italiana”. Di qui la decisione di vendere il vettore a un gruppo di imprenditori italiani, “la maggior parte dei quali – sottolinea il Ft – non aveva alcuna esperienza nel settore dell’aviazione”. Il resto è storia. “Il tentativo di rimettere la compagnia in buona salute fallì, e ora Alitalia si trova di nuovo sull’orlo della bancarotta”.

E il governo italiano – di fronte a questo refrain – cosa fa? Sceglie, secondo il Ft, di “ripetere lo stesso errore commesso nel 2008”, facendo spuntare dal cilindro “una soluzione che farebbe restare la compagnia in mani italiane”: l’operazione Poste Italiane, “società di proprietà  del governo” il cui core business – a rigor di logica – non ha nulla a che spartire con l’aviazione.

Alla stroncatura del Financial Times si accompagna quella del Wall Street Journal, che non è molto più morbido nel giudicare la scelta dell’esecutivo, né nel definire Alitalia come “il simbolo nazionale che generazioni di politici hanno cercato di proteggere”. Un simbolo – attacca il Wsj – il cui ritorno all’insolvenza incarna il fallimento della politica industriale in Italia”.

“La prolungata recessione economica – sottolinea il quotidiano economico Usa – ha esacerbato la mancanza di competitività di molte aziende” italiane, “già svantaggiate da un enorme peso fiscale, complicatissime leggi sul lavoro, alti costi energetici e ingerenze politiche. E così la base industriale del paese si sta erodendo man mano che settori una volta brillanti, come l’acciaio, l’auto o la componentistica, tagliano posti e spostano le produzioni all’estero. Alitalia – conclude il Wsj – ne è l’esempio più eclatante”.

Enrico Letta sta perdendo smalto a livello internazionale? E’ in caduta libera?

I cittadini mettono mano al portafoglio per pagare Alitalia: esposto alla Ue

alitalia-tuttacronacaIl ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Maurizio Lupi, aveva dichiarato che lo Stato Italiano “non ha messo soldi, neanche un euro dei soldi dei cittadini” per il salvataggio dell’Alitalia. Stando al Codacons, però, la verità è ben diversa. Meglio, “è vero esattamente il contrario”. L’associazione spiega infatti che “Saranno proprio gli utenti, attraverso la società controllata al 100% dal Tesoro, Poste Italiane, a ripianare i debiti della compagnia aerea. L’intera operazione Alitalia avrà effetti diretti sulla tasche dei cittadini italiani, e il ministro Lupi lo sa bene. Questo perchè lo sforzo economico di Poste andrà inevitabilmente ad intaccare i servizi universali gestiti dall’azienda, a tutto danno degli utenti, specie le fasce più deboli, che indirettamente si troveranno a pagare il prezzo dell’operazione”. Il Codacons, al riguardo, presenterà domani alla Ue un esposto urgente secondo il quale Poste Italiane “E’ una società per azioni che nel caso di Alitalia acquista titoli azionari, ma l’assetto proprietario di Poste vede la partecipazione totalitaria del ministero dell’Economia, e l’attività di controllo contabile sono affidate a una società di revisione e soggette al controllo della Corte dei Conti sulla gestione del bilancio e del patrimonio”. Così stando le cose, afferma ancora l’associazione, non solo vengono smentite le dichiarazioni di Lupi, ma si configura un aiuto statale che è l’intera collettività a pagare.

Poste salva Alitalia… o prova a salvare se stessa?

poste-alitalia-tuttacronacaSi è detto che il governo ha scelto un socio per Alitalia che abbia anche un know how e che Poste, oltre a 75 milioni di euro, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral. Il problema è che della flotta, nelle mani di Poste al 100% dal 2005, l’anno scorso si era annunciata la vendita a causa di continui risultati economici negativi, con bilanci sono in perdita continua negli ultimi anni. Come sottolinea Giornalettismo: “Poco sembra aver insegnato la ‘lezione’ del passato ‘salvataggio dei patrioti del Cai’, voluto dal governo Berlusconi. Quello che per i contribuenti è costato circa 5 miliardi di euro, secondo le stime di Sergio Rizzo. Più del gettito Imu. E che non è certo riuscito ad aggiustare i conti della compagnia di bandiera italiana, considerati i debiti che ammontano a circa 1 miliardo e 300 milioni di euro”. Mistral è stata nel 1981 dall’attore Carlo Pedersoli, meglio noto come Bud Spencer, diventando operativa nel 1984. In seguito passata in mano al gruppo olandese Tnt, nel 2002 finì in mano a Poste Italiane quando ancora erano amministrate da Corrado Passera. Costo: 9 milioni di euro. Della flotta fanno parte 8 velivoli, tra cui 4 Boeing. I mezzi sono adibiti al trasporto pacchi e lettere di notte, mentre, durante il giorno, trasportano passeggeri verso mete e luoghi di culto. Per quel che riguarda le perdite, come ricorda anche Il Fatto, nel 2010 si registrava un -1.5, passato a -2.2 l’anno successivo mentre nel 2012 ha fatto registrare una perdita netta di 8,2, tanto che l’ad Massimo Sarmi chiese una ricapitalizzazione di 3 milioni di euro. E annunciò la volontà di venderla. Ma per Mistral Air sono passati anche altri nomi. Dal luglio 2008 all’agosto 2010 ne fu presidente il berlusconiano Antonio Martuscello, ex dirigente di Publitalia e ora commissario Agcom. Praticamente con l’offrire Poste come socio per ricapitalizzare Alitalia con 75 mln di euro e studiando “strategie” e “sinergie” tra le due compagnie di volo, Sarmi tenterebbe di ricadere sotto la bandiera italiana con un obiettivo che potrebbe essere quello, nota Giornalettismo,  “di puntare su viaggi a lungo raggio, in particolare verso le capitali e le grandi città d’Oriente, soprattutto se ci sarà una collaborazione crescente con Air France Klm, il gruppo franco olandese che detiene già il 25% di Alitalia e che era in corsa per salire al 50%.” Per quel che riguarda la compagnia d’Oltralpe, al momento resta in stand-by,  per capire quali saranno le mosse definitive, aspettando anche il consiglio d’amministrazione del gruppo. Dopo aver già fatto capire di non essere intenzionata a farsi carico dei debiti di Alitalia, dovrà decidere se ricapitalizzare o tirarsene fuori.

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Le Poste entrano in Alitalia: la compagnia di bandiera torna in quota?

alitalia-posteitaliane-tuttacronacaRiguardo la situazione dell’Alitalia, Enrico Enrico Letta, dopo aver vagliato diverse possibilità, si è concentrato sull’opportunità di un socio che abbia anche un know how specifico per quel che riguarda Alitalia. Come spiega Ansa le Poste, attraverso la compagnia aerea controllata Air Mistral, possono garantire la condivisione di infrastrutture logistiche, informatiche e di controllo. E questo per il governo rappresenta un punto cruciale per avviare quella discontinuità che ad un certo punto Letta decide di imporre con un obiettivo sicuramente ambizioso: quello di non far vivacchiare Alitalia ancora un po’ e poi svenderla ma rilanciarla facendo fare a ciascun attore, anche gli attuali azionisti, la sua parte per bene e fino in fondo. La morale è che ora Alitalia potrà contare sull’innesto di capitali freschi: un totale di 300 milioni, di cui 75 provenienti dalle Poste, 150 da privati, e con altre formule comprese le obbligazioni azionarie. Da parte sua governo scende in campo da garante per dare fiducia agli azionisti, dopo il fallimento del progetto Fenice, e rendere Alitalia nuovamente competitiva e pronta ad affrontare qualsiasi trattativa decidendo da sola il suo destino in una cornice che rafforzi il progetto, punta di diamante del programma dell’Esecutivo, del ‘fare sistema’.

In mattinata, ai microfoni di Sky Tg 24, Corrado Passera, sul tema Alitalia, ha detto: “Non erano prevedibili cinque anni di recessione così forte che ha toccato fortemente i ricavi dell’azienda: l’impegno dei dipendenti e dei soci privati era servito per superare il fallimento della vecchia Alitalia, che grazie all’intervento della nuova Alitalia aveva permesso di salvare 30.000 posti di lavoro e rendere meno oneroso per le casse pubbliche le conseguenze di quel fallimento che va addebitato alla gestione precedente”. E ha aggiunto: “Non so se Alitalia è salva, bisogna vedere se si porta fino in fondo questo aumento di capitale che in gran parte mi sembra che i soci privati siano disposti a coprire. Certamente è un lavoro che da molti anni si sta facendo”.

Da parte sua Carlo De Benedetti, a margine dell’Internet Festival di Pisa, non ha risparmiato un attacco a queste dichiarazioni: “Sconvolgenti ma non sorprendenti le dichiarazioni di Passera sulla vicenda Alitalia. Certo c’è stata la crisi da noi come altrove ma la combinazione tra il marketing elettorale di Berlusconi e il marketing politico di Passera si è dimostrata disastrosa per tutti meno che per loro”. Ha quindi precisato: “più di 5 miliardi del denaro dei contribuenti è stato bruciato sull’altare delle ambizioni personali”, e proseguito: “Tutto ciò ha portato al risultato economico-finanziario-strategico che oggi vediamo. Con il fallimento della politica “liberale” di Berlusconi e per la inconcludente esperienza politica di Passera, questa sì, giudicata da tutti un’irrecuperabile delusione”.

Il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi ha invece spiegato di essere “sempre molto perplesso di fronte agli interventi della mano pubblica in una società privata. Certo, se è un cerotto per tamponare una situazione di emergenza, passi; però bisognerà una volta per tutte fare una riflessione seria per avere un piano di medio-lungo termine”. Squinzi ha anche sottolineato la complessità della situazione, aggiungendo cheForse l’Italia è diventata un paese troppo piccolo per permettersi una grande compagnia di bandiera, bisognerà fare una riflessione forte da questo punto di vista”.

Il ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupo, a Radio anch’io Rai, ha invece spiegato la mossa del governo, spiegando che è intervenuto affinché i privati facessero la loro parte nel risanamento e rifinanziamento e per un “fortissimo piano industriale all’insegna della discontinuità”, perché Alitalia era in condizioni “disastrose”. Ha quindi precisato che “Poste Italiane certamente può essere non un aiuto da parte del pubblico, ma l’individuazione di un’azienda sana come partner industriale in un settore che è sempre di più complementare”.

Ad appoggiare le scelte del Governo Letto i segretari della Uil e della Cisl. Luigi Angeletti ha spiegato che l’intervento dello Stato per Alitalia a questo punto, al di là delle ideologie, è necessario, visto che la compagnia è “sull’orlo del fallimento” e “il capitalismo italiano non riesce a mantenere certe dimensioni aziendali”. Un fallimento di Alitalia “avrebbe comportato una piccola catastrofe economica per il Paese, che non possiamo permetterci. Per questo l’intervento del governo è necessario, non è una scelta politica. Quindi per il segretario Uil, ad un certo punto è meglio parlare di un intervento dello Stato in modo meno ideologico”. Da parte sua Raffaele Bonanni ha detto che l’ingresso di Poste in Alitalia ”è una buona cosa, Alitalia ha bisogno di un po’ di giorni per prendere fiato e vedere un po’ cosa costruire per utilizzare un’energia davvero potentissima”. ”Il nostro bacino utenti – ha detto – è il quinto del mondo, quindi molto appetibile. Ed è un peccato distruggerlo insieme ad un’azienda che oggi è in difficoltà per varie ragioni. Bisogna poi costruire una joint venture con altre realtà”.

Quello che è certo è che c’è da augurarsi che, una volta risanata, la compagnia di bandiera abbia ali forti per ricominciare a volare e tenersi in quota, senza “atterraggi d’emergenza” tra un’altra manciata d’anni. Solo cinque anni fa Crozza cantava:

Chi salverà Alitalia?

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Forse si risolverà la questione Alitalia con una cordata di società pubbliche che dovrebbero ricapitalizzare il vettore aereo. Nel gruppo dei “salvatori” farebbero parte  Poste, Ferrovie, Fintecna, ma anche altri soggetti. L’accordo ci sarebbe ora è questione di dettagli. Chi salverà l’Alitalia? Forse ancora una volta gli italiani. 

Alitalia non vola più, carburante fino al 12 ottobre

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Alitalia avrà carburante solo fino al 12 ottobre. “Non possiamo certo tenerla in vita noi”, dice l’ad di Eni Paolo Scaroni. Ieri sera il flop della riunione a Palazzo Chigi e i tempi sembrano essere sempre più strette e le strade ormai obbligate. Air France è ormai una delle poche soluzioni, magari con un pacchetto di minoranza italiano: di fatto non abbiamo più una compagnia di bandiera con tutti i disagi che tale decisione può comportare. Sul tavolo naturalmente anche i licenziamenti che sono al momento la vera spina nel fianco che si sta cercando di contenere. Oggi ci sarà una nuova riunione e si spera in una soluzione meno drastica di quella che si prospetta all’orizzonte come preannunciano le parole di Scaroni: “Non possiamo rinnovare il fido a una società che non dà sicurezza. Abbiamo già un’esposizione importante, ma se la società non riscuote nemmeno la fiducia dei suoi azionisti, non possiamo tenerla in vita noi con il carburante”.

Alitalia vola in Francia! Non abbiamo più una compagnia di bandiera.

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Non si trova l’accordo tra Alitalia e Governo e la compagnia di bandiera tricolore vola in Francia, nel migliore dei casi. La riunione, durata circa due ore, ha visto la partecipazione, tra gli altri, dell’a.d. Gabriele Del Torchio, del presidente, Roberto Colaninno, dell’a.d. Unicredit, Federico Ghizzoni, del d.g. di Intesa Sanpaolo, Gaetano Micciché, del ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato, e di quello dei Trasporti, Maurizio Lupi. A Palazzo Chigi oggi c’era anche Mauro Moretti delle Ferrovie dello Stato che sarebbe potuto entrare in Alitalia. Ma l’ipotesi salta e l’unica certezza resta il rifiuto categorico della Cassa Depositi e Prestiti.  In tarda serata poi si arriva alla dichiarazione ufficiale, l’Italia non avrà più una compagnia di bandiera e si accompagnerà Alitalia a integrarsi ad Air France. La situazione di Alitalia, per la quale non è stato trovato un accordo per il rifinanziamento a Palazzo Chigi, è ”seria, grave e tesissima”. Lo indicano fonti vicine al dossier e riportate dall’Ansa. Bancarotta o Alitalia… cala la notte sulla bandiera tricolore.

 

Vola in rosso il conto di Alitalia:294 milioni di debito in solo 6 mesi

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I conti in rosso volano in alto per Alitalia: 294 milioni di debito in solo 6 mesi. In peggioramento rispetto ai 201 milioni dello stesso periodo del 2012.   Intanto il Governo non si affida solo a Air France ma cerca altre strade. E’ lo stesso ministro dei  Trasporti Maurizio Lupi, che al termine dell’incontro con il suo omologo francese Frederic Cuvillier, afferma “nessuna preclusione”. La sua affermazione è in linea con quanto affermato questa mattina da Flavio Zanonato che aveva affermato: “”Non è detto che solo i francesi possano immettere capitale. Stiamo lavorando a una soluzione ponte con il coinvolgimento di alcune banche. Oggi l’azienda deve essere difesa finanziariamente, in modo che possa attuare tutto il piano di ristrutturazione del management e tornare con la capacità di fare alleanze da una posizione di forza”, e poi aveva aggiunto “In questa fase bisogna evitare che Alitalia sia preda di acquirenti che possano avere interessi strategici diversi da quelli del nostro Paese. Mi preoccupa l’ipotesi che una compagnia sposti tutto l’asse del trasporto aereo centrale in Francia, con l’Italia marginalizzata”.

Il ministro Lupi ha quindi ripreso e rilanciato quanto già confermato da Zanonato e ha spiegato che “non c’è alcuna preclusione da parte del governo italiano” a un aumento della quota di Air France-Klm in Alitalia, ma a condizione che si riconosca il “ruolo strategico” del mercato e del vettore italiano e che ci sia “la salvaguardia dei livelli occupazionali e dello sviluppo”.

‘Vigileremo sul progetto industriale dell’azienda, con chiunque lo si farà”, ha aggiunto Lupi, ribadendo l’intenzione del governo di preservare”gli scali italiani” e l’ex compagnia di bandiera, per evitarne la marginalizzazione. “Vogliamo che sia ribadito da un piano industriale e dagli investimenti relativi” che Alitalia “non sia considerata una compagnia regionale”, ma mantenga la sua posizione su scala internazionale.

In ogni caso, ha poi sottolineato, “siamo in presenza di aziende private e quindi giustamente i governi non entrano nelle trattative tra le due aziende”, ma allo stesso tempo il suo ministero e quello francese hanno “rivendicato e condiviso che il ruolo che i governi devono assumere è il ruolo di controllo della strategicità di questo settore di fronte alla nuova apertura di scenario del mercato dei trasporti”, su cui si affacciano nuovi attori di spicco.

Intanto in serata dopo due consigli di amministrazione arriva una minuscola ricapitalizzazione da 100 milioni di euro, che darà solo una lieve boccata d’ossigeno alla compagnia di bandiera. Servivano almeno tra i 300 e 400 milioni per soddisfare le necessità finanziarie e di liquidità della società. Il consiglio ha previsto un’assemblea per il prossimo 14 ottobre per varare l’operazione.

Quell’aereo per Zurigo… rubati 44 kg di lingotti d’oro!

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Sembra proprio che ogni giorno ci siano i riflettori puntati sull’aeroporto parigino di Roissy-Charles-de-Gaulle e sui voli di Air France. Venerdì il sequestro record di oltre una tonnellata di cocaina a bordo di un aereo proveniente da Caracas e oggi il furto di 44 kg di lingotti d’oro su un volo in partenza dalla capitale e diretto a Zurigo.  Secondo i primi dati dell’inchiesta il furto sarebbe avvenuto giovedì scorso, a margine del volo della compagnia Hop (filiale di Air France) diretto a Zurigo, durante lo scarico di un furgone della compagnia Brink’s contenente 9 casse con 300 chili d’oro. All’arrivo dell’aereo nella capitale svizzera infatti gli agenti della Brink’s incaricati di recuperare il carico hanno rilevato la mancanza di due casse contenenti 44 chili d’oro del valore di circa 1,6 milioni di euro. Per Christophe Naudin, esperto delle sicurezza aerea, «questo incidente rileva le incredibili carenze di sicurezza legate a fattori umani nelle zone aeroportuali francesi».

 

Cocaina in volo, oltre una tonnellata sull’Air France

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Scoperta una partita di cocaina di 1,3 tonnellate, del valore stimato di 270 milioni di euro, su un aereo cargo Air France, nascosta in 30 valigie. Sono state le forze di sicurezza francesi a sequestrare il carico sull’aereo proveniente da Caracas atterrato a Nanterre, non lontano da Parigi. Il blitz è avvenuto l’11 settembre ed è stata definita come la più importante operazione antidroga mai realizzata nella provincia parigina. Arrestate anche 6 persone che facevano parte di una banda di narcotrafficanti.

Paolo Borsella: stroncato da un malore mentre era in volo per tornare a casa

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Era partito da poche ore da Punta Cana, nella repubblica di Santo Domingo, diretto a allo scalo parigino di Roissy da dove poi avrebbe preso un volo per raggiungere l’Italia Paolo Borsella, 24enne italiano originario di Castelfidardo, in provincia di Ancona. Ma non è mai arrivato. A interrompere il suo volo un malore improvviso che l’ha colto mentre si trovava nella toilette di un volo Air France. Borsella, residente al quartiere della Figuretta e figlio di un imprenditore, si trovava nella città caraibica dove progettava di aprire una pizzeria quando ha deciso di fare una sorpresa alla famiglia alla quale è molto legato. Sono state le fonti aeroportuali a rendere nota la notizia alla stampa francese, avvisando anche che oggi è il giorno deciso per l’autopsia, ma già nella notte sono iniziati ad arrivare i messaggi su Facebook che annunciavano la sua morte. Lo sportivo potrebbe essere morto a causa di un infarto. Borsella, più piccolo di tre fratelli, viaggiava con la fidanzata.

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Forze islamiche vogliono vendetta per azione francese in Mali

Mentre il ministro della difesa si dischiara soddisfatto dell’azione francese, il Primo Ministro inglese Cameron ribadisce che non saranno inviate truppe britanniche.

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