
Giovedì il premier Letta e i ministri Bonino e Mauro avevano rassicurato il segretario generale della Nato Rasmussen che l’impegno militare in Afghanistan sarebbe proseguito. Le rassicurazioni sembravano confermare la volontà del governo italiano di impiegare altre risorse statali per continuare a restare in un territorio sempre più problematico, dove parlare di missione di pace, in un clima di guerriglia, sembra sempre più un eufemismo. Adesso sembra arrivare quella che potrebbe davvero essere una conferma all’indiscrezione che parlava di una probabile prosecuzione della missione sino al 2017 se non anche sino al 2020. Nelle campagne laziali di Monte Romano , truppe aviotrasportate dell’esercito e forze speciali, si sono addestrate in vista di una nuova partenza proprio in territorio afghano. Non sono gli unici, perché anche sulle montagne friulane sopra Gemona, si esercitavano anche elicotteri da attacco Mangusta “simulando un tipico scenario afghano”.
Ma quanto costerà all’Italia rimanere in Afghanistan?
Nei prossimi tre anni almeno 600-800 milioni di euro: 300-400 milioni nel 2015 e la metà nei due anni successivi. A questi vanno aggiunti, per lo stesso periodo, altri 360 milioni (120 l’anno) come contributo nazionale al fondo Nato che finanzierà le forze governative afgane per consentire loro di proseguire la guerra contro i ribelli talebani: un impegno finanziario preso l’anno scorso al vertice Nato di Chicago dall’allora ministro Terzi.
Come racconta il Fatto Quotidiano l’Italia sarà “costretta” a mantenere i suoi impegni internazionali presi dai governi precedenti, senza consultare il parlamento su una questione che invece avrebbe dovuto essere posta all’attenzione dell’Aula e non del solo esecutivo.
La Francia, invece, ha deciso di uscire completamente dall’Afghanistan entro la fine del 2014 chiamandosi fuori dalla futura missione Resolute Support, e sembra aver scartato anche l’ipotesi di prender parte alla colletta di guerra a sostegno dell’esercito afgano che Washington e Nato le hanno chiesto a compensazione del ritiro anticipato.
Ma sarà davvero una missione di pace e di addestramento dell’esercito locale?
Come spiega l’esperto di affari militari Gianandrea Gaiani, direttore di Analisidifesa.it, “a protezione dei nostri addestratori e consiglieri militari rimarrà necessariamente una componente di forze speciali italiane in grado d’intervenire in caso di emergenza, magari sarà numericamente ridotta rispetto a oggi, ma ci sarà sicuramente”. Oggi la Task Force 45 italiana conta duecento uomini: parà del Col Moschin, incursori del Comsubin e del 17° Stormo, Ranger del 4° Alpini e Gis dei Carabinieri. Anche i tedeschi, del resto, continueranno a schierare sul fronte settentrionale la loro Task Force 47 di forze speciali. “Per le stesse esigenze di protezione del contingente – prosegue Gaiani – manterremo in Afghanistan anche una componente aerea formata da droni ed elicotteri da attacco, e non è detto che basteranno: dato che le forze aeree afgane non dispongono di cacciabombardieri, non è escluso che dovremo lasciare là anche i nostri Amx. Insomma, altro che ritiro…”.
Si preferiscono gli impegni internazionali alla politica sociale italiana? Il governo di servizio è al servizio della Nato o dei cittadini italiani?
Mi piace:
"Mi piace" Caricamento...