Hanno perso la vita in sette persone a Prato, nell’incendio divampato in una fabbrica tessile gestita da cinesi. Ora, dopo un primo momento di sconforto, ex imprenditori e lavoratori del settore gridano la propria rabbia. Strozzati da concorrenza e regole ferree hanno perso il lavoro, come un ex proprietario di un’azienda locale che si chiede: “Subivamo continui controlli, noi, su tutto. Come è possibile che i cinesi possano invece operare in queste condizioni?” Nel capannone non si trovava solo la fabbrica di confezioni, ma anche un dormitorio così che, accanto a materiale altamente infiammabile, si trovavano dei loculi dove riposavano i lavoratori. E mentre la procura di Prato ha aperto un’indagine per omicidio colposo plurimo, un imprenditore che ha chiuso la sua azienda 11 anni fa, Massimo Nuti, tiene a sottolineare: “Mi hanno fatto chiudere. Per un’azienda in regola non è possibile sopravvivere. Loro fanno una concorrenza scorretta”. Con lui Alessandro Mati: “La mia azienda ha chiuso nel 2008, era un’impresa regolare. Ma non ce la faceva più, la concorrenza cominciava a essere spietata. Il titolare ha mandato a casa 50 dipendenti, 50 famiglie sulla strada. Ed ecco come vivono i lavoratori cinesi, quattordici ore di lavoro al giorno, dormono e mangiano in loculi, senza igiene, senza sistemi di sicurezza, sottopagati. Come può un’azienda in regola competere in queste condizioni?” Lo stesso procuratore della Repubblica Piero Tony ha dichiarato: “La maggior parte delle aziende sono organizzate così: è il far west. I controlli sulla sicurezza e su ciò che è collegabile al lavoro, nonostante l’impegno dei tutte le amministrazioni e delle forze dell’ordine, sono insufficienti. Siamo sottodimensionati: noi come struttura burocratica, ha spiegato il procuratore, siamo tarati su una città che non esiste più, una città di 30 anni fa”. Anche dal Colle arrivano moti di indignazione, con il Presidente della Repubblica che sollecita “interventi concertati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione di insostenibile illegalita’ e sfruttamento” realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico”. E il ministro del Lavoro Giovannini ha reso noto che nel 76% delle aziende del distretto di Prato sono state rilevate irregolarità nei primi 9 mesi del 2013. Il tasso medio, nella regione Toscana, è del 63%. “Ho parlato con il segretario generale del ministero per valutare i passi da fare” ha aggiunto Giovannini, ricordando come “al ministero spetti il controllo sulla regolarità dei lavoratori mentre ad altri spetta verificare le infrastrutture delle aziende ed i sistemi antincendio”.
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