Piccole stelle Disney crescono… e seguono le orme della Cyrus!

bella_thorne_candies_tuttacronacaIn principio fu Britney Spears, quindi Lindsay Lohan e Miley Cyrus, ora c’è Bella Thorne. Si tratta della nuova stellina uscita dalla Disney e pronta a trasformarsi in una bad-girl. Protagonista della serie tv per ragazzi “A tutto ritmo”, ha fatto un passo nel mondo della moda posando per la nuova collezione di abiti del brand “Candie’s”, giocando a far la femme fatale e mostrando le curve. E sono piovute critiche.

Katie Yoder, dell’associazione no-profit Culture and Media Institute, ha detto: “Il marchio Candie’s non vende vestiti, vende sesso e insegna alle ragazzine come essere seducenti. Il messaggio mandato dalla Thorne è che essere femminili non ha niente a che fare con l’essere genuine e che la sicurezza si acquista solo scuotendo i fianchi e muovendo il sedere”. 

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Gli abiti per gli alluvionati gettati in una discarica

alluvione_vestiti_gettati_tuttacronacaDue giorni fa erano stati trovati degli abiti gettati in una discarica a Olbia: si trattava dei vestiti raccolti a Massa Carrara per aiutare le famiglie più colpite dall’alluvione in Sardegna. Ieri, gli uomini della Polizia locale di Olbia hanno individuato i responsabili: si tratta una di coppia di 37 anni, olbiese, residente a poca distanza dal luogo dove sono stati recuperati gli indumenti. Spiega L’Unione Sarda che la coppia è stata segnalata alla Procura della Repubblica di Tempio Pausania. I capi d’abbigliamento, quasi tutti nuovi e destinati a bambini e adulti, erano stati presi in consegna nei giorni scorsi da un autotrasportatore sardo che la aveva portati a Olbia, dove sarebbero stati consegnati alla coppia che li avrebbe poi dovuti distribuire alle famiglie bisognose.Gli agenti della Municipale, tuttavia, hanno accertato che  i due hanno scelto gli indumenti per loro e i propri familiari con l’intento – hanno dichiarato ai vigili – di consegnare il resto ad un centro di raccolta. Non riuscendoci, se ne sarebbero disfatti, gettandoli in uno dei contenitori per la raccolta di indumenti, che però in zona non c’è.La versione, però,  non ha convinto gli uomini della Polizia locale guidati dal comandante Gianni Serra: i due sono stati quindi denunciati per getto di cose (articolo 674 del Codice penale).

11 arresti a Prato per false residenze

rogo-fabbrica-prato-tuttacronacaE’ stato il Gip del tribunale di Prato ad emettere i provvedimenti a seguito dei quali la Guardia di Finanza ha eseguito 11 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di appartenenti ad una presunta associazione a delinquere composta da italiani e cinesi che a Prato favoriva il rilascio di falsi certificati di residenza ad immigrati di origine cinese. Nell’inchiesta è coinvolto anche un pubblico ufficiale che, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, aiutava l’associazione a ottenere illecitamente, in cambio di denaro ed altre utilità, le iscrizioni all’anagrafe di cittadini cinesi che non ne avevano i requisiti ed erano entrati in Italia illegalmente. Stando quanto si apprende, dalle indagini sarebbe emerso che almeno 300 cittadini cinesi hanno usufruito dell’associazione per avere i documenti.

Il caso di Prato e la Kyenge incolpa gli italiani. Di chi ci possiamo fidare?

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La Kyenge incolpa gli italiani per la strage avvenuta a Prato nella fabbrica di abbigliamento e ha ragione.  Ma ha ragione perché l’Italia ha soprattutto  la colpa di tollerare questi comportamenti sul suo territorio, l’Italia ha colpa di non avere risorse e mezzi per accertare chi, come questi imprenditori cinesi, viola non solo le regole basilari di dignità umana, ma anche la sicurezza sul lavoro. La Kyenge ha ragione, ma a questo punto l’unica cura, veramente possibile, sarebbe chiudere le frontiere e ammettere il proprio fallimento, lasciando che  i cinesi e le altre comunità di stranieri vadano a fare imprenditoria in quelle nazioni dove i loro diritti sono tutelati, unitamente ai diritti del paese ospitante. La Kyenge ci accusa affermando «La comunità cinese ha le sue colpe, noi abbiamo le nostre. I cinesi hanno bisogno di uscire dalle loro comunità chiuse, ma per farlo devono potersi fidare di noi. E noi forse non abbiamo dato loro tutta la protezione necessaria», spiega. «I bambini cinesi di Prato sono ormai italiani di terza generazione. Parlano i dialetti locali. Vanno a scuola e si direbbe che siano perfettamente integrati. Ma quando crescono ed entrano nell’età lavorativa si trovano praticamente tutti rinchiusi all’interno delle varie imprese a carattere familiare». E, aggiunge, «se sono sfruttati, non denunciano. Noi dovremmo dare loro la sicurezza della protezione, se denunciano lo sfruttamento. La loro difesa passa per un percorso di immigrazione regolare». Quindi il ministro chiede «ai membri della comunità cinese di sentirsi cittadini a pieno titolo e di non esitare a denunciare una situazione che non va». Kyenge rivolge un monito anche alle Istituzioni affinché «si faccia crescere la sensibilità sul tema della dignità del lavoro».

La Kyenge ha ancora una volta  ragione  a dire che i cinesi sono chiusi nella loro comunità perché non si fidano delle nostre istituzioni, ma quanti italiani hanno ancora  fiducia nello Stato? Basta dare un’occhiata alle statistiche!  Quale italiano che accende la televisione e vede quelle immagini di tragedia e dramma all’interno della fabbrica di Prato, può credere in uno Stato che permette ai cinesi di lavorare e vivere in situazioni disumane, mentre  sale l’angoscia per gli italiani sempre più disoccupati  che non hanno neppure la possibilità di crearsi un futuro? Perché gli italiani devono tollerare che i cinesi possano violare le leggi? Loro una comunità di cui si fidano ce l’hanno,  ma gli italiani ? In fondo la Kyenge, ministro senza portafoglio, parla di protezione necessaria per i cinesi, ma dove sono quelle per la tutela dei nostri figli? Dove solo quelle per i pensionati? Dove sono le tutele per i disabili o per i malati? Dove è lo Stato di diritto se i cittadini italiani sono solo numeri di conto corrente per chiedere tasse  mentre scadono i servizi? Non ci sono tutele, è perfettamente giusto il discorso della Kyenge: l’integrazione è un lusso che non possiamo permetterci!  E allora, non illudiamo gli stranieri, non promettiamogli un futuro, lasciamoli andare in altre nazioni a realizzare i loro sogni e quando e se potremo li accoglieremo… Se le condizioni del nostro paese miglioreranno. Ora è solo sfruttamento e un biglietto da visita per l’estero.

Prato: dalle lacrime, alle polemiche

prato-incendio-tuttacronacaHanno perso la vita in sette persone a Prato, nell’incendio divampato in una fabbrica tessile gestita da cinesi. Ora, dopo un primo momento di sconforto, ex imprenditori e lavoratori del settore gridano la propria rabbia. Strozzati da concorrenza e regole ferree hanno perso il lavoro, come un ex proprietario di un’azienda locale che si chiede: “Subivamo continui controlli, noi, su tutto. Come è possibile che i cinesi possano invece operare in queste condizioni?” Nel capannone non si trovava solo la fabbrica di confezioni, ma anche un dormitorio così che, accanto a materiale altamente infiammabile, si trovavano dei loculi dove riposavano i lavoratori. E mentre la procura di Prato ha aperto un’indagine per omicidio colposo plurimo, un imprenditore che ha chiuso la sua azienda 11 anni fa, Massimo Nuti, tiene a sottolineare: “Mi hanno fatto chiudere. Per un’azienda in regola non è possibile sopravvivere. Loro fanno una concorrenza scorretta”. Con lui Alessandro Mati: “La mia azienda ha chiuso nel 2008, era un’impresa regolare. Ma non ce la faceva più, la concorrenza cominciava a essere spietata. Il titolare ha mandato a casa 50 dipendenti, 50 famiglie sulla strada. Ed ecco come vivono i lavoratori cinesi, quattordici ore di lavoro al giorno, dormono e mangiano in loculi, senza igiene, senza sistemi di sicurezza, sottopagati. Come può un’azienda in regola competere in queste condizioni?” Lo stesso procuratore della Repubblica Piero Tony ha dichiarato: “La maggior parte delle aziende sono organizzate così: è il far west. I controlli sulla sicurezza e su ciò che è collegabile al lavoro, nonostante l’impegno dei tutte le amministrazioni e delle forze dell’ordine, sono insufficienti. Siamo sottodimensionati: noi come struttura burocratica, ha spiegato il procuratore, siamo tarati su una città che non esiste più, una città di 30 anni fa”. Anche dal Colle arrivano moti di indignazione, con il Presidente della Repubblica che sollecita “interventi concertati a livello nazionale, regionale e locale per far emergere da una condizione di insostenibile illegalita’ e sfruttamento” realtà produttive e occupazioni che possono contribuire allo sviluppo economico”. E il ministro del Lavoro Giovannini ha reso noto che nel 76% delle aziende del distretto di Prato sono state rilevate irregolarità nei primi 9 mesi del 2013. Il tasso medio, nella regione Toscana, è del 63%. “Ho parlato con il segretario generale del ministero per valutare i passi da fare” ha aggiunto Giovannini, ricordando come “al ministero spetti il controllo sulla regolarità dei lavoratori mentre ad altri spetta verificare le infrastrutture delle aziende ed i sistemi antincendio”.

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Il rogo della fabbrica-dormitorio a Prato: ipotesi di omicidio plurimo

incendio-prato-tuttacronacaLa procura di Prato ha aperto un’inchiesta a seguito dell’incendio della fabbrica-dormitorio tessile in cui hanno perso la vita sette lavoratori cinesi. I reati per i quali è stata aperta sono quelli di omicidio colposo plurimo, disastro colposo, omissione di norme di sicurezza e sfruttamento di mano d’opera clandestina. Piero Tony, il procuratore della Repubblica, al riguardo ha affermato: “E’ il far west. I controlli sulla sicurezza e su ciò che è collegabile al lavoro, sono insufficienti”.

L’orrore dell’ operaio cinese: ha cercato di rompere il vetro, ma ha trovato le sbarre

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L’orrore della fabbrica cinese a Prato, non ha fine. Uno degli operai morti nell’incendio ha tentato di salvarsi rompendo il vetro di una finestra, ma ha trovato le sbarre a impedirgli la fuga. Il suo corpo è stato trovato nell’unica parte dove c’erano i cosiddetti “loculi” adibiti a dormitorio. Quella parte della fabbrica non è crollata ma è diventata la tomba per quell’operaio che è stato ritrovato con il braccio fuori dalla finestra, tra le sbarre. Gli altri invece sono stati ritrovati sotto le macerie del soppalco che è crollato. Alla fine il bilancio dovrebbe essere di 7 morti, ma potrebbe aggravarsi dato che alcuni feriti sono in ospedale in condizioni critiche.

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L’allarme è stato dato da un ex carabiniere Leonardo Tuci, membro dell’Associazione nazionale carabinieri in congedo: “Stavo passando con la mia auto quando ho visto una colonna di fumo provenire dal capannone. Mi sono avvicinato e ho visto che c’erano alcuni cinesi che mi venivano incontro piangendo e urlando. Sono corso verso il capannone e ho visto un cinese che con un estintore in mano per cercare di spegnere l’incendio. Allora ho preso anche io un estintore per aiutarlo. Era stremato, anche per il freddo, e continuavo a sentire le urla dei cinesi”.

Morte in fabbrica, a Prato va in fumo un’impresa tessile: 3 morti e 2 feriti gravi

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Tragico incidente questa mattina in un’impresa tessile di Prato gestita da cittadini cinesi. L’incendio, scoppiato alla periferia della città nell’area del Macrolotto, ha ucciso tre persone. Sono invece sei gli ustionati gravi. Si tratta di una ditta di confezioni di abiti. Le fiamme hanno causato il crollo di una parte del fabbricato che sarebbe adibito a dormitorio: piccoli ambienti ricavati con pareti di cartongesso e dove probabilmente si trovava a dormire l’uomo trovato morto. I Vigili del Fuoco stanno lavorando per capire le cause dell’incendio e per mettere in sicurezza la fabbrica.

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Chernobyl dopo 27: le tute dei pompieri sono radiattive

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Sono passati 27 anni ma, come la scienza già ci aveva avvertito, le radiazioni di Chernobyl non passano. Lo testimoniano gli abiti che indossarono i pompieri che per primi intervenirono per provare a domare l’incendio. Gli abiti ritrovati nel seminterrato dell’ospedale 126 di Chernobyl sono stati analizzati e sono risultati altamente radioattivi.  I pompieri eroi che vestirono quegli abiti sono morti poco dopo l’esplosione del reattore a causa della contaminazione da radiazioni. Nel video viene ampiamente mostrato quanto forti sono ancora le emissioni radioattive.

Nel video viene ampiamente mostrato quanto forti sono ancora le emissioni radioattive.

 

Italiani che trovano il successo all’estero: il caso del marchio Kinabuti

kinabuti-moda-italia-tuttacronacaCaterina Bortolussi e Francesca Rosset, entrambe poco più che trentenni, sono arrivate in Nigeria alcuni anni fa e proprio nella capitale del Paese, Lagos, hanno creato il loro marchio di abbigliamento: Kinabuti. Come loro spiegano: “pensiamo di essere al posto giusto nel momento giusto”. La società risponde alla domanda di prodotti di “lusso” che sta sorgendo in alcune fasce di una popolazione che sta vivendo una progressiva crescita del benessere: la Nigeria è infatti uno dei paesi africani più ricchi di petrolio e il suo Pil aumenta al ritmo del 7-8% annuo. Qui ci si rivolge non solo ai prodotti importati dall’estero, ma anche a quelli realizzati in loro, che consentono di rispondere in modo più rapido ed efficace alle richieste della clientela valorizzando contemporaneamente le capacità artigianali del territorio. Si creano inoltre nuovi posti di lavoro e infatti l’azienda delle due italiane ha finanziato un programma di formazione che si rivolge a giovani donne che vivono nelle aree più degradate del paese.

Da qui sono uscite 21 ragazze che ora, a un anno e mezzo dall’avvio del progetto, lavorano stabilmente come modelle professioniste: le loro storie sono state raccontate dal regista svedese Marcus Wemer Hed nel docu-film “In our ghetto”.

15 donne della comunità di Rumolumeni, nel delta del Niger, stanno inoltre seguendo un corso di cucito e confezione per imparare a tagliare e cucire gli abiti secondo i canoni internazionali. Caterina racconta: “Ci sono i talenti, la voglia di fare ma non le competenze. Mancano le scuole di formazione, un sistema distributivo definito e una supply chain sicura”. E poi ci sono i problemi logistici, tipici di un paese in via di sviluppo (“le strade non funzionano, manca l’elettricità”).

Anche per questo i quantitativi prodotti attualmente da Kinabuti sono ancora limitati, ma – promettono le due socie – “non appena riusciamo ad aumentare la produzione, puntiamo ad esportare i nostri abiti anche in altri paesi”.

A 7 anni fa la stilista… Onore od orrore?

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Suri Cruise non è mai stata una bambina come le altre. La figlia di Tom Cruise e Katie Holmes ha sempre avuto i riflettori accesi sin dalla sua più tenera età. Ora però a 7 anni sembra che sia stato deciso che disegnerà la prima collezione di abiti per giovani ragazze. Dopo la separazione dei suoi e dopo il trasferimento a New York e una nuova scuola da frequentare arriva anche il lavoro. Rassicurazioni vengono da più fonti e dicono che nonostante  “questo ultimo anno è stato molto difficile per lei” ora l’attende ” una nuova vita ma anche una nuova scuola” e disegnare abiti “sarà un bel passatempo per lei, ma non le prenderà interamente la sua vita”.  E per fortuna che tempo fa la madre Katie garantiva che la figlia avrebbe avuto “un’infanzia il più normale possibile”. Torna alla ribalta il problema dei “figli di”… fotografati, iconizzati e “messi a lavoro” sin dalla più tenera età… ma tanto la difesa dei genitori è sempre la stessa “si diverte e per lei è solo un gioco”. Un onore od orrore?

Le nuove monete nate con la crisi economica!

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Si torna al baratto con una nuova filosofia: quello che non ha più valore per qualcuno, può averne per qualcun altro in un meccanismo “win-win” che avviene senza mettere mano al portafogli. Per facilitare questo scambio, in Italia, è nato il Dropis, una moneta perfetta per facilitare questi scambi che non si può comprare, ma si ottiene solamente in cambio di qualcosa che non si desidera più, oppure in cambio di ore del proprio lavoro.  A Roma in particolare, si moltiplicano per esempio gli “swap party” che altro non sono che mercatini dove chiunque può portare oggetti (si è iniziato con abiti e gadget tecnologici) che non usa più, consegnarli al banco dell’accettazione, e ricevere in cambio oggetti che altre persone hanno portato per lo scambio.

Il baratto si fa tecnologico e la rete un mercato quasi infinito in cui scambiare gli oggetti da quelli di uso quotidiano a quelli più inusuali.

E dove la crisi morde di più, in Grecia per esempio, il fiorire di monete locali e parallele è ancora più diffuso: così l’euro è diventato «Obolo» a Patrasso, «Tem» a Volos, e «Kinò» a Salonicco. Anche in Italia gli esempi di monete locali non mancano, ma a livello mondiale ce n’è una, il bitcoin che sta spopolando e proprio ieri ha raggiunto per la prima volta la quota record di 100 dollari.

Si può parlare di vera e vera e propria bolla speculativa che sta facendo crescere vertiginosamente la valutazione del bitcoin che solo un mese fa era di circa 33 dollari e che ora è quotato a 100. Ma come reagiranno le banche a questa escalation che sembra inarginabile di iniziative che oggettivamente indeboliscono il loro potere?

La senatrice comprava abiti senza pagare! Condannata per 13mila euro.

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Paola Pelino, non ha usato i rimborsi elettorali per pagarsi i vestiti, ma è stata condannata a rimborsare 13mila euro di abiti non pagati. La parlamentare del PDL è stata condannata dal tribunale di Pescara a pagare 13mila 136 euro, spese legali comprese, per alcuni  vestiti acquistati nel 2009 ma mai pagati alla boutique “Le Gabrielli”. La senatrice si è difesa dicendo di non aver pagato la merce perchè “mi è stata consegnata senza scontrini fiscali”, poi smentita dai titolari dall’attività. Forse si aspettava che il partito li pagasse per lei?

Gli abiti da favola della principessa Diana vanno all’asta!

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Sono alcuni fra gli abiti piu’ celebri della principessa Diana, tra cui quello indossato in un ballo con John Travolta nel 1985 alla Casa Bianca. Si tratta di 10 pezzi che andranno all’asta a Londra il 19 marzo prossimo, e che sono valutati quasi 700 mila euro, come ha annunciato la casa d’aste Kerry Taylor Auctions. ”Alcuni dei vestiti sono stati indossati nel corso di visite ufficiali in Austria, Australia, Brasile, India, Corea del Sud e Stati Uniti.

Riprese in apnea per le copertine più glamour!

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Che siano abiti o lingerie, il risultato non cambia. Quello che invece sembra una nuova frontiera della moda è il tentativo di inventare passerelle inusuali. Ma costa fatica. Questa volta ci ha provato il fotografo Dave Kotinsky che per il suo set ha scelto il fondo di una piscina. Modelle in posa e in apnea per un risultato che sembra piacere alle griffe. Sembra che il “subacqueo” sia all’ultima moda!

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