
«La velocità era eccessiva, inadeguata alle capacità evolutive della nave ed all’ampiezza dell’area di manovra e del tutto inidonea a consentire sia l’evoluzione in sicurezza sia l’effettuazione di manovre di emergenza per compensare eventuali avarie o problemi, con violazione dell’articolo 66 del regolamento di sicurezza e dei servizi marittimi del porto di Genova». Così scrive il pm Walter Cotugno, titolare dell’indagine sulla tragedia di Molo Giano.
Indagati sarebbero quindi comandante Roberto Paoloni, 63 anni, il pilota del porto Antonio Anfossi, 46 anni, il primo ufficiale Lorenzo Repetto, 56 anni, il terzo ufficiale Cristina Vaccaro, 22 anni, la società Ignazio Messina Spa, il cui legale rappresentante è il presidente del consiglio di amministrazione Andrea Gais, 51 anni.
A quanto si apprende dall’inchiesta la nave quella notte stava andando troppo veloce: viaggiava a 6 nodi invece dei 3, massimo 3,5, consentiti in quel punto. Inoltre la velocità era “inadeguata”. La Jolly Nero è un’imbarcazione che risente degli anni che ha. E’ dotata “di una sola elica e quindi con scarse capacità di manovra a marcia indietro e dotata di un solo propulsore di vecchia concezione” in quanto per passare dalla marcia indietro alla marcia avanti è necessario fermare il propulsore e poi riavviarlo.
La nave sarebbe stata fatta salpare «non in perfetta efficienza ed in particolare con il dispositivo contagiri del motore visibile sul ponte e sulle alette, dove si trovavano entrambi gli indagati, non funzionante». Il contagiri «doveva consentire al comandante ed al pilota di valutare immediatamente il regolare avviamento e mediante il numero di giri, la potenza concretamente erogata dal motore, dati del tutto indispensabili per la realizzazione della manovra, la cui sicurezza era fondata unicamente sull’azione frenante del motore». Colpa di Repetto sarebbe stata quella di non avere avvertito il comandante ed il pilota «del mancato avviamento della macchina in fase di manovra, sia al momento dell’ordine `macchina avanti molto adagio´ durante l’evoluzione, sia in seguito». Comandante e pilota dal canto loro non avrebbero dato «l’ordine di riavvio del motore» e non «averne controllato l’esecuzione, dopo che comunque avevano appreso che il motore non si era concretamente avviato». Poi le ancore a cui avrebbero dato fondo con «immotivato ritardo».
Se i fatti saranno provati si tratterebbe davvero di un’uscita dal porto che avrebbe violato anche le più normali norme di sicurezza in mare… un po’ come partire con una macchina vecchi, con problemi di sterzo e farla partire premendo sull’acceleratore in spazi ristretti di manovra?
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