35 grandi menti eccellenti che però iniziano a scontrarsi ancor prima di salire al Quirinale per essere ricevuti dal Presidente della Repubblica. La prima a minacciare le dimissioni è Lorenza Carlassare “Forse ho sbagliato, alla fine, ad accettare, nelle mie perplessità, A questa aspirazione autoritaria io non ci sto e quindi la mia idea sarebbe di portare la mia voce dissidente, ma forse ho sbagliato perché questa voce dissidente non avrà alcuno spazio”. Ma se i lavori devono ancora iniziare su che cosa si dissente oppure sono iniziati e non ce ne siamo resi conto?
“Se vedo – continua la professoressa emerita di diritto costituzionale all’Università di Padova – che questi argomenti trovano sordi gli altri io immediatamente mi dimetto”. “Cambi alla forma di governo assolutamente no – conclude – perché non si possono scaricare sulla Costituzione le incapacità della classe politica, i partiti hanno perso la bussola e hanno dimenticato tutto quello che c’è nella Costituzione e che in qualche modo già segnava un programma. Io vorrei che la attuassero la Costituzione”. Augusto Barbera, uno dei 35, in un’intervista al Quotidiano Nazionale ammette: “Noi non siamo ministri. Possiamo dunque permetterci di lavorare nell’ombra”. In ogni caso, “fossimo rimasti 25 sarebbe stato meglio, ma siamo comunque la metà dei 70 che scrissero la Costituzione”. Ma pensano di dover riscrivere tutta la Costituzione oppure solo le riforme?
L’idea dei saggi delle riforme non piace invece a Massimo Villone, ordinario di Diritto costituzionale dell’Università Federico II di Napoli, secondo cui la commissione dei 35 saggi è comunque un “inutile paccotto”, dove peraltro, alcuni “sono sconosciuti” mentre “mancano nomi eccellenti, come quelli di Zagrebelsky, Rodotà e Amato, per citarne qualcuno. Scelta – si chiede Villone – o dimenticanza?”.