Si chiama Black & white il bar gestito da Umberto Toia, il 48enne chiamato “il presidente” da magliaia di tifosi in curva allo Juventus Stadium. Il suo bar-tavola calda è in via Moncalieri, a Grugliasco, sud di Torino, una vetrina affacciata su un piccolo slargo, e dietro un cortile. Proprio qui, nella notte tra il 23 e il 24 dicembre, è stato ferocemente pestato fino a quando non è rimasto a terra incosciente. E ormai ci sono pochi dubbi: si è trattato di una spedizione punitiva che porta alla luce delle dinamiche all’interno della curva, con le tifoserie che fanno “impresa”. Potrebbe essere questa la cornice dell’aggressione. Il 18 agosto scorso, allo stadio Olimpico di Roma, i bianconeri alzano al cielo la Supercoppa italiana. Che arriva anche nelle mani di uno sconosciuto che la brandisce fino a quando un responsabile della sicurezza ne torna in possesso. Come sottolinea il Corriere: come fa un capo-tifoseria a festeggiare con una coppa in mano come fosse un giocatore? Quell’uomo è Umberto Toia, e quell’immagine restituisce il senso di una vicinanza, anche fisica, tra molte società di calcio e certi ambienti ultras. “Potrebbe mai accadere una cosa del genere in Inghilterra, magari dopo una finale Chelsea-Liverpool?”, riflette un investigatore. Quella sera Toia indossava la maglietta del suo gruppo, Tradizione . È il cuore di una galassia di altre sigle (Fighters , Antichi valori ), che allo stadium occupano la parte bassa della curva, vicino al campo, e che in passato si sono contrapposte a chi oggi sta in alto, al secondo anello, i Drughi. Ancora il sito del quotidiano ricostruisce:
Quei posti in curva, nell’estate 2011, durante il ritiro della Juve a Bardonecchia, alcuni gruppi se li contesero in una rissa a coltellate. E non perché da un settore si veda meglio o peggio. La posizione vuol dire potere, che significa seguito, e quindi guadagno per i professionisti del tifo. Non si parla di milioni di euro, in curva. Ma buoni affari comunque si fanno. Il commercio è uno di questi. Umberto Toia è ad esempio titolare, con un socio di business e di tifo, di un’azienda di abbigliamento che porta il nome dei «suoi» stessi ultras: Tradizione lifestyle Srl . E poi ci sono le trasferte. Dal loro sito i Drughi pubblicizzano in questi giorni i charter per la partita Juve-Trabzonspor, a fine febbraio in Turchia. La dinamica è semplice. Gruppi ultras come un’agenzia viaggi: per servizi e, di conseguenza, introiti. Possono farlo (succede con molte tra le più grandi tifoserie) perché i sistemi di vendita dei biglietti sono degli imbuti, e chi riesce a gestire una parte dei tagliandi può usare questa leva per «fare impresa».
“Ambiente stadio, ma non strettamente questioni di tifo”, dicono gli investigatori. È qui che probabilmente bisognerà cercare le ragioni del pestaggio di Toia fuori dal suo bar. Proprio là dietro al Black & white dove, nel 2007, la Digos trovò una cinquantina di mazze, bastoni e manganelli. “Sventata una probabile giornata di battaglia”, si disse. Anche all’epoca c’era una fondata ipotesi: che di battaglia fratricida si trattasse. In casa/curva Juve.