Frasi pesanti quelle dette dal pentito Nino Giuffré che ha deposto al processo sulla trattativa Stato-mafia:
“Non è che la mafia sale su un carro qualunque. Scegliemmo di appoggiare Forza Italia perché avevamo avuto delle garanzie”, secondo il pentito la mafia avrebbe scelto di saltare sul “carretto del vincitore”, Forza Italia, nel ’94, un po’ perché “c’era un atteggiamento generale di favore dell’opinione pubblica verso la nuova formazione politica, ma anche perché ci fu un accordo interno alla nostra organizzazione di votare per FI. Però -ha precisato l’ex boss- è vero che siamo saliti su questo carretto, ma non è che Cosa nostra sale sul primo carretto che passa. Siamo sì abili a capire chi è il vincitore, ma prima di salire ci sono state garanzie di persone vicine alla mafia. Dell’Utri aveva dato garanzie e per questo si è deciso di saltare sul carretto di Forza Italia”.
Sempre parlando di politici Giuffrè ha aggiunto: “Vizzini era il punto di riferimento per collocare la gente alle Poste”. Il pentito ha poi parlato di due fasi nella strategia di Cosa nostra: quella del progetto di eliminare politici ritenuti inaffidabili (Martelli e Craxi) e magistrati nemici e quello, successivo alle stragi del ’93, in cui la mafia pose in atto un vero e proprio ricatto allo Stato. Il teste ha negato di avere mai sentito parlare del “papello”, il presunto elenco con le richieste che il boss Riina avrebbe fatto allo Stato.
Monique
/ novembre 22, 2013Appunto, non esistono “perseguitati”…