“I ghe dà da magnar la sabbia…” diceva Giovanni Bianchi. Le parole, da confermare, sono riportate nero su bianco nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’arresto del direttore generale dell’azienda di servizi Agec di Verona, Sandro Tartaglia, e di altre otto persone, tra le quali il direttore dei servizi istituzionali dell’ente, tre dirigenti e altrettanti dipendenti accusati, tra le altre cose, di aver pilotato alcune gare. Bianchi era il tecnico informatico dell’Agec che faceva parte della commissione che aveva appena deciso l’aggiudicazione dell’appalto per la distribuzione dei pasti nelle mense delle scuole dell’infanzia, primarie e secondarie del Comune. A “mangiar la sabbia”, i piccoli alunni.
Come ricordava il Corriere del Veneto:
I partiti non c’entrano: da Venezia a Padova, l’unico denominatore comune sembra essere il denaro (e il potere) che ruota intorno ai funzionari e agli appalti pubblici. Nell’ordinanza di arresto dei funzionari veronesi sono riportate alcune frasi intercettate dalla guardia di finanza che per settimane ha tenuto sotto controllo i vertici dell’azienda. E tra queste, spicca proprio quella che il tecnico informatico avrebbe pronunciato subito dopo l’assegnazione del bando per le mense dei bambini. Parole che sembrano sfuggite in un attimo di pentimento. «A seguito dell’aggiudicazione della gara – scrive il magistrato – uno dei commissari, Giovanni Bianchi, il quale forse per un momento si è reso conto di cosa comporti alterare una gara peraltro avente a oggetto la somministrazione pasti ai bambini, si lascia sfuggire il commento: “Da mangiare verrà data della sabbia al posto della carne”».
A finire nel mirino degli investigatori il bando di gara indetto l’11 febbraio 2013, per un valore che superava i 28 milioni di euro. Vincitrice un’associazione temporanea d’impresa composta da Serenissima in collaborazione con la società Euroristorazione: entrambe escluse da ogni accusa. Ma se non bastasse l’affermazione di Bianchi, la commissaria Alessia Confente (dirigente di Agec per il servizio farmaceutico), che secondo gli investigatori avrebbe firmato tutti i verbali di gara senza neppure averne preso parte, è stata intercettata mentre dice: “Con quella riusciamo ad andare in galera sì o no?”. Secondo gli inquirenti, le parole di entrambi denotano “un grado di dolo, di collusione e di totale spregio dell’interesse pubblico da rendere ancora più gravi le condotte a loro ascritte”, al punto che la stessa dirigente in un’altra intercettazione “accetta di far parte di una commissione evincendosi come non si preoccupi delle conseguenze che tale incarico possa comportare”. Al riguardo, due giorni fa Antonello Caporale, scriveva sul Fatto Quotidiano:
[…] Nella nostra testa abbiamo memoria di mazzette e di tangenti, gare truccate, limate, file sostituiti, inganni pianificati e perpetrati o anche solo ideati, nella continuità ideale di una devianza costituente, un morbo intraducibile e inestirpabile dell’identità dell’amministrazione pubblica. Il Sud è stato sempre un passo avanti nella gara alla furfanteria, ma in questo caso il Nord (pure leghista) della civile Verona, così tanto propagandata attraverso l’immagine del pragmatico sindaco Tosi, conferma il sospetto che non c’è limite al peggio e non c’è salvezza verso gli abissi. Truccare una gara d’appalto non è la stessa cosa che intossicare la dieta di un bambino, giocare col suo destino e con la sua vita. La questione qui si trasforma da criminale in disumana, nel senso vero e pieno della parola. C’è un dolo superiore dentro il quale un sentimento minimo di rispetto per la vita altrui, specialmente quando è indifesa e libera da ogni prudenza, dovrebbe convincerci a non oltrepassare almeno la soglia della compassione. E fa ancora più male sapere che la vicenda nasce e si sviluppa dentro una delle città più ricche d’Italia, che negli anni scorsi ha chiesto al resto del Paese, attraverso il suo sindaco (a proposito: ora che fa? Si dimette?) rispetto per la legalità, rigore nella gestione dei fondi pubblici e senso comune per il bene comune. Eccoci invece alla sabbia al posto della carne, alla pianificazione della crudeltà. I nove dirigenti comunali arrestati, e il loro comportamento ora agli atti del fascicolo giudiziario, ci conducono ancora una volta a negare che esista un fondo, un limite, un punto d’arresto della devianza pubblica. Esiste purtroppo sempre uno scalino ulteriore, non c’è orrore che tenga.
Lo stesso giorno, VeronaSera riportava che:
Il sindaco di Verona Flavio Tosi annuncia d’aver dato mandato ai propri legali di querelare il direttore de “Il Fatto Quotidiano” e il giornalista Antonello Caporale per un editoriale intitolato “Politici che rubano sulle mense dei bimbi”, nel quale il giornale si scaglia contro l’amministrazione di Palazzo Barbieri. Questo dopo l’inchiesta sull’Agec, la società municipalizzata che a Verona gestisce anche le mense scolastiche. Il riferimento che ha fatto arrabbiare Tosi è alla famosa intercettazione nella quale uno degli indagati dice in dialetto veronese “…gli daranno da mangiare la sabbia…”.
“Ci sono giornalisti che tentano di rubare l’onorabilità delle persone, oltre a fare disinformazione – ha spiegato Tosi -. Le notizie riportate sono false. Quello che il ‘Fatto Quotidiano’ continua a voler ignorare è che nelle mense scolastiche di Verona, come comprovano tutte le ispezioni effettuate dalla Ulss 20 e dall’ufficio controllo refezione scolastica del Comune, non solo la sabbia non c’è mai stata, ma i pasti sono sempre risultati adeguati alle tabelle dietetiche e alla qualità nutrizionale richiesta”. E’ la seconda querela in due giorni: la Giunta comunale aveva già annunciato querela contro il direttore de “il Fatto Quotidiano”, Antonio Padellaro, e il giornalista Paolo Tessadri per l’articolo pubblicato mercoledì relativo alle mense scolastiche cittadine.
Ma già il 28 ottobre L’Arena riportava di un flash mob di protesta avvenuto il giorno prima ad opera di un gruppo di esponenti del M5S durante il quale i partecipanti hanno depositato dei sacchetti di sabbia davanti al municipio, reclamando le dimissioni di Tosi e della giunta. “Si mandino i bambini a scuola con il cibo portato da casa e si eviti di pagare la mensa fino a quando il servizio non verrà riappaltato con metodo trasparente”. I manifestanti hanno invitato ad azioni collettive contro “un sistema criminale disposto a far male anche ai bambini”. Oltre a boicottare i pasti scolastici, “tutti i cittadini indignati sono invitati a intervenire al consiglio comunale, giovedì (31 ottobre, ndr), per dimostrare il proprio dissenso”, spiega Benciolini. Però il M5S vuole di più: “Chiediamo le dimissioni del sindaco e della giunta”, continuano i manifestanti, “perché delle due l’una: o sapevano benissimo, come sostiene l’ex presidente dell’Agec, Michele Croce, e quindi sono corresponsabili, o non sapevano nulla, ma ciò dimostrerebbe un’incompetenza di cui non ci si può fidare”. Benciolini chiarisce: “È compito della magistratura accertare illeciti e relative responsabilità nell’azienda comunale. Attenderemo che la giustizia faccia il suo corso. Tuttavia riteniamo che le dimissioni da noi richieste siano un dovere etico, a prescindere dagli esiti delle indagini. Tanto più a fronte delle affermazioni dell’assessore all’istruzione Benetti, che ha ricordato la propria contrarietà quando fu deciso di affidare la gestione delle mense all’Agec”.
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