C’è già chi impugna una penna o meglio ha già iniziato a battere sulla tastiera per raccontare come le baby-prostitute dei Parioli siano frutto di un modello deviato che ci deriva dalla società delle Papi girl e di modelli femminili sbagliati prodotti a uso e consumo del pubblico televisivo. Da Non è la Rai alla Cyrus che da ragazza acqua e sapone si è trasformata in modello provocante capace di creare un business sulle sue provocazioni. In realtà il fenomeno è molto più ancestrale e non per questo meno aberrante… ma smettiamola di voler dare una connotazione 2.0 a quello che purtroppo è solo una realtà che c’è sempre stata. Bisogna combatterla, ora si hanno più mezzi per farlo, dalle intercettazioni telefoniche ai social network, capire chi si utilizza la rete come una trappola per “pescare” lolite desiderose di essere notate. Sì, perché a 15 anni si ha voglia di crescere e di farlo in fretta, perché a 15 anni si ha quel gusto di stupire, di essere sopra le righe e per questo si può cadere vittima di chi sfrutta le debolezze dell’adolescenza a scopo di lucro e compie uno dei reati peggiori che possano esistere: lo sfruttamento della prostituzione minorile. La prostituzione rende schiavi e le due ragazzine lo erano. Emarginate dalle esperienze adolescenziali e gettate in uno squallido mondo di bassezze umane.
«Il mio amico ha apprezzato molto la tua amichetta. Vi voleva invitare in barca a Ponza, ma per il week end siamo già in 15». Questo è uno dei “famosi” sms dal commercialista Riccardo Sbarra — arrestato nell’operazione «Ninfa» con altre quattro persone — a una delle due baby squillo dei Parioli che aveva da poco lasciato un cliente e poi aggiungeva «Tu mi piaci, hai amichette giovani e io adoro le lolitine», scriveva ancora il professionista solo pochi giorni prima di finire in manette, oppure, con un altro sms a una delle giovanissime prostitute: «Venite a casa mia e ci restate, se volete».
Parlare di “Lolite” è già voler dare una dimensione romanzata, intellettuale e in fondo far veicolare un immagine distorta di quello che è accaduto a due ragazzine vittime di un meccanismo perverso che non erano neppure in grado di dominare o a cui non sapevano ribellarsi. Non chiamiamole quindi “Lolite”, non cerchiamo attraverso un termine di risvegliare il mito di Nabokov su una storia che non è scritta su una pagina, ma che sarà una ferita profonda che quelle ragazze che si porteranno per sempre dentro la loro testa, quegli orridi ricordi, quei maledetti soldi e quell’adolescenza negata.
Monique
/ novembre 1, 2013Condivido il punto di vista e, naturalmente, non riservo nessuna pietà e nessuna giustificazione per chi, da secoli, favorisce il proliferare di questo mercato e non si rende conto dell’abominio che commette. Tuttavia, non mi sento di scagionare completamente le ragazzine: con tutta l’ingenuità e l’incertezza dell’adolescenza, non si può dire che certe cose non te le vai a cercare e non sei per nulla consapevole di quello che fai.
E, lo dico da insegnante, non si può dire che nessuno ti mette in guardia.