Il terremoto che ha sconvolto il Pakistan provocando olte 320 vittime, ha fatto sorgere anche un’isolotto di fango e sassi nel mare Arabico, a poca distanza dalle coste del Baluchistan. Alto circa 20 metri e lungo una settantina, ha fatto la sua comparsa, davanti agli occhi esterefatti dei pescatori e dei residenti di Gwadar, a 400 chilometri di distanza dall’epicentro del sisma. Il sismologo Gianluca Valensise, dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, ha spiegato che a far emergere l’isolotto, da una profondità di soli 6-7 metri, sarebbe stato “un effetto indiretto del terremoto”: la scossa potrebbe avere generato pressioni elevate che avrebbero causato la liquefazione dei sedimenti sottomarini, emersi in superficie attraverso una frattura.
Ai media locali, gli esperti dell’Istituto nazionale di Oceanografica del Pakistan hanno riferito che la zona è ricca di gas: “Il nostro team ha trovato bolle che risalgono dalla superficie dell’isola e che hanno preso fuoco con un fiammifero. Si tratta di gas metano”, ha detto a Geo tv Mohammad Danish, un biologo marino dell’Istituto. La montagna del sisma, come i locali hanno battezzato l’isolotto, ha attratto subito molti curiosi, alcuni dei quali non solo vi si sono avvicinati con le barche, ma vi sono anche sbarcati. I più anziani ricordano ancora il terremoto nella zona di Makran nel 1945: in quell’occasione apparvero quattro nuovi isolotti, poi spariti nel giro di un anno. Anche in Italia si era verificato un fenomeno simile: era il giugno 1831 quando un vulcano sottomarino, tra Sciacca e Pantelleria, eruttò emergendo dalle acque del Canale di Sicilia. L’Isola Ferdinandea ebbe però breve vita, scomparendo lentamente fino a inabissarsi per sempre nel gennaio 1832.
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