Estate grigia e umore nero per il Cavaliere che ha già iniziato a far campagna elettorale facendo sfrecciare nei cieli italiani gli aerei che inneggiano a Forza Italia e a Silvio Berlusconi. Il governo terrà? I primi entusiasmi per la nota di Napolitano sono svaniti con la stessa rapidità con la quale a suo tempo si sono volatilizzati gli applausi del manipolo di aficionados che sostavano in via del Plebiscito, dopo le prime parole pronunciate dal giudice Esposito. «Il Dottore più legge quella nota e più si incazza», sostiene una delle più assidue frequentatrici telefoniche dell’ex presidente del Consiglio.
Intanto il Cavaliere mastica amaro: non ci sta a chiedere la grazia perché significa accettare «una sentenza ingiusta». Non ci sta a decadere da senatore perché «mi farebbero a fette tutte le procure». Non ci sta ad essere dichiarato incandidabile per due se non sei anni come vorrebbe la legge-Severino. Soprattutto non ci sta a garantire la sopravvivenza del governo sino al 2015, come vorrebbero il presidente della Repubblica e del Consiglio, «mentre io dovrei stare a raccontare storielle in un centro anziani o di recupero di tossicodipendenti». Mastica amaro, l’ex premier, mentre lascia ai suoi consulenti il tempo per cercare una soluzione che lo costringa magari anche all’affidamento ai servizi sociali, ma garantendogli che comunque la pena accessoria verrà estinta assieme a quella principale.
Ieri pomeriggio, a sgomberare i dubbi sulle reali attese del Cavaliere, ha provveduto il ministro Gaetano Quagliariello spiegando a tutti, Colle compreso, che la tenuta del governo sino al 2015 è tutta da costruire perché sarebbe impossibile per i ministri del Pdl restare in un esecutivo dove la maggioranza si divide in giunta sul destino politico del leader del secondo partito di maggioranza. In buona sostanza un altolà indirizzato a palazzo Chigi e al Quirinale – da uno dei ministri del Pdl da sempre più sensibile alle ragioni del Colle – al Pd e a tutti coloro che immaginano un futuro politico del Pdl senza Berlusconi, o con Berlusconi fuori dal Parlamento, nonostante per anni abbiano sostenuto che sia Forza Italia che il Pdl non fossero altro che «partiti di plastica» senza propria autonomia. Un avvertimento che serve anche a ricompattare un partito che si stava pericolosamente spaccando tra falchi e colombe.
Tra quelli con l’auto blu ministeriale e coloro che sono sicuri di guadagnarsela sul campo, magari dopo un passaggio elettorale che «metterà a tacere i cacadubbi come nel 2008 e nel 2013». Anche se il Pdl è normalizzato ed è lontano il tempo dei “coraggiosi” del Teatro Olimpico, a Berlusconi restano però tutti i dubbi su ciò che potrebbe succedere una volta affossato il governo Letta. La prospettiva del voto è tutt’altro che certa e le incognite restano alte anche per la tenacia con la quale il Capo dello Stato insegue la riscrittura della legge elettorale. Nel Pdl c’è chi cerca di prendere tempo nella Giunta per le immunità del Senato tentando di arrivare ad ottobre nella speranza che il Quirinale aiuti la ricerca di «una soluzione politica» che difficilmente ci sarà. Ma il Cavaliere comincia a sospettare anche di questi «tentativi dilatori» che gli vengono suggeriti dall’interno del Pdl da coloro che sperano di poter chiudere anche la finestra elettorale autunnale.
PAURE Stretto nell’angolo e preoccupato anche per il destino delle proprie aziende in caso di crisi di governo, Berlusconi lascerà ancora fare i suoi avvocati per qualche altro giorno ancora, ma non ci sta a restare per lungo tempo senza lo scudo parlamentare ed in balia di procure che – a suo dire – potrebbero convocarlo a raffica o disporre perquisizioni in ogni dove. Contestare l’applicabilità della legge-Severino resta quindi l’ultimo baluardo della difesa dietro il quale ieri l’ex Guardasigilli Nitto Palma ha provato a riparare il Cavaliere che però non si fida più delle promesse e senza soluzione politica è pronto a giocarsi il tutto per tutto facendo saltare il banco.
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