La Corte dei Conti affonda le carceri italiane: nessuna rieducazione!

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Carceri italiane affondate dalla Corte dei Conti che si lancia contro i programmi di rieducazione dei detenuti. L’indagine, portata avanti proprio dalla Corte dei Conti nei mesi scorsi, doveva  verificare “se e in che modo la finalità di assistenza e di rieducazione dei detenuti sia stata effettivamente assicurata, anche riguardo alla necessità di garantire al meglio la sicurezza sociale e di mitigare, se non eliminare del tutto, il problema del sovraffollamento degli istituti di pena”.

La Corte ha anche sottolineato  “carenze a livello pianificatorio caratterizzate dall’inadeguatezza di validi percorsi scolastici e formativi oltre che dall’insufficiente coordinamento sul territorio dei diversi soggetti istituzionali preposti”.

I risultati sono tutti al negativo anche nei confronti di quei   “programmi trattamentali” che hanno “avuto una difficile e faticosa attuazione, nonostante siano apparsi in grado di produrre sia benefici diretti sui destinatari degli interventi, che vantaggi indiretti sulla società nel suo insieme (che fruirebbe di un progressivo decremento dei pertinenti costi economici)”.

In particolare, dall’indagine è emerso come “attraverso l’attivazione di laboratori e pratiche riformatrici si possano offrire mezzi, risorse e strumenti per abilitare o riabilitare socialmente e professionalmente il detenuto fuori dall’universo carcerario, ma sono emerse delle carenze a livello pianificatorio caratterizzate dall’inadeguatezza di validi percorsi scolastici e formativi oltre che dall’insufficiente coordinamento sul territorio dei diversi soggetti istituzionali preposti”.Soltanto da pochi mesi, sottolinea la Corte dei Conti, “è stato sottoscritto un protocollo di intesa con il Ministero dell’Istruzione nel quale sono stati previsti percorsi modulari e flessibili (anche con l’utilizzo di modalità digitali e del libretto scolastico) con i quali l’Amministrazione pensa di poter risolvere il succitato problema”.

Manca anche un controllo dei risultati – Carenze sono state evidenziate anche “sul piano dei monitoraggi e degli indicatori, con conseguente difficoltà di verificare compiutamente gli effetti conseguiti a seguito delle condotte attività di rieducazione carceraria”.

Il problema è sempre lo stesso: non ci sono risorse. Dal punto di vista finanziario, afferma la Corte dei Conti, “il sistema carcerario è tutt’oggi caratterizzato dall’estrema esiguità delle risorse assegnate, che, unitamente al sovraffollamento all’interno degli istituti penitenziari, ha finito per pesare negativamente e in modo incisivo sulle varie iniziative connesse ai trattamenti rieducativi”. Ma “i non soddisfacenti risultati raggiunti sono stati sicuramente determinati – afferma la magistratura contabile – anche da molteplici ulteriori fattori, tra i quali vanno annoverati: la complessità dell’organizzazione; l’esigenza – sovente non soddisfatta – di disporre di una pluralità di figure professionali; i tagli degli organici e la limitata possibilità di copertura dei medesimi a causa della vigente disciplina del turn over; i tagli lineari sullo specifico capitolo di bilancio”.

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2 commenti

  1. LA SVUOTA CARCERI
    Sono i giorni di chi parla della “svuota carceri”, di buonismo e lassismo, di leggi improponibili, di idee malsane, di orde barbariche scorazzare in strada, di migliaia di delinquenti liberi di interpretare la libertà come una prostituta, di penitenziari svuotati irresponsabilmente di ogni utilità e scopo.
    La “svuota carceri” è passata, gli istituti a parere di qualcuno rimarranno privi di carne sottovuoto spinto, di scatole accatastate, di numeri confusamente sconosciuti ai più.
    La “svuota carceri”: così è stata denominata per ben significare una in-umanità in procinto di invadere le praterie nazionali, abbattendo staccionate e porte blindate, rubando e rapinando dignità e vite innocenti, depredando democrazia e una qualche equità.
    “La svuota carceri “ è praticamente operativa, centinaia, migliaia di detenuti, uomini e donne, lasciano le proprie celle, i propri fantasmi, plotoni di senza fissa dimora del proprio disagio stanno per ritornare in seno alla società, in mezzo a noi: ma chi è ritornato tra noi, chi c’è di fronte a noi, chi busserà alla mia porta?
    La “svuota carceri” ha compiuto il suo corso, un po’ meno il coraggio della coerenza politica che dovrebbe formare, educare alla partecipazione di una società che chiede continuamente giustizia, mai parole sciocche che non consentono alcun interesse collettivo.
    Questo nuovo decreto, varato per opporre un argine ai troppo suicidi, per riconsegnare dignità alla pena, ai detenuti e operatori, per non rimanere inchiodati a una sopravvivenza imposta e fuori legge, lontana da ogni legalità, umanità, equità, appare sempre più uno sberleffo a ogni possibile volontà di ragionevolezza.
    Ancora una volta s’è preferito aggirare il vero problema endemico di ogni amministrazione penitenziaria, imbragando con il passamontagna del male minore l’inattuabilità delle norme vigenti.
    La “svuota carceri” è un misero solco scavato nel deserto delle parole, perchè deprivato di strumenti appropriati, mentre per liberare la Giustizia dalle troppe ingiustizie-rallentamenti-indifferenze- occorre una precisa assunzione di RESPONSABILITA’, una misura IDONEA, che liberi i tribunali dalle scartoffie e dalle tonnellate di arretrati, una DECISIONE che consegni dignità-e diritto alla pena, a quella flessibile ed a quella certa, a quella pena che grida di non rimanere interpretazione per pochi eletti.
    Domandiamoci con onestà intellettuale quanti di questi uomini e donne, pur sempre detenuti, potranno essere assunti qua e là, quanti di costoro potranno essere adibiti a lavori di pubblica utilità “dentro” istituzioni pubbliche e private ( so bene di cosa sto parlando, dal momento che gestisco come responsabile servizi interni della Comunità Casa del Giovane, un laboratorio di lavoro pubblica utilità per soggetti incappati nell’etilometro, in reati a bassa pericolosità sociale, per cui conosco il carico delle EVENTUALI difficoltà), oppure quanta di questa erranza umana sarà in grado di fare i conti con una buona vita fatta di rispetto e di reciprocità, perchè diventati “esperti” di una auspicata destrutturazione e ristrutturazione, eseendo stati precedentemente attraversati da una qualche formazione intramuraria.
    Quella grande maturità raggiunta nel panorama penitenziario italiano forse andrebbe valorizzata con maggiore incisività di interventi più che mai urgenti.

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