Continua la scia di polemiche su una storia che rischia davvero di mettere in crisi il governo italiano già ampiamente in imbarazzo sulla scena internazionale. Tra la dichiarazione di Angelino Alfano, ministro dell’Interno, che ha sostenuto che l’estradizione di Alma Shalabayeva e sua figlia Alua, è avvenuta a sua insaputa e la revoca dell’espulsione che suona come un mea culpa, il caso kazako va avanti e mette a dura prova le larghe intese. Il dietrofront ci è stato da parte dell’Italia ma la grave mancanza d’informazione all’esecutivo pesa come una tegola sul Premier Letta che aveva già dovuto compiere diversi slalom dopo le sentenze di Berlusconi e in attesa che la Cassazione si pronunci sul caso Mediaset il 30 luglio.
Ora arriva anche un’indagine interna, che dovrà chiarire cosa successe veramente in quelle ore precedenti che poi portarono all’estradizione della moglie del dissidente kazako Muhktar Ablyazov e la bambina di sei anni. Sull’intera vicenda pesa anche un giallo diplomatico, innescato da un fax con cui la Farnesina avrebbe negato l’immunità diplomatica della signora, come riporta Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera.
E ‘ il 28 maggio quando la storia ha inizio. Un martedì mattina in cui due kazaki, Andrian Yelemessov, ambasciatore in Italia e il suo primo consigliere Nurlan Zhalgasbayev, si presentano in Questura nell’ufficio del Capo della Mobile, Renato Cortese.
Quale è il motivo della visita?
L’agenzia privata Syra che ha i suoi uffici a Roma dietro un compenso di 5000 euro pagato dal regime di Astana, ha individuato la casa dove si nasconderebbe il dissidente Muhktar Ablyazov.
MA Cortese non ha proprio idea di chi possa essere Muhktar Ablyazov, ecco quindi che l’ambasciatore e e il suo primo consigliere gli fanno un profilo dell’uomo da cui emerge che Ablyazov è uno “tra i più pericolosi ricercati dall’Interpol”.
I due mostrano alcuni documenti che documenterebbero come quest’uomo sia abituato a girare armato e sia anche un fiancheggiatore oltre che finanziatore del terrorismo. Insomma un “colpo” che incastrerebbe un “criminale internazionale”.
Cortese spiega che comunque in Italia per arrestare un uomo serve un provvedimento legittimo, non una semplice “soffiata”, così prende tempo e consulta la banca dati della polizia, ma quel nome non compare. Forse sarebbe bastato andare su internet e vedere chi davvero fosse Muhktar Ablyazov e capire che dal 2001, il “pericoloso kazako” è in realtà un oppositore del regime vigente nel suo Paese d’origine.
Oppresso dai kazaki, Cortese, alza il telefono e chiama invece, la divisione dell’Interpol al Viminale. Il funzionario che risponde trova quel nome nel loro archivio ed accanto c’è il “bollino rosso”: per appropriazione indebita e truffa ai danni dello stato. A questo punto, dopo poche ore, nel pomeriggio, arriva un fax dall’Interpol con l’ordine di cattura internazionale. Nessuno parla dello status di rifugiato politico che Ablyazov ha ottenuto a Londra.
Come si giustifica? Che la notizia non è presente sul database dell’Interpol, quindi non esiste, anche se i siti web parlano ampiamente del tentativo di Ablyazov di fondare insieme ad altri dissidenti del governo Nazarbaev, un partito che doveva portare un radicale cambiamento nel Paese: Scelta Democratica del Kazakistan.
A mezzanotte, 50 agenti della Digos e della Mobile fanno irruzione nella villetta romana a via di Casal Palocco n.3 dove si nasconderebbe Ablyazov. In realtà nella villetta stanno dormendo solo Alma Shalabayeva e sua figlia Alua, ospiti della cognata Venera e del marito Bolat. La moglie di Ablyazov viene costretta a sedersi su una sedia e viene interrogata con durezza. Il cognato Bolat viene colpito. La donna viene anche accusata di avere un passaporto falso: è centroafricano e riporta il cognome da nubile della donna, Ayan. Dopo 15 ore di interrogatorio Alma Shalabayeva cede e confessa di essere la moglie Muhktar Ablyazov. Viene quindi portata in una cella, dove una compagna le presta un cellulare e la Shalabayeva chiama a casa. Prima dell’espulsione le viene solo concessa una rapida udienza con i suoi avvocati. Poi c’è solo Ciampino e il volo verso Astana su un jet privato con due diplomatici kazaki.
Uno dei legali della Shalabayeva, Vincenzo Cerulli Irelli comunica ai media italiani alcuni dettagli della detenzione della moglie di Ablyazov, dopo che il governo ha revocato il provvedimento di espulsione:
Alma Shalabayeva e sua figlia Alua “non hanno subito maltrattamenti, per ora”. La moglie del dissidente kazako Muhktar Ablyazov e la bambina di sei anni, si trovano “agli arresti domiciliari in casa del padre di lei. Per raggiungerla – ha spiegato l’avvocato – abbiamo dovuto prendere contatto con un console in Kazakistan. Non ci risultano ulteriori pericoli per la signora ma suo marito è il maggiore oppositore del regime e questo ci fa temere per il futuro. E’ importante che i riflettori su questa vicenda restino accesi”.
Alma Shalabayeva e sua figlia Alua “non hanno subito maltrattamenti, per ora”. La moglie del dissidente kazako Muhktar Ablyazov e la bambina di sei anni, si trovano “agli arresti domiciliari in casa del padre di lei”. Dopo il dietrofront del governo Italiano, che ieri ha revocato l’espulsione della donna, evidenziando una grave mancanza d’informazione all’esecutivo e annunciando un’indagine interna, è uno dei legali della Shalabayeva, Vincenzo Cerulli Irelli a comunicare i particolari sulla sua detenzione in Kazakhistan.
Lettera di Muhktar Ablyazov al Premier italiano:
“Caro Mr Letta, grazie per questa decisione coraggiosa, ma adesso temo che il regime di Nazarbayev reagirà mandando mia moglie Alma in prigione e la mia bimba Alua all’orfanotrofio”, impedendo quindi che possano tornare in Italia. Lo scrive l’oppositore kazako Mukhtar Ablyazov in un messaggio al premier Enrico Letta e consegnato a La Stampa. Il messaggio arriva all’indomani della decisione del governo italiano di ritirare l’espulsione.
Aggiornamento del 13 Luglio 2013, 17.30:
Il governo di Astana ha precisato all’ANSA che Alma Shalabayeva “non è in prigione o agli arresti domiciliari” ma ha obbligo di residenza ad Almaty perché “sotto inchiesta sul rilascio del passaporto per il marito e i famigliari in cambio di tangenti”.
“Al fine di evitare la possibilità che esca dal Paese prima del termine delle indagini a suo carico, Shalabayeva si trova con l’obbligo di dimora ad Almaty (dove ha scelto volontariamente di vivere con i genitori durante il periodo dell’inchiesta) – spiega il dicastero kazako in una nota – Tutti i suoi diritti e le sue libertà previsti dalle legge della Repubblica del Kazakistan e dal diritto internazionale, sono al momento pienamente rispettati e le forze dell’ordine kazake garantiranno che lo siano anche in futuro”.
Nel comunicato si ricorda che “Mukhtar Ablyazov continua a nascondersi dagli organi inquirenti di diversi Paesi” e che il Kazakistan “continuera’ il suo lavoro coi partner all’estero per ulteriori indagini al fine di consegnarlo alla giustizia”. Allo stesso tempo, il dicastero ha assicurato che la Shalabayeva non rischia di essere accusata dei crimini del marito.
3 commenti