L’Italia è in svendita e non è una novità, il problema però è sull’ampiezza del fenomeno e sulle case di qualità che stanno passando a investitori stranieri. Se si auspica che ci sia chi investe in Italia, bisogna anche preservare i marchi che hanno fatto al storia del nostro paese e invece è notizia delle ultime ore che Loro Piana (oltre 130 punti vendita in tutto il mondo e un fatturato nel 2011 superiore al mezzo miliardo di euro) è stata acquistata dal prestigioso marchio francese Lvmh che ha rilevato l’80% dell’azienda. La leader mondiale del cashmere si aggiunge così all’ormai lunga lista di prestigiosi marchi che non hanno più nulla, a parte il nome, di italiano: Bulgari, Fendi, Acqua di Parma ed Emilio Pucci, sono tutti nel grande business di Arnault. Anche se i due leader, i fratelli Sergio e Pier Luigi Loro Piana, a cui resta il 20% dell’azienda si dicono fieri di “associare oggi il nostro nome al gruppo Lvmh” e aggiungono “Il gruppo diretto da Bernard Arnault è quello maggiormente in grado di rispettare i valori della nostra azienda, la sua tradizione e il desiderio di proporre ai suoi clienti dei prodotti di qualità ineccepibile” per gli italiani rimane l’amaro in bocca.
In fondo è solo un acquisizione, qualcosa che avrebbe interessato solo gli analisti economici e invece è balzata alla cronaca e alla politica come una bomba lanciata nel mezzo di una manifestazione. Come mai? Perché l’Italia è fragile, spaventata e depressa nonostante gli annunci del Premier che gridano alla ripresa e alla felicità per il cambio di rotta in Europa, l’italiano sà benissimo che quella ripresa se ci sarà sarà lenta, dolorosa e suonerà all’inizio come un ennesima agonia a cui sottoporre i cittadini e le imprese. Così i grandi marchi che hanno la possibilità di avere a disposizione ricerche di mercato competenti e internazionali, decidono di vendere. E’ un segnale per tutti, è una misura concreta del malessere italiano e non di un solo marchio, ma di un economia che non regge e non ha prospettive.
Che fare?
«Il governo avvii un’indagine, magari con un gruppo di studi interministeriale, per comprendere i motivi che portano alla fuga di grandi aziende simbolo del Made in Italy e della produzione italiana, con i casi che si stanno moltiplicando esponenzialmente» hanno ad esempio chiesto il deputato Michele Anzaldi e il presidente della commissione Cultura Andrea Marcucci (entrambi ndel Partito democratico). «Il presidente del Consiglio Enrico Letta da sempre ha mostrato grande sensibilità per la difesa del nostro sistema produttivo, ne conosce a fondo le potenzialità. Per questo è opportuno che utilizzi tutti gli strumenti in possesso del governo per comprendere le motivazioni che portano alla vendita all’estero dei pezzi pregiati del nostro sistema. Occorre capire se si tratta solo della legittima volontà di fare cassa o se ci sono cause ulteriori che portano gli imprenditori italiani a ritirarsi dal fare impresa».
Ma quale è la situazione reale? Facciamo un passo indietro e vediamo quali marchi sono stati acquisiti all’estero:
Lamborghini, Ducati, Valentino, Bulgari, Fendi, Ferrè, Emilio Pucci, Gucci, Bottega Veneta, Parmalat.
Dall’alta moda, alla meccanica, passando per la gioielleria e arrivando all’alimentari tutte le nostre eccellenze sono state vendute e a volte svendute. Sono investimenti o sono un sintomo di un’economia che sta minando le basi dei grandi marchi? Siamo diventati terra di conquista o attiriamo investitori? La ripresa parte dall’Expo2015, intanto le nostre eccellenze, che non sono un evento ma una realtà quotidiana, affondano… c’è qualcosa che ci sfugge!