L’Air Force One è atterrato qualche ora fa e ora è iniziata la visita ufficiale di Obama in Sudafrica.
Sono state però centinaia le persone che si erano date appuntamento davanti all’ambasciata americana per un sit in di protesta organizzato dal partito comunista e alcuni sindacati. Sui loro cartelli si legge: “Obama e Netanyahu schiavisti”. E anche un riferimento al caso Snowden: “Stop alla guerra contro la libertà di stampa”.
Le parole di Obama perciò sono caute:
«L’ultima cosa che vorrei ora è essere invadente, inopportuno, in un momento in cui la famiglia è molto preoccupata per le sue condizioni di salute. Ora la nostra principale preoccupazione è che si riprenda. Del resto – ha confermato Obama – il messaggio principale che vogliamo consegnare non deve essere necessariamente inviato a lui, ma alla sua famiglia. E cioè la profonda gratitudine per la sua leadership in tutti questi anni e comunicare i sentimenti e le preghiere del popolo americano che sta vicino a lui, ai suoi cari e al suo Paese. Un pensiero che unisce tutto il mondo».
E’ prevista anche una manifestazione all’Università di Johannesburg, nel campus di Soweto, dove Obama parlerà agli studenti e riceverà una laurea ad honorem.
La ex moglie di Mandela, Winnie, nelle scorse ore aveva parlato di un notevole miglioramento delle condizioni di salute di Madiba, anche se quella diatriba finita in tribunale per decidere dove seppellire l’ex presidente è sembrata inopportuna e troppo precoce.
In questo clima Obama ha ricordato i suoi primi passi in politica che iniziarono proprio a sostegno della lotta contro l’apartheid:
«Avevo 19 anni – ha raccontato di recente Obama – e stavo all’Occidental College. Era il 1980 ed ero impegnato nel movimento contro il regime razzista di Pretoria». In particolare, come ricorda un suo compagno di studi, Margo Mifflin, Obama fece il suo primo comizio pubblico il 18 febbraio 1981, aprendo una manifestazione a favore del boicottaggio contro le multinazionali che continuavano a investire in Sudafrica, appoggiando di fatto la repressione dei neri. Ma quel comizio finì male, visto che Barack venne praticamente costretto ad andare via, cacciato da alcuni studenti ‘afrikaaner’.
«All’epoca – racconta Obama – non pensavo che Mandela potesse essere liberato, ma già avevo letto i suoi scritti da cui capii che era un uomo che credeva nei principi base di uguaglianza e pari dignità tra tutti gli uomini».
Un incontro tra Obama e Mandela però ci fu già nel 2005, come testimonia una fotografia che ritrae il presidente Usa insieme a Madiba.