La morte di Stefano Cucchi: la sentenza del processo

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La sentenza del processo di primo grado presso la III Corte d’Assise di Roma per la morte di Stefano Cucchi, 31 anni, avvenuta il 22 ottobre 2009 a Roma vede assolti gli agenti penitenziari e gli infermieri coinvolti nel caso, mentre i medici dell’ospedale “Pertini”, in cui era ricoverato il ragazzo al momento della morte, sono stati condannati. Per quello che riguarda le lesioni subite da Cucchi, nessuno è stato considerato responsabile. Il giorno della sua morte, un giovedì, nella sua stanza all’interno del reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini, dove era ricoverato da sabato 17 ottobre, alle 6.16 gli infermieri avevano scritto non “risponde agli stimoli”, dopo aver segnalato di aver tentato la rianimazione senza riuscirci. Una rianimazione che non poteva riuscire: l’autopsia, di cui verranno resi noti i risultati solo qualche mese dopo, stabilisce che il decesso è avvenuto verso le 3 di notte. Perchè un ragazzo è morto in ospedale nell’indifferenza totale? Perchè nessuno ha controllato prima le sue condizioni? Imputati al processo erano in dodici: sei medici, tre infermieri e tre agenti penitenziari. Le accuse erano, a seconda dei casi, abbandono di incapace, abuso d’ufficio, favoreggiamento, falsità ideologica, lesioni e abuso di autorità. Un altro imputato, il direttore dell’ufficio detenuti e del trattamento del provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria (Prap), Claudio Marchiandi, ha chiesto il rito abbreviato ed è stato condannato nel 2011 a due anni per favoreggiamento, falso e abuso in atti d’ufficio. La sentenza è arrivata solo oggi, per un processo iniziato nel gennaio 2011 svoltosi con oltre 40 udienze e decine di testimoni. I sostituti procuratori, Vincenzo Barba e Francesca Loy, avevano chiesto la pena più alta, sei anni e otto mesi, per Aldo Fierro, il primario del reparto di medicina protetta dove Cucchi era ricoverato e dove è morto. La pena più bassa tra gli imputati (due anni) è stata chiesta invece per tre guardie carcerarie, accusate di lesioni personali aggravate.

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Quella di Stefano Cucchi è stata una Via Cruscis, un calvario iniziato quel 25 ottobre 2009 intorno alle 23.30, quando venne arrestato dai carabinieri nel parco degli Acquedotti perché trovato in possesso di droga. Il giorno dopo viene portato nel carcere romano di Regina Cœli per poi passare in diverse strutture. Nel suo troppo rapido percorso dall’arresto alla morte, ha visitato due caserme dei carabinieri, le celle di sicurezza, le aule e l’ambulatorio del tribunale di Roma, l’infermeria e una cella del carcere di Regina Coeli, il pronto soccorso del Fatebenefratelli, il reparto detentivo del Sandro Pertini e infine l’obitorio. In tutti questi luoghi lo Stato è presente, tra operatori danitari e della giustizia. Ma gli abusi e l’illegalità non vengono ricostruite mai fino in fondo quando “è meglio tacere”. Fu stabilito, con una commissione d’inchiesta del Senato presieduta da Ignazio Marino, che Cucchi presentava lesioni gravi al volto, lesioni vertebrali e un sospetto di trauma cranico addominale già al momento dell’ingresso in carcere e, stando all’accusa, il ragazzo venne picchiato violentemente prima ancora dell’udienza di convalida dell’arresto, la mattina del 16 ottobre. L’accusa prosegue, sostendeo che, dopo il suo ricovero al “Pertini”, non venne curato né nutrito ma lasciato morire di fame e di sete, nonostante le sue pessime condizioni cliniche. Già il 19 ottobre, infatti, ai traumi alla testa e alla schiena si era aggiunta una grave ipoglicemia per un ragazzzo che era tossicodipendente e soffriva di epilessia: abbandono di persona incapace quindi.

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  1. Le motivazioni della sentenza di Stefano Cucchi, morto per malnutrizione | tuttacronaca

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