Un’agenda che avrebbe davvero cambiato la storia d’Italia? L’agenda che avrebbe evitato il tunnel di criminalità sotterranea e spesso infiltrata negli organi più alti delle istituzioni e dello stato? O solo un’agenda di un magistrato in cui vi erano riflessioni e spunti personali, su cui magari negli anni si è mitizzato?
Quell’agenda è sparita… questo è un fatto innegabile. Altri fatti inopinabili sono le dichiarazioni di chi quel giorno arrivò sul luogo della strage:
«Non ricordo chi mi consegnò quella borsa e a chi successivamente l’ho poi consegnata». Questa la testimonianza di Giovanni Arcangioli, l’ufficiale dei carabinieri che il 19 luglio del 92 prese la cartella del giudice Paolo Borsellino dopo la strage di via D’Amelio. Rispondendo ad una domanda del procuratore, Sergio Lari, il testimone dichiarò di aver aperto la borsa e di aver notato al suo interno la presenza del Crest dei carabinieri ma di non essere andato oltre: «Credo ci fosse altro nella borsa, ma non ho guardato con attenzione», ha affermato. Alla domanda se ci fosse qualcuno accanto a lui, l’ufficiale ha risposto che forse c’era il giudice Giuseppe Ayala, ma ha aggiunto di non poterlo affermare con certezza. «A quella valigetta -ha detto- non attribuii alcun tipo di valore, probabilmente sbagliando. La mia mente era ottenebrata da ciò che avevo interno».
Cosa risponde il giudice Giseppe Ayala?
“Qualcuno ha aperto la borsa di Paolo Borsellino, ha preso l’agenda e deciso, tradendo lo Stato, di farla sparire”.
Qualcuno è responsabile della sparizione della borsa e dell’agenda oppure dobbiamo ritenere che si sia trattato di casualità? Di mitizzazione di documenti che avevano un valore relativo e circoscritto a quegli anni? Per quanto tempo ancora ci devono far credere che in fondo “sono cose di mafia”?
Il problema è capire quali sono i confini della mafia… dove si ferma il crimine organizzato, quel potere occulto, quel traffico illecito, quella sorta di Stato parallelo?
Forse la mappa di quei confini era proprio all’interno di quell’agenda. Era lì che Paolo Borsellino aveva ricostruito rapporti e legami che venivano a tracciare una rete ben organizzata e capace di operare in tutti i settori e trarre profitto e vantaggio da ogni piccola e insignificante pedina che si muoveva su quella scacchiera. Forse era per quell’agenda che era strettamente necessario stroncare la vita del magistrato perchè nessuno fino a quel momento aveva saputo così minuziosamente appuntare ogni singolo legame… supponiamo, anzi meglio entriamo in un romanzo criminale, irreale e immaginario, in cui ci vengono prospettati alcuni boss mafiosi. Questi sicuramente sono il Male che l’eroe di turno si trova a dover controbattere quotidianamente, ma mentre combatte loro si appoggia anche a persone che sono il Bene, o lo dovrebbero essere. Istituzioni nate per essere di supporto e per condannare quel Male, nate per sconfiggere i Boss che invece pian piano sono diventati i centri in cui opera quello stesso Male. Dove quei “mafiosi” che si vogliono combattere sono pedine di quelle istituzioni corrotte e marce più del Male da battere. Ecco allora che il nostro Eroe traccia una mappa, con nomi e cognomi, con riflessioni, con dati, con fatti, con rapporti scomodi che toccano importanti personalità… Quell’Eroe diventa un “nemico pubblico”… quella persona diventa una specie di banca dati che può far saltare tutto l’apparato, può sconfiggere per sempre la mafia… e, sempre nel nostro romanzo, la mafia va solo combattuta per l’opinione pubblica… va sconfitta in quelle pedine insignificanti che poi passano per i grandi mali del paese, ma non va sradicata… Che facciamo davvero vincere i buoni come in un film americano?