Al Palazzo delle Esposizioni di Roma porte aperte al videogioco

tabor robak-tuttacronaca

La mostra Empire State – Arte a New York oggi, sbarca al Palazzo delle Esposizioni di Roma e tra i venticinque artisti contemporanei esposti spicca il software artist di Brooklyn Tabor Robak. Le sue opere però, come dimostra anche il suo sito, sono perfettamente fruibili tramite computer. “Sono felice del contrasto, e della tensione che scaturisce quando l’arte digitale affianca quella fisica, tradizionale – commenta Robak, intervistato dall’HuffPost – del resto non tutti i giorni nasce un nuovo mezzo d’espressione”. Presente a Roma con “Screen Peeking”, uno schermo diviso in quattro quadranti ognuno raffigurante un cibo diverso e un differente approccio, Robak “è uno dei primi artisti a riflettere sul grande cambiamento in corso oggi nella percezione umana in seguito ai progressi delle motion graphics sviluppate al computer”. Con questo lavoro, ci ricorda che “non è mai possibile l’accesso all’oggetto in sé, ma solo a una molteplicità di distorsioni ideologiche, e che le persone raramente condividono le stesse fantasie.” Il 27enne produce immagini utlizzando strumenti che generano un universo sintetico, ma riesce a perseguire un “effetto di realtà”. Per farsi un’idea del suo lavoro, un’ottima occasione è anche la visione del video Vatican Vibes, da lui prodotto nel 2011 per Fatima Al Qadiri.

Roboak, che letteralmente invita lo spettatore ad entrare nella sua opera, ora è riuscito a rendere il videogioco una forma d’arte che, in quanto tale, ha il diritto di comparire in un museo: “La resistenza al digitale è simile a quella che anche il cinema e la fotografia hanno dovuto superare. Le mie opere sono rivolte al pubblico degli appassionati d’arte, ma le realizzo adoperando i medesimi strumenti degli sviluppatori di videogiochi: ambienti virtuali 3D real-time. Ovviamente in ciò che creo non c’è l’aspetto prettamente ludico, né un punteggio da accumulare”. Questo stesso modo di fare altre, inoltre, permette di accedere, anche stando a casa, “alle opere originali, non alla loro riproduzione”. Ecco allora che la rete diventa, con le parole dello stesso artista, “un medium democratico, coerente con quella vasta parte della cultura, del commercio e della socializzazione che avviene virtualmente”.

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