Non si parla d’altro in Italia. L’Imu è al centro di ogni controversia politica e rischia di far cadere il fragile governo Letta che si è appena insediato. Ma chi ha inventato l’Imu? Era il marzo 2011 e all’interno del progetto del federalismo fiscale il governo Berlusconi sostituì la vecchia Ici con una nuova tassa che sarebbe dovuta partire nel 2014. Poi a novembre 2011 il nuovo esecutivo capitanato da Mario Monti ne anticipò l’entrata in vigore nel 2012 estendendola alla prima casa, inglobando l’Irpef fondiaria e aumentando le rendite catastali facendo una vera e propria strage sociale. Si snaturò il criterio stesso dell’Imu (il federalismo fiscale) poiché oltre 23,7 miliardi, di cui 4 miliardi provenienti dalla prima casa, andarono direttamente nelle casse dello Stato centrale. Cosa restava ai Comuni? I soldi dell’Ici più una quota sulla prima casa e gli eventuali aumenti discrezionali. Iniziò così la battaglia Anci e Tesoro. Secondo i sindaci, infatti, a Roma hanno sottostimato il gettito della vecchia Ici di almeno un miliardo di euro rubandolo, dunque, ai comuni. A dicembre, Monti cede alle pressioni del Parlamento e decide che l’Imu 2013 andrà tutta ai Comuni, con l’eccezione di opifici, alberghi, fabbricati commerciali etc: con questa novità però – calcolando anche il miliardo della nuova Tares sui servizi indivisibili – lo Stato azzerava i suoi finanziamenti ai comuni.
Ora però si cambia ancora e le casse dei comuni sono destinate a rimanere vuote… sembra ormai certo che bisognerà tornare ai trasferimenti da Roma.
“Questa è la cosa drammatica – spiega Alberto Zanardi, professore di Scienza delle Finanze a Bologna – La dialettica tra erario e comuni viene moltiplicata perché ogni anno cambiamo l’imposta e bisogna stabilire da capo quel che sarebbe stato il gettito”. Togliendo l’Imu sulla prima casa bisognerà trovare una cifra compresa tra i 3,3 e i 4 miliardi. É il primo, enorme problema: circa il 25 per cento dei Comuni, infatti, aveva aumentato l’aliquota sull’abitazione principale ricavandone un extragettito, altri avevano intenzione di farlo quest’anno (Napoli e Bologna, ad esempio), tutti avevano già inglobato quelle maggiori tasse nel bilancio di previsione per il 2013. L’inghippo? I trasferimenti statali saranno tarati sull’aliquota base del 4 per mille – senza aumenti – per evitare che chi ha faticato per tenere basse le tasse venga alla fine penalizzato. Spiega il primo cittadino di Bolzano Luigi Spagnolli: “Il presidente Letta ha annunciato che non si pagherà l’Imu sulla prima casa: dovranno però dirci come e dove prendere quei soldi già messi a bilancio”.
Discorso che riguarda anche la Tares, altra imposta comunale, se si deciderà di rimandarla all’anno prossimo. “In questo stato di incertezza – dice il vicesindaco di Genova Stefano Bernini – non riusciremo ad avere un bilancio: senza certezza di entrate, i Comuni saranno costretti ad andare avanti a dodicesimi (di mese in mese) con il rischio di spendere di più”. Non solo: i sindaci – se i trasferimenti statali fossero rallentati come è accaduto negli ultimi anni – potrebbero trovarsi ad avere pure problemi di liquidità. “Effettivamente c’è un problema e lo affronteremo”, dice il neoministro Graziano Delrio, sindaco di Reggio Emilia.
Intanto a rischio ci sono la manutenzione delle strade, il verde, i rifiuti, il welfare, gli asili e altri servizi.