Il rinnovamento di Papa Francesco: comunione ai divorziati?

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Forse non si può ancora parlare di una svolta, ma il fatto che Papa Francesco abbia incaricato monsignor Paglia, presidente del pontificio consiglio per la famiglia, di studiare la possibilità di concedere la possibilità si ricevere i sacramenti a separati e divorziati, è sicuramente un passo avanti. Sembra ci sia l’intenzione di non prendere un’unica posizione universale ma di valutare, di volta in volta, ogni singola situazione. Una simile apertura era già stata valutata anche da un Sinodo dei vescovi svoltosi a Roma lo scorso ottobre, quando si è discusso  sull’ammettere all’Eucaristia e agli altri sacramenti le coppie divorziate e risposate. All’epoca, molti dei vescovi presenti si erano espressi a favore di una simile apertura. In particolar modo, monsignor Gmur avrebbe rimarcato la necessità della Chiesa di non far rimanere nella condizione di peccato le coppie divorziate e risposate: “Conosco una coppia, sono sposati da 50 anni e tutti e due hanno alle spalle brevi esperienze matrimoniali. Questi 50 anni non contano nulla? È solo una realtà peccatrice? Forse qui la Chiesa deve immaginare un nuovo trattamento”. Poi ha aggiunto: “Proviamo a pensare ad una ragazza che vive con sua madre e con il compagno della madre, allora bisogna ripensare le relazioni del corpo della famiglia, del corpo della Chiesa e anche del corpo umano, della sessualità”. Era stato apprezzato anche il precedente intervento del vescovo Mario Grech di Malta: “Per le coppie di fatto che sentono l’insegnamento del Magistero come un macigno sulla loro testa e sui loro cuori e trovano difficoltà a riconciliarsi con la Chiesa e forse con Dio, l’avere la Chiesa che cammina accanto a loro si rivela veramente come una buona notizia. Queste coppie si aspettano dal Sinodo una parola illuminante”. In fin dei conti lo stesso insegnamento che professano parla di non giudicare e di non condannare, perchè quindi escludere qualcuno dall’Eucaristia? Soprattutto considerando che, alcuni tra coloro che la somministrano, si son macchiati di “peccati” ben più gravi del non essere stati in grado di mantenere la promessa di “finchè vita non ci separi”. C’è poi da considerare che, visto i tempi i crisi, non tutte le giovani coppie riescono ad avere l’occasione di sposarsi pur desiderando avere una famiglia: è giusto “punire” anche loro perchè una definizione arcaica li indica come persone che vivono “nel peccato”?

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