Esce il libro di Fabio Zuffanti O casta musica. Pamphlet ribelle contro la “Malamusica” (Vololibero Edizioni, 2012). “Tema centrale del volume sono vizi, storture e brutture che dilagano nel mondo musicale italiano, che a suo dire è in mano a una casta di addetti ai lavori (…) Zuffanti è autoironico, caustico, irriverente, come un buon polemista deve essere, e coglie a fondo la fragilità del sistema musica, fatto di piccole caste arroccate a difendere privilegi e a farsi favori reciproci, senza avere la minima sensibilità di guardare oltre i propri interessi. Tutto questo parlando della così detta ‘musica leggera’, ma siamo sicuri che le stesse caste non esistano anche nella ‘musica colta’?” così Riccarso Santagelo scrive nella sua recensione pubblicata su Amadeus.
Le caste esistono e come… iniziamo con i direttori artistici e gli agent di spettacolo che decidono fra loro, in piena autonomia, cast intere di molte stagioni d’opera? Passiamo poi alle giurie di tanti concorsi che fanno vincere gli allievi già segnalati da qualche musicista affermato o qualche politico di turno? Ci sono critici che se un artista suona male, ma è del loro club, la sua interpretazione è sempre siderale; e commissioni di conservatorio, che valutano gli aspiranti supplenti in graduatorie dove i loro stessi amici e allievi, casomai talenti scarsi, arrivano prima di artisti veri ma figli di nessuno. Chi sono, se non dei castaroli, i sovrintendenti di nomina politica che trasmigrano per teatri come fanno i Razzi dei partiti in parlamento; e quei direttori, sul podio grazie a sponsor che poi, finiti i soldi, lasciano macerie ovunque?
Che dire delle associazioni culturali nelle sedi di partito, con annesse scuole di musica tenute in nero e non c’è finanziere che mai passi di lì? Per non parlare delle star nell’arte non dei suoni ma dello slinguo agli assessori, che prendono soldi pubblici per rassegne dove invitano coloro che, in altre città, ricambiano cortesia e compensi nello stesso modo, intascando dindi col trucco dei progetti culturali: si chiamano scambisti. Non sono vessate da una genìa immonda, le centinaia di precari che non avranno mai una cattedra stabile perché sulle esistenti giacciono, inutili ed eterni, i culi grassi di chi mangia a sbafo da decenni senza essersi sudato nulla? E non è una lobby ad aver imposto, per l’insegnamento di uno strumento musicale a scuola, il superamento preventivo di un po’ d’esami di Didattica? Serafino Di Eusanio, gran filosofo di Teramo, m’insegnò che è proprio dove finisce la sostanza a cominciare il metodo.
Infine, ho in mezzo al cuore gli studenti privatisti, banditi tutti (tranne quelli che devono sostenere il solo diploma) dalla possibilità di dare esami in conservatorio come esterni. Una porcata di legge compiacente li ha resi prigionieri di un’istituzione-casta per troppi versi marcia, il cui scopo principale è ormai la sopravvivenza con qualsiasi mezzo. Pure con la costrizione, per terminare studi già iniziati fuori, a iscriversi ai suoi corsi pieni di pippomaterie da scompiscio che, però, le garantiscono stipendi e classi. Dopo il Tar del Lazio, spero dia ragione a questi ragazzi anche il Consiglio di Stato. E la sentenza, prevista a breve, faccia saltare piani e poltrone dei peracottari d’accademia. Non ho più spazio e devo chiudere. Ma non è tutto. Ci tornerò.
Elisabetta Lelli
/ marzo 21, 2013Era ora!!! 😀
Almeno questo 😉
tuttacronaca
/ marzo 21, 2013Ma quanto siamo stanchi delle caste… a tutti i livelli!