La crisi di Mahumt e quella di suo cugino Yusuf. Il primo è appena stato lasciato dalla moglie e il secondo è stato licenziato dalla fabbrica in cui lavorava. Si ritrovano così a vivere in un Instabul che non lascia spazio o tempo per una introspezione, per la tristezza, per l’inadeguatezza o per un confronto. Tutto si muove veloce tranne i protagonisti. Mahumt è troppo “cittadino” e Yusuf è troppo bucolico. Le loro paure, depressioni e caratteri non si incontreranno mai. Ci sarà solo un percorso che li porterà alla lontananza.
Turchia oggi! O, per meglio dire, Turchia ieri… quando ancora le autorità non invitavano le donne a indossare il velo… quando la Turchia stava progredendo e non tornando insietro come negli ultimi mesi. Uzak o lontananza è la distanza tra i protagonisti, è quello spazio interiore difficile da colmare, è l’impossibilità di avvicinamento di due esistenze. Egoismo, disoccupazione, perdita delle tradizioni culturali… tutto questo crea dei muri e sono quelle pareti le vere cause della distanza che si viene a creare. Uzak è anche una lontananza anche da se stessi, da quello che si crede di essere e da quel che invece si è. Un film da vedere per avvicinarsi a una filmografia diversa da quella a cui il nostro occhi si è abituato… a un linguaggio che non è quello del cinema occidentale, ma che sa emozionare lo spettatore con i campi lunghi, con i tempi rallentati e con una scelta di montaggio che punta a rarefare l’immagine. Un film per distruggere la lontananza e recuperare lo spazio che abbiamo lasciato dentro di noi.
mkesling63
/ gennaio 11, 2013The walls judgement is correct. Stripping our heritages down to nothing but government failure and control, is one of the biggest crimes against humanity.